Sono entrato riconoscente nella mia settantottesima primavera e, ammesso che si possa veramente “spiegare” come diventare filosoficamente Cattolico, cerco anch’io di dire rapidamente (malgrado le dimensioni di un blog), qual è stato il mio percorso spirituale, teorico e culturale in quanto Cristocentrico. Ho dovuto lavorare dal 1959, a quasi quindici anni come apprendista operaio a Milano, per “finire” nel 2017 come piccolo imprenditore, sempre molto fiero a Bruxelles.

La nostra è l’era nella quale ci si diletta spesso con la propria autobiografia, fatalmente scervellata, a meno di trent’anni. “Diplomato perito metalmeccanico” con sei anni alla scuola serale, mentre lavoravo come apprendista elettromeccanico in una fabbrica di manutenzione di tram, sono giunto – se così si può dire – al cuore della filosofia e della teologia cristiana!
Sono nato vicino al mare Adriatico, all’altezza di Roma, nel 1944 a Lanciano: città del “Primo miracolo eucaristico” della storia, già nel 700. Mia madre e mia zia mi portavano con loro spesso, dai sinque ai miei otto anni, alla visita di preghiera in pieno centro città (di fronte alla basilica), davanti al calice contenente la vera “carne cardiaca” del prodigio. Seguìto da molti altri miracoli nel mondo e nei secoli. Ero naturalmente molto impressionato di vedere da vicino il “cuore di Dio”…
Con questo tipo di formazione popolare e contemporaneamente anche di natura “sociologista”, ero cattolico. La mia famiglia di nascita mi ha portato come emigrante nel 1952 in “Alta Italia”, come si diceva allora nel Sud. Si era in piena emigrazione verso il nord per il lavoro, in quanto “terroni”, senza saperlo in partenza. Era normale all’epoca… Le famiglie non si potevano permettere, generalmente, gli studi superiori dei figli… “Si potranno fare alla scuola serale“, si diceva, come altri 70.000 che a Milano raddoppiavano il lavoro quotidiano, molto naturalmente con l’insegnamento di sera. Là sono entrato in Giovani Lavoratori (GL), un movimento di Gioventù Studentesca (GS) fondata anche da don Giussani, il più grande religioso e educatore al mondo! Era per me il 1962.

La lacuna della cultura filosofica inadeguata al “dialettismo” distorto del politicismo sessantottesco. Comunque sacramentale e cristocentrico per la salvezza eternamente immediata.
La mia vita era nuovamente rinata, come per varie migliaia di giovani all’epoca. Così, ero diventato comunista in fabbrica e, quasi indifferentemente, molto cattolico in GL, al “Raggio”, la comunità di base del Movimento. Tutta la nostra vita ecclesiale era centralizzata: con due Messe di Movimento almeno settimanalmente, una scuola di metodo la domenica mattina tenuta carismaticamente dallo stesso “don Gius”, con gli esercizi spirituali e le vacanze in comunità, le attività caritative comuni… La mia vita politica in fabbrica e quella religiosa, soprattutto nei gruppi articolati del Movimento molto cristiano, erano intense. In più, ovviamente, la scuola serale, dove c’era ugualmente una comunità locale, di “ambiente” specifica. La vita con il Logos era così cominciata ancor più integrale ed esistenziale che quella della fabbrica (300 operai). La contraddizione tra le due dimensioni politiche (sinistra/destra) portava direttamente (almeno per me) alla filosofia, o comunque all’inizio, all’ideologia soggettiva e alquanto massificata. Ma, nel Movimento ecclesiale, non c’era nessuna scuola di filosofia: l’unica esistente era quella generale della Comunità con le catechesi e gli scambi di “esperienza” ogni settimana (indipendentemente dalla loro ontologicità)…
La grandissima cultura filosofica di don Giussani, veramente sterminata, non faceva altro che da “background” alla cultura della vita relazionale – nella misura in cui essa era percepita realmente – nell’esistenza della sua continuità veramente naturalistica, molto piena di preghiera e di vita associativa. Tutta questa prima fase pre-sessantottina (ma, con minore gravità rispetto a quella della rifondazione in Comunione e Liberazione, in seguito) era centrata su una densità di catechesi totalmente assorbente, inclusiva e dominante. La Verità era, naturalmente, frutto della Fede e non della cultura gnostica. Ma allora quella della filosofia cattolica?
L’avvento del “movimento 68” in Europa era molto poco americano (rock and roll, droga e libertinismo). Dominato nel Vecchio Continente dal politicismo antiautoritario, fondamentalmente “de sinistra” e generale. La cosa aveva messo in evidenza tragica la gigantesca lacuna di cultura filosofica, tra i due pensieri storici fondamentali e correnti: il Cattolicesimo e il marxismo.

La mia Fede cattolica anche nella filosofia cristiana mi ha fatto percorrere tutte le tappe dell’esperienza religiosa e intellettuale degli errori contemporanei, fino all’ateismo marxiano!
Residente come emigrato in Lombardia e a Milano, frequentavo i miei lunghi anni di scuola serale mentre ero diventato operaio e poi tecnico d’impresa. Dove ero pervenuto anche a essere il più giovane comunista della fabbrica. E dove, per tutto l’inverno 1962-63, per esempio, entravamo in sciopero ogni pomeriggio spostandoci in tram al Castello Sforzesco, in centro della già metropoli milanese, per manifestare in unità di altre imprese: con in tasca le pagine sinistrose dell’Unità e nella bocca le parole d’ordine del partito comunista “dei lavoratori”… Tre anni più tardi, nel 1965, sono andato al servizio militare, mentre don Giussani veniva spedito negli Stati Uniti per separarlo dal suo Movimento, da parte della sua diocesi all’epoca invidiosa e maldicente rispetto al relativo successo (compresa la composizione sessuale mista de  i suoi fedeli… In modo molto autoritario e obsoleto, decisamente, da parte del suo arcivescovo. Sono così partito come radiofonista a un reggimento di frontiera. A Cividale del Friuli, confinante con la Slovenia (allora appartenente al blocco comunista). Contradizione per me supplementare, questa, preannunciante vagamente e comunque un possibile crollo del totalitarismo di sinistra, su scala mondiale, percepito intuitivamente anche tra i soldati.
Poi giunto per confessione spontanea nel 1989. È così che nell’anno e quasi mezzo di solitudine molto attiva nel servizio armato, ma totalmente pacifico (avevo anche interrotto la mia scuola serale, naturalmente), mi son messo così a leggere da autodidatta i grandi autori della letteratura mondiale. In particolare, Kierkegaard nel suo “Aut-Aut” e, se non mi sbaglio nel titolo, “Diario di un seduttore”, come suo romanzo esistenziale di educazione sentimentale. Soprattutto in tal modo, mi sono avvicinato seriamente alla polemica radicalissima dell’autore danese, molto arrischiata particolarmente per la sua epoca, relativa al cosiddetto genio filosofico tedesco di Hegel, contro il suo “supremo” pensiero. Di cui il centro di detto pensiero “totalizzante” – la dialettica (tesi, antitesi e sintesi) – al quale egli giungeva a definire, con certezza ingegnosa, per l’appunto metodologica e dialettica, ma fatalmente arrogante sulla Verità. Non meno che tutta la Totalità che un semplice filosofo cristiano, lo sconosciuto Kierkegaard, riduceva a una sorta di ciarlataneria molto colta!
La cosa mi aveva particolarmente colpito in quanto sapevo che il reputato più grande filosofo sistematico del 19°, aveva generato sia la sinistra idealista (Marx, Engels, Feuerbach, Stirner…), che la destra storica e liberale. Il “piccolo” danese aveva ridotto, con fondamento, la “grande filosofia” di Hegel a quella di un affabulatore ideologico alla fin fine quasi incolto… Tutto il pensiero hegeliano che si poteva già definire globalmente modernista era descritto da Kierkegaard (che pronunciavo con la “a” piuttosto che co la “ö”…) non era che il risultato di una geniale elucubrazione intellettualistica, profondamente e volontaristicamente, perdipiù riduzionista. E infondata, nonché inesistente o assolutamente razionalistica (non razionale!). Con una “sintesi”, in sovrappiù, illusoria e finalmente immanentistica… Premessa questa del suo totale e imminente fallimento, riconosciuto e infine giunto, in realtà,  un secolo più tardi. Col fiasco che ci è pervenuto appena prima di quello parziale dei liberali di destra, e di quello comunista nella capitale del Paese, a Berlino. Di provenienza dottrinale pertinente derivata dalla “Fenomenologia dello Spirito” dello stesso Hegel, opera originaria, principale e difficile di tutta referenza suprema, ancora oggi molto celebrata.
Dunque exit dal mio piccolo e molto immaginario mondo ideologico, Marx , l’illustre seguace del “doppio rovesciamento marxiano”. E ancora più tardi, exit anche la sedicente “democrazia” (se non per difetto rispetto a tutt’altra dottrina), in supplemento sempre più attualmente  falsificata.
E barcollante. Di cui Hegel, essendo il suo idealismo immanente talmente pretenzioso da apparire anche vero, potrebbe essere anche reputato l’iniziatore principale diretto.

La tappa è stata per me quella del “ritorno esclusivo alla Chiesa cattolica”. Nell’epoca però della sua Apostasia modernista e al più basso livello de suo prestigio (nell’insuccesso storico)…
Non si può dire che la mia riconversione al cattolicesimo globale, Re dell’Universo e della Salvezza, sia imbevuta da alcuna traccia di successo sociale. Verso la fine del secolo scorso degli orrori, tutto portava a credere al più completo immanentismo ideologico e idealistico. Ben hegeliano, contrariamente al suo autore che presumeva aver tutto spiegato, anche per gli avvenimenti a lui naturalmente sconosciuti. Come le molto successive due guerre mondiali e genocidarie, l’olocausto massimamente vergognoso, il sessantotto sterminatore globale della figura del Padre (quindi di Dio), il mondialismo folle… Non è quindi per nulla riconfortante, nella nostra epoca, dichiararsi cattolici. Soprattutto se ci si reclama senza alcun aggettivo qualificativo anti-eretico. E molto critici verso l’inaccettabile modernismo, auto-scismatico e a intermittenza stretta del Pontificato di Papa Francesco. Al quale si è purtroppo obbligati di continuare a imputare l’eresia di adesione alla vecchia linea totalitaria del NOM (Nuovo Ordine Mondiale). Anche se attualmente, di questo titanico movimento mondialista e abominevole soprattutto dell’EU, ci siano vari e pieni elementi di contradizione (e denominati pure parzialmente tra loro alternativi). Questo progetto di fondo è sempre però sostanzialmente intatto in rapporto a quello di Kissinger, riproposto negli anni ’70 (e anche precedentemente, di una dozzina d’anni, dallo scervellato Club di Roma…).
Il grande genio cattolico, negletto e comtemporaneo, è invece incarnato dal Dicastero della DSC (Dottrina Sociale della Chiesa) con sede a Trieste. E sotto l’emerita autorità dell’arcivescovo Crepaldi coadiuvato dal suo grande direttore, anche lui cattolico rigorosissimo, Stefano Fontana.
Qual è la loro linea teologica costituente, purtroppo, l’unica o quasi alternativa a quella dell’Apostasia ufficiale dell’attuale bergoglismo, scaturito dall’eretica concezione irreligiosa sangallese. Quella sintetizzata dal prolifico “teologo” gesuita, Karl Rahner, ormai acquisita dalla grande maggioranza della Chiesa? Il nodo cruciale e centrale è stato denunciato da questo provvidenziale Dicastero ancora miracolosamente integro da molti anni, forse per il suo scarsissimo seguito (nessuna diocesi ha raccomandato, per esempio, il corso di dottrina sociale recentemente da esso organizzato).
E riassumibile nella sua dottrina pubblica tradizionale e classica molto sostenuta da tutto il suo Osservatorio Van Thuân, con tutti i suoi documenti e libri. “È impossibile – sostiene questa sua tesi fondamentale – che anche la Chiesa cattolica possa sfuggire all’eterodossia di Apostasia e di auto-scissione interna, se non abbandona l’utilizzo della filosofia gnostica, atea e immanentista (in fondo nichilista, va da sé). Prodotta escusivamente dall’uomo di pensiero supremo e autonomo, dopo aver rinnegato di fatto tutta la Scolastica si san Tommaso d’Aquino, nell’ultimo mezzo millennio.
È semplicemente impossibile che la Chiesa eternamente Romana possa continuare a essere cristiana e universale, nella Tradizione, utilizzando nella sua Teologia, una filosofia tutta esclusivamente “umana”, fattualmente e fatalmente “orizzontale” e non trascendente. Vale a dire razionalista e assolutamente non razionale nella sua intrinseca verticalità religiosa. Quindi non falsa!

Ero cosciente di appartenere creaturalmente alla Famiglia cattolica: nel tempo del nichilismo e della peggior emarginazione del Dio Trinitario. Ma sempre come Signore dell’esistenza umana.
Gli atti di compimento della mia vita volontaria si sono particolarmente datati fattualmente (e sempre provvisoriamente) con il matrimonio cattolico del mio primo figlio, Didier, e della ripresa della mia piccola impresa multilingue e glocalizzata su quattro continenti (in quanto anche franchisor) da parte di mia figlia Odile. Con la sua sede centrale operativa a Bruxelles.
Il progetto del NOM, da parte sua, era già previsibile che sarebbe stato sempre più discriminatorio fino alla tanto prossima violenza assassina più esplicita. Com’è il caso, del resto, in molte regioni del mondo e com’è stato nel corso della storia contro il sempre ricorrente Cristianesimo, quasi sempre cattolico. In particolare, dove le fazioni indotte o avallate dal potere politico oligarchico fatalmente gnostiche e sempre più laiciste, contro i ranghi spirituali in opposizione e a difesa. Quelli cioè relativi alla Salvezza trascendente, nelle mani dell’inviolabile libertà pubblica e personale, totalmente calpestata. Si potrebbe per esempio domandarsi da dove venisse la determinazione di Kierkegaard a mettersi contro tutta la nuova cultura del suo tempo, non solamente filosofica. Al fine di mostrare le conclusioni e le argomentazioni “dimostrative” di un personaggio filosofico massimo e intoccabile come Hegel alla sua epoca di somma stima… Per affermare soprattutto la semplice contraria Verità.
Nell’olimpo del pensiero filosofico, da parte di un semplice pensatore protestante, in sovrappiù di un Paese, la Danimarca, molto lontano malgrado confinante, dalla tradizione “prestigiosa” e ricchissima della nazione famosissima per la sua produzione indiscussa “ideologia detta tedesca”…
È indeniabile, in questo caso, l’esempio dell'”Imitazione di Cristo”, morto e risuscitato innocente, solo e abbandonato sulla croce, anche dagli stessi suoi Apostoli e quasi da tutti, per difendere la volontà apparentemente impenetrabile del Dio Trinitario!

Il “cattolicheggiare” luterano danese come quello altrettanto protestante anglicano.
Quando, una decina di anni dopo il mio primo approccio a Kierkegaard, ho potuto leggere gli scritti sublimi di don Cornelio Fabro, il più grande suo studioso non solo italiano, ho ulteriormente approfondito e capito il  pensiero “cattolicheggiante” (l’aveva così espresso l’immenso Fabro a proposito della narrazione teologica dell’autore poco luterano danese), mai convertito al Cattolicesimo, tanto però amato e ammirato. La cosa mi ha poi ricordato lo stesso percorso di un altro grandissimo protestante, Newman, anglicano però e perdipiù leader dell’anglicanismo britannico al Centro Oratoriano di Oxford. Poi convertito totalmente al Cattolicesimo. Anch’egli, in tutti i suoi scritti, era in un’attitudine già “cattolica” prima di raggiungere Roma e Firenze. Dove i prelati italiani, molto gretti e più di un secolo prima che l’ex-anglicano venisse anche canonizzato (!), lo misero in ginocchio a lavare i pavimenti di Santa Croce. Ebbene, che se lo dicano i nichilisti e i sedicenti riformisti della “Nuova Chiesa” eretica, anche dell’immanentismo del tedesco completamente eterodosso, gesuita Rahner che nemmeno celebrava più Messa, per vivere “more uxorio” con la amante. Di questo prelato, anche osannato durante il Vaticno II (ricevuto e ringraziato in pompa magna dallo stesso beato Papa Paolo VI), Papa Francesco è sempre stato fedele seguace. Fin da cardinale a Buenos Aires, ove si è anche fatto fotografare in ginocchio (!) davanti a due pastori luterani mentre si faceva da loro benedire… Allo scopo di proseguire il sinistro progetto antico di secoli virtuali NOM, dittatoriale e anticristiano per essenza, dovranno applicare anche l’ultima violenza assassina dello spietato Diocleziano.
Quando le cose si fanno serie, i veri uomini prendono la parola, meglio il Logos, come descritto nel Vangelo di san Giovanni. Lo si sa, i veri Cristiani non cercano il Martirio, ma non fuggono come gli attuali tremebondi papisti e falsi spiritualisti (anche di destra); oppure politicisti e detti “progressisti” alla ricerca del plauso mondano e mondiale, tutti alquanto ambiguamente trans-umanisti, come al solito di sinistra. È quindi totalmente equivalente che si ritirino nelle catacombe dell’anonimato, oppure che negozino tutti, pubblicamente e/o intimamente, i principi definiti solennemente, pure con valenza dogmatica, “non negoziabili”!

Kierkegaard nel 19° e Heidegger nel 20°. E in questo terzo millennio?
La linea da seguire da parte dei Cristiani Romani e petrini è ben marcata e semplice, anche per una parte importante degli ecclesiastici (sempre che Dio Trinitario, l’unico vero lo voglia)! E se la Chiesa eterna, indipendentemente dai suoi uomini fallibili che invece si potranno convertire – sempre per opera della Grazia – e naturalmente pentirsi rapidamente della loro attuale Apostasia.
Non bisogna cioè spostar di nemmeno di un millimetro dalla fedeltà totale al senso di appartenenza al Mistero (sempre oggetto di umile ricerca veritativa!). E della linea teologica nella Tradizione. Dove gli uomini della creaturalità, anche da parte di certi tra i più grandi filosofi cattolici (o ad essi vicini), si siano già ben ampiamente dichiarati. Per non parlare qui, dei molto numerosi prelati, che continuano a pronunciarsi coraggiosamente contro l’eresia interna all’attuale Chiesa cattolica…
Dunque, per il secolo detto “stupido” del diciannovesimo, si ha come esempio Kierkegaard (molto religioso malgrado sia rimasto protestante) e umile, che coltiva fino all’estremità della filosofia moderna il suo insopprimibile anelito… Ma sarebbero sufficienti ampiamente già i Papi Pio IX, col suo intelligentissimo e rigoroso Sillabus; oppure il grandissimo Leone XIII, con la sua enciclica veramente innovativa e molto santa sulla DSC (Dottrina Sociale della Chiesa), Rerum Novarum del 1891, seguitissima dagli altri Papi del secolo seguente (eccetto il Pontificato di Papa Francesco).
Per il ventesimo secolo, invece, si dispone (se così si può dire) del grande filosofo Heidegger. Il quale, almeno, aveva riposizionato l’Essere, sostanzialmente dimenticato non solo nella filosofia da tutti i suoi colleghi detti moderni ma realmente gnostici. E al centro del pensiero universale (fino allo stesso sordido e infame pensiero unico). Il grande filosofo, anche lui razionalista tedesco, sulle bocche di tutti, rimasto come laico per antonomasia, vale a dire catto-protestante: cattolico per nascita e restato tale, mai coscientemente spergiuro come abitualmente tra i nordici – e piuttosto protestante (come quasi tutti i filosofi, ribelli per definizione) per matrimonio con una luterana… Oltre che per filosofia massimamente seduttrice e auto-seduttrice! Egli aveva scelto, già molto vecchio, una intervista ad un quotidiano tedesco, allo scopo di significare pubblicamente il Mistero della sua vita. “Solamente un dio potrà aiutarci“, aveva dichiarato in modo sibillino. La cosa aveva scandalizzato filosoficamente, e continua a farlo, tutte le generazioni di pensatori sia narcisisti, gnostici e atei,  incondizionali del suo “genio” e della modernità contemporanea. Tanto razionalista quanto ancora globalmente alquanto positivista…
Relativamente alla sua appartenenza sempre al partito nazista, solo gli innumerevoli partigiani ideologici politicisti insistono ancora a sottolinearlo spregiativamente. In quanto questa scelta controversa era filosoficamente molto motivata. Ne riparlerò in un’altra occasione, a proposito dell’ideologia americana… E per il nostro secolo chi interpellare? Preghiamo.    

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