Quattro anni di papolatria acritica – dunque eterodossa – culminati, in Comunione e Liberazione anche in un articolo trionfalista de Il Sussidiario, tra l’imbarazzante giudizio agiografico su papa Francesco assurto a sintesi (impossibile) dei cinque papi precedenti! Il tutto di fronte alla tristezza angosciata di una Chiesa di fatto scissa.

Al quarto anniversario, il 13 marzo scorso, della sua elezione al soglio pontificio, molti sono stati gli applausi e gli auguri dei media – quasi tutti relativisti e nichilisti – per papa Bergoglio. Anche secondo la grande tradizione unitaria e petrina della Chiesa cattolica. E questo malgrado la profonda crisi religiosa trionfalmente in corso nell’Ecclesia universale a causa del modernismo casuista e sempre più cattoprotestante installato fieramente dallo stesso papa Francesco, subito dopo il suo arrivo. I fedeli cristiani ne sono molto spesso sconvolti e mortificati. Le cifre delle frequenze alle liturgie ulteriormente diminuite ne sono oltremodo testimoni, anche se le cause vanno ben oltre la nuova linea molto “progressista” scelta praticamente da una grande maggioranza degli attuali prelati piuttosto silenziosi e reticenti. Lo scopo è di rincorrere (inutilmente senza la Verità evangelica in prima linea) le grandi masse abbrutite e colpevolmente perse nelle ideologie della nostra era del politically correct, pure totalitariamente laicista.
Non poteva mancare l’ulteriore conferma dell’ancora abbastanza diffuso movimento ciellino – anche se culturalmente e politicamente invisibile – che, malgrado il suo pauroso assottigliamento almeno quantitativo degli ultimi anni, è giunto ad aggiungersi al coro delle generalmente sperticate e ipocrite laudi al sommo pontefice. Così Mauro Leonardi, su “Il Sussidiario”, il quotidiano online di detto movimento radicalmente trasformato in segno opposto dopo la morte del suo grandissimo fondatore e santo animatore, monsignor Giussani in via di canonizzazione, ha definito papa Francesco come l’incredibile, ancor più che possibile, sintesi dei cinque (!) papi suoi predecessori: san Giovanni XXIII, beato Paolo VI, Giovanni Paolo I, san Giovanni Paolo II e papa Emerito Benedetto XVI. L’ardito accostamento di paragone si è realisticamente evidenziato come impraticabile tanto più che, in modo quasi sistematico, settimana dopo settimanta, a volte giorno dopo giorno, il papa argentino li ha abbondantemente contraddetti nella sua prassi e nei suoi insegnamenti sgangherati e globalmente erronei contro la Tradizione.

Esiste una Chiesa cristocentrica e scrupolosamente rispettosa della sua grande tradizione salvifica che preferisce responsabilmente il silenzio pregante alla denuncia delle innumerevoli eterodossie ormai correnti nella Chiesa. E della scelleratezza peccaminosa di un clero dedito a correre appresso al mondo incredulo per cercare di (illusoriamente) aggraziarselo. Riassumendo, la cascata delle gravi deviazioni teologiche in atto e pervicacemente coltivate da anni (quando non da due-tre secoli dalle ideologie atee e anticristiane ben infiltrate anche nei ranghi ecclesiastici), si può dire che queste eresie assolutamente soft e banalizzate siano pricipalmente tre: lo spiritualismo modernista astratto che nega di fatto, e non di meno, l’incarnazione del Cristo; l’umanesimo onusiano o massone, riduzionista (essi sono attualmente equivalenti) che appiattisce la missione escatologica del cattolicesimo, nel migliore dei casi per il grande pubblico al sincretismo insignificante con le altre false religioni o etiche morali già condannate da Cristo e, da secoli, dalla stessa Chiesa; e infine lo statalismo religioso – naturalmente conseguente – che trasforma la prevalenza dello spirito sul fattuale in dominio razionalista (assolutamente non razionale!) dello Stato contro la ragione delle leggi naturali di Dio e della grande tradizione trinitaria. Queste tre eresie – peraltro molto antiche nella storia miracolosamente vittoriosa della Chiesa – sono le stesse diabolicamente affermate dalla linea totalizzante dello stesso papa Bergoglio. E questo, dietro il suo discorso senza totale Verità evangelica, sostanzialmente e esclusivamente umano (vagamente a tratti politicistico), sulla cosiddetta misericordia. La Chiesa del popolo di Dio silente assiste così sbigottita allo sfacelo in atto (economicamente, in sovrappiù, totalmente devastante). In realtà questa Chiesa, anche se essa sa con certezza che l’obbedienza al Papa è dovuta in ogni caso solo in caso di ex-cattedra proclamata solennemente, è oggi profondamente imbarazzata…

La Chiesa eucaristica e dedita alla sua unità incarnata dal Papa, quella eterna detta del “Non possumus”, cioè quella del custode supremo della Tradizione magisteriale evangelica, è forse troppo silente. Peccaminosamente silente.  Di fronte ad una mentalità oramai endemica del cosiddetto pensiero unico secolare e invadente che afferma esplicitamente che la verità non esiste e non può esistere, l’unità col proprio Papa entra in pericolo quindi solo con quella autolegata al Martirio del classico ed eternamente non negoziabile del “Noi non possiamo”. E non con quello cervelloticamente “riformista” secondo criteri spesso  antievangelici e conformi alle ideologie immancabilmente correnti. La Chiesa cattolica di Dio è sopravvissuta alla perdizione delle sue numerose eresie grazie alla fede del suo popolo di Dio. Ne risulta ora un vero e proprio scisma silente s’è  prodotto per la volontà modernista da parte soprattutto del clero ultimamente bergogliano. Il quale era, ben che canonicamente sconfitto dai papi precedenti, già massicciamente presente e operante nella Chiesa da almeno il post-Concilio sotto l’etichetta di “progressismo”. A riprova che l’eresia – a volte anche di apostasia – ha sempre le sue radici nel diabolico potere del mondo sempre vigorosamente denunciato da Gesù fino alla Sua Croce.
Il cristianesimo, invece, è per sua natura irriducibilmente opposto e in posizione sempre antagonista , anche se in modo completamente rispettoso a riguardo della libertà umana, nel mondo del potere fondato sul libero arbitrio. È per questo che la madre di tutti i peccati non è solo lo statalismo che afferma implicitamente, e sempre più chiaramente, la sua supremazia totalitaria sullo Spirito, ma il fatto che il cristiano non è più nemmeno richiamato a condurre quotidianamente la sua eterna lotta per desolidarizzarsi culturalmente di continuo dal potere mondano. La visione superficiale, idilliaca e autocelebrativa di Mauro Leonardi sulla sua definizione – oggi tipicamente ciellina a tradimento del carisma ecclesiale di sessant’anni della sua storia gloriosa e santa – non poteva che essere generata da un tremebondo rappresentante tipico del clero. Leonardi è infatti un prete, come spesso si dice, più papista del Papa. Udite, udite come il nostro pretino molto clericale e bigotto chiude spudoratamente, e in modo tranquillizzante, nel titolo l’apertura della sua articolessa: “Mai come ora la tradizione della Chiesa è stata così forte”. Sic!

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