Il partito cristiano unico e identitario, oggi tanto indispensabile, non è in alternativa né alla comunità ecclesiale carismatica di ognuno, né alla globale Chiesa cattolica. Si appartiene sempre, totalmente e prioritariamente, all’Ecclesia universale e si agisce politicamente nella società e nella storia col proprio partito referenziale. Mentre il movimento educativo, di formazione permanente (spesso restato giovanile), è sistematicamente transeunte. A volte anche non veramentee sempre indispensabile!

Mai confondere il partito d’ispirazione cattolica con la Chiesa di Roma cui tutto è subordinato, compreso il suo dicastero della Dottrina Sociale: è Cristo il Re dell’Universo!
Il sacramento del Battesimo prevede solo e unicamente – va da sé – la fondamentale entrata nella Chiesa. Non in un movimento ecclesiale specifico e, naturalmente, non in un partito politico, anche se di vera“ispirazione cristiana”. L’autonomia massimaente regale della Chiesa aveva naturalmente tolto, all’inizio degli anni ’90, ogni endorsement ai partiti detti ancora cristiani europei ma che erano diventati, da decenni, progressivamente laicisti e a volte anche anticattolici. Così la Chiesa era passata da sostegno ai partiti denominati ancora cristiani e “confessionali” alla sedicente libertà assoluta per i fedeli nel votare qualsiasi partito politico, nel più assoluto relativismo anche parlamentare e borghese. Come se ci si era dimenticati della direttiva esplicita della Dottrina Sociale della Chiesa per cui, in mancanza di poter votare per un partito di autentica ispirazione cristiana, un cattolico non debba nemmeno andare a votare. E, a priori, candidarsi per farsi eleggere in uno di siffatti partiti.
In sovrappiù, le modalità e le conseguenze esistenziali che queste tre scelte fondamentali in questione (Chiesa, Comunità e Partito) implicano, non sono solo profondamente diverse e tra loro mai alternative, ma radicalmente gerarchizzate e significative di comportamenti e legami ben differenziati, secondo i loro contesti. Così, ciò che è esigito nella partecipazione alla santità della Chiesa non può essere preteso, nemmeno lontanamente, nella militanza anche più inflessibile nel partito laico, seppur d’ispirazione cattolica. Ma di adesione molto generalizzata! Compresa naturalmente quella nella comunità del proprio movimento ecclesiale scelto per particolare carisma, diciamo, di gusto e di ragione.
Perché allora mi soffermo su tutte queste ovvie distinzioni? A causa del fatto che la tendenza all’individualismo particolarista del nostro tempo fa sì che pure tra i cattolici queste differenze non siano più né evidenti né rispettate. La cosa è in sovrappiù alla base della divisione, delle innumerevoli divisioni pure fittizie, dei cattolici europei rispetto alle loro concezioni politiche diventate molto soggettive. In tal modo, il tutto succede come sul piano dottrinale e teologico: il relativismo maggioritario nella Chiesa oggi si ripercuote, va da sé, anche sul piano politico e sociale.
A fronte di questo gigantesco handicap, moltissimi cattolici reclamano giustamente in Europa, anche se solo ora e in grave ritardo, l’unità del loro partito soprattutto sul piano partitico, rivendicandone uno unitario e di grande riferimento. E ovviamente molto efficace sul piano operativo.
La specchiata lealtà, l’autenticità relazionale e la perfetta ricerca continua oltre che rivelata della Verità escatologica, non possono però essere richieste o imposte a priori e ovviamente nel partito.  Sebbene questo sia  di rigorosa ispirazione cristiana. Come è invece di norma – o dovrebbe esserlo – anche spontanea nella comunità ecclesiale o in tutta la Chiesa cattolica.
La cultura che ha come presupposto la ricerca costante di tutte le distinzioni e differenze, non è in questi casi un fatto tranquillamente acquisito dai cristiani europei, anche se si tratta dei più colti e più attivi.
La pertinenza di questa argomentazione è giustificata anche da tutte le motivazioni, moralistiche e perfettamente impertinenti, proposte esplicitamente da parecchi cattolici che hanno dato le dimissioni, senza alcuna ragione valida, dal partito italiano molto rigoroso dottrinalmente – dal Popolo della Famiglia. Confondendo banalmente, malgrado – diciamo – la loro “grande” cultura, le tre dimensioni qui presentate.

Grave distorsione è la tendenza all’assolutizzazione del proprio movimento religioso rispetto alla Chiesa e al prioritario partito politico come strumento principale della Carità cristiana
La relativa incapacità culturale nella distinzione precisa di queste radicali differenze porta ovviamente anche al settarismo. Così la ragione di fondo di codesta impossibilità all’unità giunge fino ad aderire generalmente alla diaspora sempre tragicamente subordinata nel voto cattolico. Nella dispersione ormai più che evidente della sua totale inefficacia, è costituita dal permanere pervicace dell’idea sempre irrealista di poter veramente influenzare cristianamente i partiti borghesi avaloriali. Sostenendoli più o meno parzialmente, ma comunque sostenendoli (e che però non bisogna mettere tutti nello stesso sacco)!
Parallelamente, siffatti cristiani cadono in una fatale sopravvalutazione dell’importanza della cultura cristiana diventata molto assente da almeno un paio di generazioni. E che il rifiuto ormai storico di Dio ha prodotto nelle nostre società – ora pure completamente stataliste – soprattutto a causa dell’illuminismo razionalista e non razionale. Il quale ha invece compiuto e ridotto arbitrariamente alla sua secolarizzazione quasi tutta la realtà. La razionalità, invece, contiene sempre la dimensione sia fattuale che divina della vita. Dopo millenni di cultura religiosa e cristiana, il fatto di permanere ora divisi non fa altro che prolungare la sconfitta che il laicismo infligge alla Chiesa e alle popolazioni oltre che alla semplice eterna Verità.
Si deve in ogni caso registrare il falso privilegiare della cosiddetta strategia del “rafforzamento culturale infinito” e, fatalmente, mai pago di se stesso. Con il moltiplicarsi così – naturalmente però sempre utile – delle diverse associazioni culturali, anche molto validamente battagliere. Il tutto a scapito dell’urgenza irrimandabile della (ri)fondazione del partito identitario dei cattolici!
La preoccupazione così abitualmente avanzata di continuo è quella tipica ecclesiale della denuncia culturale sempre giusta e utile ma rilevata sistematicamente insufficiente nella società detta moderna (in realtà modernista!) resa illusoriamente autofondante senza Dio. E questo dopo più di tre millenni giudeo-cristiani trasformati fino a tutto il Rinascimento e oltre anche nella più grande civiltà del pianeta.
È del resto su questo presupposto che si deve riconoscere che si sta sviluppando nel mondo il ben denominato movimento globale “Opzione Benedetto”. Il proliferare cioè di piccole comunità cristiane, spesso intorno a monasteri che riprendono l’incalcolabile ricchezza cristocentrica del grande movimento monacale, che ha già trasformato indiscutibilmente la vita pubblica in civiltà occidentale. In questo movimento internazionale, la funzione del partito d’ispirazione cristiana ha un tutt’altro ruolo: paradossalmente, esso mette in evidenza la sua priorità ben che la sua importanza non può che dipendere dai destini globali della Chiesa.

Sebbene il movimento ecclesiale risulti decisivo per la cultura religiosa nell’architettura esistenziale del singolo laico, rimane pur sempre propedeutico al generale approdo alla Chiesa
Siffatta sovrastima della cultura potrebbe in sé anche essere giustificata se non fosse concepita spesso come contrapposta – oltre a cercare di far fronte alla marginalizzazione disastrosa in politica da parte dei cattolici – ad una altrettanto, e ancor più, sottovalutazione della funzione culturale propria del partito e delle sue prerogative. Per esempio, il partito italiano Popolo della Famiglia dispone da anni di un più che eccellente e dottrinalmente rigoroso quotidiano on line. E della sua intrinseca rilevanza televisiva (oltre che per gli altri media, anche futura!) propria anche dell’attuale spettacolarizzazione delle attività politiche in politicistiche. Per non parlare della sua funzione sia positivamente propagandistica che strettamente politica nelle diverse istituzioni direttamente coinvolte con i parlamenti e la sua democrazia rappresentativa. Non ritengo qui insistere sulla funzione tipicamente culturale delle attività legislative – sia attive che criticamente passive – proprie del dibattito parlamentare e pubblico.
I movimenti ecclesiali e precipuamente culturali cattolici, invece, sono quasi principalmente funzionali alla militanza nella Chiesa e nel suo Mistero. Se poi si pensa alle divergenze, anche radicali, tra l’ecclesiologia oggi molto fondatamente critica e quella vaticana del clero di vertice scelto artatamente dal dottrinariamente intermittente Papa Francesco, si è costretti a molto relativizzare.
Una tendenza questa che è tipicamente rimasta nostalgicamente iniziale, propria dei molti cattolici ora anziani, formatisi nell’ultimo mezzo secolo e più. All’interno della grande tradizione magisteriale della Chiesa. E dei suoi movimenti ecclesiali, ora molto contrastati dall’imperante “teologia” rahneriana, piuttosto anonima nel suo incedere anche spesso nascosto (nel senso del fenomeno della desertificazione delle chiese dette massificate). Sebbene essa sia parecchio efficace nella sua popolare diabolicità massificata, questa tendenza è quella di rimanere pure fatalmente ancorati, anche innaturalmente, data l’implacabile étà anagrafica di siffatti cristiani eternamente alquanto adolescenti, pure se coltissimi e con gran fede. Rimasti legati, in modo anche molto raffinato, ai rispettivi movimenti ecclesiali giovanili e carismatici con forme associative pregresse e da decenni per loro sempre più vitalmente inadeguate. Così, alla testa dell’attuale movimento di diaspora politica europeo dei cristiani, questi cattolici rifiutano (tanto superficialmente almeno quanto narcisisticamente e spocchiosamente) l’adesione al partito italiano PdF.
Come pure alla fondazione di partiti nazionali veramente cristiani nei vari Paesi europei. Si attribuisce così una assurda priorità ad una nebulosa di critiche fondamentalmente arbitrarie e personalistiche. A volte queste critiche non sono nemmeno evangelicamente validate, rispetto alla serietà delle sfide prioritarie che la storia pone oggi all’umanità e al mondo della cattolicità.

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