Il modernismo pontificale di Papa Francesco è incapace, per definizione, di illuminare il cammino della Chiesa. Anche l’astuzia linguistica di Jullian Carron, il presidente della Fraternità Comunione e Liberazione, non giunge a sostenere il contrario!

Siccome ho appena ripreso il mio blog, dopo due mesi (durante i quali mi son imprigionato à scrivere una piccola novella abbastanza corta ma che è diventata un vero e proprio romanzo di più di 45.000 parole), rischiavo di non accorgermi di aver già scritto l’ultimo dei miei tre post che volevo pubblicare qui, ormai in urgenza. Si tratta di almeno una parte dell’ultimo capitolo della mia narrazione che tra poco dovrò tradurre – come abitualmente – in italiano. Ve ne consegno un estratto evitando di affrettarmi ulteriormente senza vera utilità, in quanto, peraltro, non sono soprattutto uno scrittore di carriera ma un piccolo imprenditore.

« Tutta la questione […] potrebbe essere racchiusa in un’astuta frase – se si può dire – di monsignor Carron, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione:

Se noi non pensiamo che Francesco sia la terapia è che
non comprendiamo la malattia
”.

L’astuzia di questo sostegno al pontefice non è solo d’obbligo. Esso consiste nell’attribuzione, a priori scontata, del fatto che il Papa non può assolutamente essere, va da sé, la malattia ma solamente, nel qual caso, la terapia! Quale cattolico o uomo di buona volontà potrebbe di primo acchito concepire un Papa come malattia del mondo o della Chiesa?
E tuttavia la questione centrale non è là.
Essa consiste piuttosto, come sempre, nella Salvezza dell’uomo, di cui Cristo, con l’incontro vitale con la Sua Persona, è la soluzione!
La Chiesa e il Papa sono solo gli strumenti nella continuità di cui la Trinità, misteriosamente, dispone (ma non solamente) per compiere la Salvezza del mondo.
Il problema, peraltro eterno, è come la Chiesa, dunque il Papa, incarna la loro coincidenza col Corpo Mistico del Cristo vivente. Nell’azione petrina, in ogni caso umana, esso può corrispondere o no (!) al Piano di Dio Trinitario.
Il quale veglia affinché tutto il Magistero evangelico della Chiesa nella storia possa in fine imporsi a dispetto di ogni peccato ed eresia fatalmente passeggeri perché misericordiosamente perdonati. Dio, in effetti con il sacrificio sulla Croce e la sua Risurrezione, ha già vinto contro Satana e la sua mondanità sempre perversa nel peccato.
La grande controversia, oggi all’interno della Chiesa, ha riportato in primo piano il problema del come superare il modernismo che scaturisce ed è alimentato anche dall’interno del clero clericale stesso.
Qual è il metodo pratico seguito per l’attivazione della sedicente rivoluzione modernista bergogliana detta della Nuova Chiesa? Molto semplicemente è la deriva, ormai diventata molto classica. Nessun supporto di teologia, nemmeno morale, è soggettivamente applicato o auto- richiesto. Unicamente viene utilizzato una supposta indispensabilità di adeguazione della dottrina del Catechismo cattolico ai costumi del mondo. Certo, con argomentazioni pseudo filosofiche e psicologiche. Soprattutto per difetto, secondo i giudizi suggeriti dalle circostanze, le condizioni sociali, culturali, economiche. Ma non – come di dovrebbe – di tipo teologico o ecclesiologico fondate secondo la Tradizione.
Già Papa Pio IX aveva trattato, portato alla condanna e alla disfatta questa ideologia eretica, quasi due secoli fa. Essa rovescia totalmente la cristocentricità eterna, sostituendola con un sedicente indispensaible adattamento del cristianesimo. E conforme, fatalmente, alle mentalità del mondo: la detta ideologia modernista, con la scusa dell’eterna modernità…
La tendenza al male, il conformismo cioè col mondo, è sempre così di attualità. Anche il casuismo, l’identica eresia del modernismo, ma di attualità due secoli prima (privata ancora di molta modernità tecno-scientifica), ritorna al galoppo nella nostra epoca dominata, quasi totalmente dalla scienza e dalla tecnologia: in sovrappiù interpretata abusivamente contro Dio.
Così c’è sempre la legge del mondo che si vuole in prevalenza su quella della Trinità, lo statalismo.
Codesto malore immenso è stato attualmente aggravato da una sotto-cultura sud-americana portata da questo pontificato di Papa Francesco. Questa, oltre al fatto di essere globalmente semplicista e autolegittimata con un antico difetto di interpretazione dell’evangelica povertà dello spirito in pauperismo economico, si è caricata di una intrepida missione rivoluzionaria di tutta l’identità del cattolicesimo e della Chiesa. Gli ultimi ritornelli ne sono l’immigrazione (economica e inevitabilmente parassitaria, naturalmente non richiesta, come invece sempre era stata fino agli anni 50).
E, in secondo luogo, la sedicente giustizia sociale. I vescovi dell’Africa nera, del Maghreb, e del Medio Oriente non fanno che domandare il ritorno e la non partenza di tutte queste forze giovani indispensabili allo sviluppo locale già peraltro in corso.
La Nuova Chiesa, che gli autolaicisti catto-protestanti sognavano, più o meno in segreto e localmente da ben più che mezzo secolo, può essere così riassunta pure nell’ideologia di queste due rivendicazioni totalmente dissennate.

La congiunzione tra il terzomondismo e il postmodernismo più dissipato e nichilista ha potuto realizzarsi via il pensiero debole e liquido del mondo che riduce la capacità, molto semplicemente, di pensare e meditare da parte dei Paesi economicamente più avanzati.
I tre Papi postconciliari, il beato Paolo VI, san Paolo Giovanni Paolo II e l’Emerito Benedetto XVI, hanno fatto di tutto per combattere e frenare queste due tendenze diaboliche di congiungersi. Malgrado il loro rigore eccezionale, giudicato anacronistico dal potere e all’interno della stessa Chiesa, la catastrofe non ha potuto essere evitata sotto questo pontificato.
L’arrivo a Roma del cardinale argentino era già molto imbevuto delle peggiori ideologie tardo-marxiane e dei residui basilari della teologia detta della liberazione ultracondannata da più di una quarantina d’anni. E, soprattutto, esso era sbandierato con un disprezzo per la grande cultura occidentale, cattolica e non borghese, che ha fatto la storia della civiltà e della Tradizione cristiana, malgrado la sua totale e scellerata crisi colpevole. Così essa sta facendo sconvolgere e ribaltare in un modernismo militante su tutti i soggetti che la modernità teologica aveva cercato di assicurare almeno per una cinquantina di anni postconciliari.
Vediamo cos ha scritto a questo proposito il cardinal Sarah, nel suo libro Dio o niente (2015) :

« A causa della diversità di opinioni su questioni gravi, della perdita di valori e del disorientamento degli spiriti provocati dal relativismo,
noi commetteremmo un grave peccato contro l’unità del Corpo di Cristo e
della dottrina della Chiesa dando alle conferenze episcopali una autorità o una
capacità di decisione su questioni dottrinali, disciplinari, morali
 ».

Il sostegno clericale al Papa e alla sua «terapia » da parte di Carron, con acrobazie delle sue frasi « astute », sono annullati dalla profetica chiarezza sull’orribile e ben conosciuto  episcopalismo cattoprotestante e relativista, denunciato – anche se prudentemente – dal cardinal Sarah.
Non ci si sbalordirà dunque dell’umiliazione pubblica bergogliana ricevuta indebitamente come vittima da questo grandissimo e rigoroso cardinale. Solo due anni, saranno trascorsi dopo queste dichiarazioni. Il pastoralismo bergogliano, totalmente eterodosso di tipo luterano (spostando il potere verso il « congregazionismo » tipicamente protestante nella Chiesa cattolica), ha colpito ancora.. Meno male che non si tratta assolutamente di catechesi solenni ex cathedra, dunque di quelle che non obbligano i buoni fedeli all’obbedienza!
Papa Francesco, ha quasi terminato di scartare tutti i prelati responsabili di dicasteri in opposizione alla sua linea neocasuistica, o che non si siano allineati alla sua sistematica eterodossia intermittente, quindi ancor più pericolosa.
Ormai, si direbbe, non c’è più un principio o argomentazione – ma con lui non si può mai sapere – che non siano stati trattati anche con i suoi zoccoloni tagliati nel legno terzomondista, abbastanza estraneo ad ogni rigoroso cattolicesimo. La devastazione non era stata mai così grave. O quasi, per il Deposito della Fede.
I veri cristiani, ricolmi di Grazia e abituati a Papi di cui non ci si poteva che vantare apertamente, hanno assunto da molto un profilo basso, per l’estremo imbarazzo. À causa delle soventi sciocchezze pseudo-petrine, quasi settimanali e ben ambigue nel loro carattere poco o per nulla difendibili oppure totalmente indifendibili. In rapporto, naturalmente alla sequela del Cristo e del Suo Vangelo.
E questo, durante che parecchi prelati, sperduti o veramente indiavolati, con le loro dichiarazioni molto esplicite, e soprattutto con iniziative ecclesiali, che conferiscono alle parole papali interpretazioni univoche nel più chiaro modernismo eretico. Del quasi mai visto! Almeno nell’ultimo mezzo millennio: così, le astuzie fraseologiche di monsignor Carron appaiono, in sovrappiù, assolutamente marginali e purtroppo risibli. »     

 

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