Stéphane Mercier, giovane professore all’Università Cattolica di Lovanio (B), sospeso e spinto fuori dal suo insegnamento per aver definito cattolicamente “l’aborto un assassinio”, ha appena tenuto una conferenza sul gender riaffermando la sua intelligenza e il suo coraggio cristiani. Ma…

È il 2 settembre che l’associazione cattolica Le Centre Familial Saint-Géry di Bruxelles ha organizzato una conferenza-lezione (di più di un’ora e mezza più il dibattito!) con una cinquantina di persone che si sono sottratte agli iltimi raggi di sole, ben rari in Belgio, per stiparsi nella minuscula nuova sede dell’associazione. Al centro di Bruxelles, questo pubblico ben selezionato è convenuto ad ascoltare il brio, l’elocuzione coltivata e filosoficamente rigorosa del cattolico Mercier, appena sposato e fresco della sua espulsione già ben seguita quest’anno, anche a livello europeo. In sovrappiù, io ho potuto seguire pertinentemente tutta la vicenda grazie al fatto che il portavoce dei vescovi belgi (ancora responsabili dell’aggettivo “cattolica” a fianco del nome università) che se ne è occupato in prima linea, è anche il parroco (il gesuita olandese Tommy Scholtès) della parrocchia dove abitavo a Wezembeek-Oppem, alla prima periferia della capitale. Alla lezione-conferenza, naturalmente pure sull’aborto, al di fuori dell’università ancora ben fornita della lettera “C” di cui si parla di eliminarne la presenza pure nel suo acronimo, dopo secoli di valoroso insegnamento della cultura e della teologia cattolica, Mercier non si è presentato a mani vuote: ha portato il suo ultimo libro, La philosophie pour la vie, (Quentin Moreau, éditeur) ancora in stampa la settimana scorsa.

Il libro, come il suo speech, è di una coerenza totale. Il sottotitolo, Contro un preteso “diritto di scegliere” l’aborto, mostra tutto il posizionamento scrupulosamente filosofico dell’opera e di una cultura cattolica tipicamente belga (e non solo), ancora tradizionalista, di questo valente professore di cui ci si domandava, dappertutto, il perché i vescovi e soprattutto il suo rettorato fossero così affrettati di liberarsene. Lui stesso ha risposto parzialmente a questa domanda posta più ampiamente da un partecipante al dibattito finale: “Perché utilizzare argomenti esclusivamente logici e razionali – così era intervenuto – e non propriamente religiosi della Rivelazione, per sostenere il sistema critico contro il sostegno del cosiddetto diritto all’aborto umano?”.
Il professore non ha veramente risposto completamente a questa domanda che sottintendeva l’idea centrale del cristianesimo. Essa vuole che gli argomenti razionali non siano in contraddizione con quelli della trascendenza ma, grazie all’incarnazione di Cristo, vi coincidono totatalmente. Le leggi naturali e quelle religiose sono infatti, alla base, le stesse! Lo sforzo dunque molto aprezzabile di limitarsi agli argomenti esclusivamente laici, a sostegno di un problema vitale e prmario nel rapporto con l’esistenza umana, costituisce alla fin fine un auto-laicismo mutilante nell’interlocutorietà con i promotori del gender, già a molto abortisti.
Perché, in effetti, accettare in modo accomodante il tabù sempre avanzato da codesti tifosi del sedicente diritto universale e della teoria della sessantina di generi sessuali, secondo i quali se si avanzano argomentazioni religiose ogni dialogo sarebbe escluso con un loro rifiuto aprioristico? Tanto più che gli argomenti cristiani sono sempre corroborati da motivazioni, ragioni e dimostrazioni filosofiche altrettanto fattuali!

È per l’appunto la natura eccezionalmente originale di quanto si è sempre chiamata la “non religione” cattolica, in rapporto ad ogni altra visione trascendente o pseudo-tale, incarnata in sovrappiù nella e dalla Trinità unitaria, a dover essere comunicata in ogni possibile dialogo razionale. I nichilisti dovranno imparare anche loro, prima o poi, il significato della parola “ontologia”! Tutta la ricchezza e la la capacità dialettica, o analitica, del professore-filosofo, eccentricamente apprezzato (o disprezzato) in quanto cattolico, non risultano in ogni caso persi. La profondità e la complessità analitica, logica e filosofica, contrariamente al luogo comune secondo cui la religiosità – soprattutto quella autentica – sarebbe in antagonismo con la ragione, potrebbe essere affermata a più gran fondamento rispetto all’argomentazione strettamente solo razionale. Certo, ci vuole allora una più grande capacità dialettica e sintetizzante tra le due dimensioni: quella orizzontale con la ben verticale dello spirituale. Questa ultima, peraltro, è quella che tutta la storia umana si vanta di porre, anche in modo propedeutico, alla cultura e alla filosofia esclusivamente laica che le è figlia.
Questa, presa in sé e singolarmente, può presentarsi e sostanziarsi solo come un perfetto ed eterno idolo di natura fondamentalmente e principalmente materialista… Accettare il tabù laicista dell’esclusione della dimensione religiosa, in tutto il dibattito sedicente civile, è già paradossalmente concedere la vittoria al laicismo ottuso e trans-umanista, arbitrariamente alla moda del pensiero unico.

È per l’appunto l’idea anti-cristocentrica che ha conquistato praticamente tutta la Chiesa cattolica belga (non solo belga), sul modello più spinto e cattoprotestante delle confinanti Germania e Olanda, ad aver provocato l’esclusione del giovane professore “filosofo” dal suo insegnamento fondamentalmente cattolico. Il quale, nella fattispecie, antepone (almeno sul piano metodologico e professionale) le regole razionaliste e non razionali, nel dialogo imposto dai nichilisti LGBT. E questo contro ogni pretesa dialogica, simmetricamente legittima, e almeno reciproca.
Il che, soprattutto dopo l’allontanamento rapido del rigoroso cattolico monsignor Léonard, primate del Belgio velocemente pensionato, un po’ più di un anno fa, nel suo “buon ritiro” in una comunità al sud della Francia.
La linea cattoprotestante del fiammingo cardinal Danneels, prelato ben conosciuto conduttore del cosiddetto “complotto di San Gallo” (o denominato “La Mafia”), con i colleghi tedeschi come Kasper e Marx, oltre molti altri, è all’apice del successo nella Chiesa belga. A questa, tuttavia, sembra che non siano sufficienti le capacità abitualmente acrobatiche e dialettiche, sul piano teologico, per evitare di rendersi ridicoli: ricusare un professore che dichiara “l’aborto un assassinio” in una università cattolica, secondo la tradizionale Dottrina della Chiesa, rimane in ogni caso una vicenda imparabile.
La direzione dell’UCL è, evidentemente, opportunista pure contro la Verità più chiara: allo scopo di poter beneficiare di un avanzamento nelle graduatorie universitarie internazionali, essa diventa disponibile ad integrare l’aborto di traverso ed altro, costi quel che costi!

Del resto, il cardinal Danneels docet, non fa altro che insegnare: è lo stesso che, molto indaffarato  a Roma per manovrare (come abitualmente) in vista dell’elezione del cardinal Bergoglio a Papa Francesco, non è rientrato in Belgio per il… funerale (!) dell’altro cardinale belga che era nel frattempo morto: Julien Ries, amico personale di don Giussani per una ventina d’anni, e soprattutto designato alla porpora da Papa Ratzinger!
Sarebbe stato sufficiente prendere un low cost il mattino e rientrare il pomeriggio in Vaticano per non quasi interrompere i suoi sinistri intrighi romani tesi a organizzare – finalmente e sotto l’occhio almeno scettico dello Spitito Santo – la scelta modernista petrina (la cosa, a ben vedere, non era la prima volta) a favore del nuovo Papa argentino, già ereticamente casuista…
Nessun vescovo fiammingo, nemmeno simbolicamente per rappresentarlo, era presente alla grande funzione religiosa ultima per il cardinale silenzioso e in odore di santità. Il quale è già passato alla storia, non solamente della Chiesa, ma pure dell’antropologia culturale per una suprema ricerca durata tutta la vita: è sua la divulgazione della nozione storica e prehistorica “homo religiosus”!
In che modo, allora scandalizzarsi dell’assenza del movimento Comunione e Liberazione – come d’abitudine, peraltro – in ogni manifestazione cattolica pubblica belga e particolarmente a questa conferenza comunque cruciale per la cultura cattolica del Plat Pays? Nemmeno un membro di CL era presente.
Ma c’è sempre una speranza: Stéphane Mercier, chiudedo il suo lungo intervento, si è raccomandato ai presenti per le loro “preghiere” a favore dell’integrità cattolica del suo matrimonio!

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