La spocchia ostile dei cattolici restati senza il loro partito politico, in rapporto a tutti quelli che vogliono ricostruirlo rapidamente, acceca anche di fronte alle molte brucianti sconfitte legislative: da anni, si continua ad accumulare devastanti risultati elettorali contro la civiltà, soprattutto nel Vecchio Continente.

Uno degli handicap più perniciosi, per i cattolici che da decenni non possono più disporre del loro partito cristiano, consiste in una doppia sconfitta perdipiù permanente sul piano culturale e politico.
Innanzitutto, riguardo alle dimensioni morali pubbliche. La dispersione indifferenziata dei cattolici nei partiti da “loro scelti” ha portato i cristiani a diventare marginali e insignificanti nel dibattito molto ideologico caratterizzato, da qualche lustro, dalla dominazione del dogmatico e falso “pensiero unico oltre che politically correct”.
Poi, sul piano strettamente legislativo. L’atteggiamento fatale di detta subordinazione non fa altro che assicurare continuamente la sconfitta elettorale e legislativa di fronte alle mumerose leggi dei sedicenti nuovi diritti, progressivamente proposte e approvate da parlamenti purtroppo beceri, negativamente selezionati. Codeste leggi stanno installando, dappertutto, un nuovo tipo di società transumanista e distruttrice progressivamente della nostra civiltà detta occidentale.

Questa civiltà è fondamentalmente cristiana, sebbene ufficialmente e superficialmente la cosa sia generalmente ignorata o negata. Il paradosso estremo di siffatta pratica veramente masochista, voluta da una parte importante nella Chiesa in via di perdizione, è stata anche sul piano quantitativo  globalmente perdente sia politicamente che culturalmente. E ciò durante tutto quest’ultimo mezzo secolo invece caratterizzato dall’inevitabile spappolamento di codeste vecchie e nocive (ma tragicamente ancora efficaci) ideologie materialiste intrinsecamente molto irreligiose. Ad un centro e ad un vertice della  Chiesa che si sono radicalmente rinforzati nel rigore cristiano grazie soprattutto agli ultimi Papi, si assiste pure al declino interno verso il modernismo più sgangherato e implacabile, oltre che lassista nell’attuale pontificato!
Così, la rinuncia alla presenza culturale e politica del cattolicesimo nel sociale ha anche permesso la trasformazione, si direbbe attivamente, di queste ideologie collettiviste del secolo scorso in nichilismo sempre più statalista e dominante nel sorprendente neo-totalitarismo attuale.

Questo processo di autodistruzione dei princìpi, che papa Benedetto XVI avrebbe poi definito giustamente “non negoziabili”, aveva cominciato alla fine degli anni immediatamente postconciliari.
L’abolizione dei partiti cattolici si è però applicata ad organismi democristiani giunti in condizione forse  irrimediabilmente protestantizzati e già autolaicisti. Si è così gettato, con l‘acqua sporca, molto sporca, anche il bambino. E soprattutto ci si è sottoposti oggettivamente alla subordinazione dei partiti secolarizzati. Ancora oggi si incontrano moltissimi cattolici, anche sinceri cattolici, che si illudono essere il “sale e il lievito della Terra” all’interno degli organismi politici detti laici che, va da sé, obbediscono obiettivamente solo alle leggi aritmetiche del maggioritario e, in sovrappiù, nemmeno accettano di veramente dialogare con altri da sé. In effetti, siccome i cattolici sono dispersi in diversi partiti, sono fatalmente ridotti e considerati inutilmente minoritari, molto minoritari, e trattati in modo sistematicamente con insignificanza, nella dittatura neo-antidemocratica, perdipiù ottusa.

Non solamente. Questi cattolici diventano fatalmente anche risibili e catastroficamente perdenti: per esempio, Fillon in Francia e Renzi in Italia (due politici sedicenti fedeli cristiani, ex primi ministri molto alla moda) son scivolati sullo stesso piano inclicato a danno del popolo di Dio che li aveva seguiti con speranza. Il primo ha appena perso la “présidentielle” in Francia già largamente garantita nei sondaggi all’ora delle primarie per la sua candidatura. La cosa è conseguente ad una imperdonabile e imperdonata  immoralità statalista privata (anche se strettamente non illegale), ma personale e familiare di nepotismo. Il cristianesimo però è ben più esigente dell’ideologia statale: la politica può fondarsi solo su un rigore di moralità cristiana oppure di etica laica anche solo legale.
E il secondo uomo pubblico, Renzi, è anche giunto a dichiarare maliziosamente che aveva a suo tempo “giurato sulla Costituzione e non sulla Bibbia”. Alla frontiera dunque tra l’abuso di furbizia e l’impudenza svergognata, di fronte alle innumerevoli sue incoerenze nella demagogia politica che lo hanno portanto  alla sconfitta popolare anche per lui. Come se per un cristiano fosse legittimo spergiurare sui laici principi supremi della politica e di fanfaronare ereticamente tra il giuramento davanti agli uomini e al cospetto di Dio!

La mancanza di partito politico cristiano, naturalmente, non aiuta o non permette, né in Francia né in Italia, di coltivare e d’applicare rigorosamente la cultura della molto grande Tradizione cattolica.
Per esempio, nel Compendium della DSC (Dottrina Sociale della Chiesa, pubblicato in molte lingue nel 2005 dal Vaticano), i partiti, oltre ad essere strumenti indispensabili per l’azione politica, sono pure  insostituibili nella formazione militante critica e attiva.
Senza cultura politica operativa niente azione vincente per il bene comune!
La vista corta attuale di certe caste elitarie – generalmente sia del clero che del laicato – è tale che all’idea ben proposta di rimettere in piedi, nei diversi paesi europei, nuovi partiti cristiani, fa sì che si inisce per mitare i gatti pavloviani. Essendosi scottati le zampe sulle piastre incandescenti delle stufe, non ci si azzardano neppure quando sono fredde…
Così, con  argomenti pseudo-evangelici spiritualisti, si cerca di accreditare l’idea che il Regno di Dio non è di questo mondo (tradendo almeno a metà, se non per l’essenziale, il messaggio del Cristo incarnato).  Oppure cercano di affermare che il popolo di Dio non è  “abbastanza formato”.
Dopo invece due millenni (!) e in una epoca di crisi totale delle “moderne” ideologie materialiste e riduzioniste, bisognerebbe secondo questi pusillanimi cristianucci, tutto riportare, in modo molto intellettualistico e elitario, alle calende greche.
Ce n’è anche una gran quantità di ipercritici che giungono a fare una puntigliosa esegesi pleonastica delle modalità lussuose di formazione “corretta” dei partiti cristiani, mentre l’urgenza  drammatica della loro irrimandabile esistenza è tragicamente in gioco.

Esistono tra i cattolici pure quelli che, con estrema spocchia in sovrappiù ostile, giudicano non a loro gusto le motivazioni e le procedure fondative di questi nuovi partiti. Arrivando anche a negarne la legittimità nella loro ragion d’essere. Per avere una idea dell’assurdo raggiunto, per esempio in Italia, ci si ricordi che questi fedeli sono pervenuti a rifiutare il nuovo partito cattolico fondato nel 2016 e intitolato “Il popolo della Famiglia”  in quanto lo hanno accusato, oltre che di “parassitismo” del movimento che aveva reagito alle leggi infami gender  e di aborti vari e diversificati LGBT – sempre intrinsecamente assassini! –, di essere in sovrappiù “monotematico”. Ma non è forse oggi la Famiglia il tema politico più globale e universale? Cosa c’è di argomentazione superiore nella sintesi della totalità escatologica cristiana?
Anche indipendentemente dalla validità degli argomenti addotti e malgrado la pratica dialogica interlocutoria spesso rifiutata in modo altero e spocchioso, si deve sapere che tutti quelli che agiscono veramente nella realtà sono naturalmente coscienti di rischiare errori… Si dovrebbe dunque pensare e determinarsi sul principio sempre provvisorio che un partito è solo una opera suscettibile di essere corretta, molte volte e spesso… Del resto è quanto succede continuamente – anche in modo scervellato – in tutti gli organismi politici. Con, nella fattispecie, misericordia ben cristiana, per favore!
I laicisti, relativisti, atei, positivisti e politici modernisti – nel frattempo – non possono che ringraziare per la subordinazione, anche sostanzialmente silenziosa.

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