La cattolicità sembra aver « dimenticato » la Dottrina Sociale della Chiesa a favore della comunicazione massificata ed elitaria. Eppure questa è controllata e manipolata da tutti i gran media che non fanno altro che propagandare – giorno e notte – il nichilismo e il laicismo. Che fare?

È noto: è soprattutto con la santificazione del lavoro quotidiano, universalmente praticato in modo spontaneo, che l’Eterno ha sempre pensato e operato per la salvezza dell’umanità.
Tutta la Creazione dell’universo e della vita prosegue nella continuità con la collaborazione tra Trinità e uomini di buona volontà: allo scopo di  completare l’atto infinito d’amore “misterioso”, con il contributo umano detto del “valore aggiunto”. Piccolo o grande che sia, secondo i talenti di capacità analitica e di volontà che il Santo Spirito avrà distribuito tra gli uomini. Ma la libertà, con il suo intrinseco libero arbitrio, può anche cercare di distruggere e falsificare la bellezza infinita di tutta la Creazione. Ogni azione umana o intenzione ne dipende, naturalmente.
Ma perché la Chiesa, ben sapendo che non bisogna assolutamente seguire le mentalità e le scelte del potere mondano (è Gesù stesso à dircelo con la sua testimonianza evangelica fino a morirne sulla Croce), corre appresso alle logiche ribelli e falsificatrici nella diabolicità delle masse abbrutite e ateiste, oppure – di fatto – protestanti?
In effetti, una certa  Chiesa del clero non ricorda generalmente più, soprattutto a partire dagli ultimi anni, gli insegnamenti preziosi ed eterni della DSC, quelli detti “princìpi non negoziabili”.
L’arcivescovo di Trieste, Crepaldi, responsabile numero uno della dottrina sociale nell’immensa tradizione cristiana, è costretto – si può dire – alla disoccupazione tecnica e pure contraddetta dalle ultime direttive clericali e centrali (molto spesso pure petrine!) del cattolicesimo attualmente e alternativamente modernista.
I cinque ultimi  papi prima di Francesco si interrogano a proposito della grande tradizione ora stravolta che essi hanno scrupolosamente preservato come patrimonio centrale della cultura cattolica, dunque universale ed eterna. In corrispondenza del  beato papa Paolo VI che aveva denunciato che un fumo diabolico si era infiltrato all’interno della Chiesa, il cattoprotestantesimo dei principi detti buonisti dell’ONU ha sempre più il vento in poppa.

Il panico causato dalla supremazia apparentemente schiacciante del secolarismo incredulo, dello scetticismo e del laicismo militante sta tragicamente mal consigliando una gran parte del potere ecclesiastico. Esso è spaventato dalla diminuzione nelle statistiche della pratica religiosa, anche di questa con papa Bergoglio. Il cosiddetto consiglio è a “mettere tra parentesi” la Verità evangelica bimillenaria del Magistero per promuovere una sedicente riforma della linea ecclesiologica tollerante e “aperta” verso le peggiori eresie: per esempio, in occasione dei  famigerati festeggiamenti per il cinquecentesimo dell’eriesarca… Lutero, la cui statua è anche stata installata in Vaticano! E questo, allo scopo di avvicinarsi e ingraziarsi (pure neutralizzare) l’irrazionale della dittatura relativista e nichilista. Così, l’idea di utilizzare le potenti verità della DSC per battere l’eterno errore devastatore della non credenza neopagana o eretica è considerata temeraria!
Per codesti pastori tremebondi di anime già impaurite diabolicamente dalle forze endemiche del “pensiero unico” dominante, meglio utilizzare un linguaggio condiscendente e fatalmente ambiguo. E inevitabilmente ridicolo, oltre che ovviamente insostenibile, come quello dell’ultimo generale dei gesuiti che, per mettere “tra parentesi” e relativizzare le parole del…  Vangelo (!), ha dichiarato che “non c’erano registratori al tempo di Gesù”!
Come peraltro a proposito dell’aborto. Dove i vescovi del mio Belgio e il loro portavoce, Tommy Scholtes. Di fronte alla semplice dichiarazione, nel marzo scorso, di un giovane professore della storica università cattolica di Lovanio, Stéphane Mercier, secondo la sua dottrina molto cristiana che definisce “l’aborto un assassinio tanto più abietto in quanto inflitto ad un essere senza alcuna difesa”, la sedicente migliore risposta imbarazzata et vergognosa è stata quella di detto portavoce dei vescovi: “la parola assassinio – ha ripetuto il portavoce e pure, fra l’altro, mio parroco a Bruxelles, loquace ma vagamente reticente – è esagerata”! Senza nemmeno qualificarla – e poterla qualificare cristianamente ancor più che umanamente – in modo diverso!
Monsignor Crepaldi, capo della Dottrina Sociale della Chiesa, può solo morfondersi nel silenzio fracassante del clero e delle università sempre più sulla via dell’inutilmente loro cattolicicesimo, nel mondo intero. Di fronte alla leggi antinaturali e concepite contro quelle divine, il giovane professore dell’università tra le più cattoliche fin dal medio evo, rimane sempre scandalosamente sospeso dal suo lavoro e sottoposto ad una possibile procedura di licenziamento: per aver affermato una verità ontologica confermata anche da papa Francesco. Ed in una università sempre denominata cattolica!

 Se il dibattito ecclesiale deve difendere – come diceva Chesterton –  la tesi per cui l’erba è verde e non blu, vale a dire che l’aborto è un assassinio odioso e non altro (cos’altro?), non resta – in sovrappiù – nessuna seria  possibilità che la ricerca sulle virtù escatologiche del lavoro possa efficacemente svilupparsi. E, sulla sua tragica mancanza nell’attuale crisi economica: come possa realmente disporre del suo spazio vitale, almeno intellettivo e nell’attualità, per  essere dibattuto, soprattutto nel clima culturale per cui impazza una certa idea del rifiuto del lavoro?
Come si potrà anche solo immaginare di volere che i cattolici possano – contro corrente ma naturalmente – mettere a tema l’inevitabile, ma sempre negletta, relazione tra l’orribile denatalità pseudo edonista e malthusiana con la crisi economica per la mancanza tragica di sufficiente domanda?
Come del resto poter giungere a ben identificare la differenza tra “tecnica e tecnologia”, secondo il pensiero molto pertinente, per esempio, del giovane e valente professore francese Hadjadj, in cui essa è funzionale al consumismo?
Per conseguenza, come comprendere che è falso (re)distribuire in modo ugualitario le ricchezze – così come una gran parte della gerarchia ancora insiste a indicare – in luogo di farlo con i mezzi di produzione?
E che dire della falsa nozione di misericordia senza quella precedente e sempre ben certa di Verità?
Per non parlare dell’idea acefala e pseudo cattolica di un certo clero nell’accoglienza nel nostro mondo occidentale, ancora fondato sul cosiddetto welfare, senza alcuna condizione né ricerca di condivisa recirpocità, per tutti gli immigrati indistintamente. E questo, contrariamente alla raccomandazione dei vescovi africani, secondo la cultura della DSC, di non pensare neppure di partire per la “ricca” Europa e di restare sul posto, piuttosto, per sviluppare i paesi del Terzo Mondo?
No, imprigionati in una concezione statalista subordinata al nichilismo e al laicismo, i cattolici modernisti e “ufficiali” banalizzano la loro piccola fede ­– la fede è sempre piccola! – dissipandola in una prospettiva appena onusiana e falsamente ecumenica. Preghiamo!

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