Ecco tre principali perversioni del cristianesimo contro le quali monsignor Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione, ha lottato tutta la vita: la supposta azione di Dio finalizzata a salvare la vita personale degli uomini indipendentemente dalla loro coscienza e libertà; il concreto rifiuto continuo, o reticente, di giudicare cristianamente i fenomeni della realtà; e infine la deriva conseguente dello psicologismo verso il soggettivismo relativista.

Si incontrano sempre più tre atteggiamenti perversi in rapporto alla catechesi e al carisma giussaniani anche tra i membri attuali di Comunione e Liberazione.
In primo luogo, la reiterazione spesso ossessiva e pseudo mistica secondo la quale è Dio che realizzerebbe puntualmente l’esistenza degli uomini indipendentemente o quasi dalle loro scelte libere e coscienti; dopo, la spensieratezza e l’allontanamento a formulare continuamente il sacrosanto giudizio cristiano puntualmente su tutti i fenomeni della realtà; e infine lo psicologismo soggettivista, molto conseguente, che s’impradronisce del pensiero e dei comportamenti di questi cattolici così sperduti nel relativismo ambiente.
La giustezza e la forza della fede che monsignoor Giussani, il fondatore di CL già dagli anni ’50, aveva concentrato contro questi tre atteggiamenti esistenziali perversi hanno caratterizzato il prestigio folgorante di questo movimento ecclesiale a cui appartengo. A dire il vero, queste tre deviazioni sono anche quelle molto diffuse da decenni nella Chiesa tutta. Il posizionamento culturale, storico e profetico che ha fatto invece la gloria di CL, ha costituito pure il successo (attivo e contemplativo) che ha definito ciò che è stato chiamato “Il Tesoro di CL”. Quello che ha in ongi caso  marcato la storia di alcune società moderne, ora sperdute anch’esse nella follia irreligiosa del pensiero unico. Queste però  dispongono ora di una testimonianza virile e vigorosa che è durata pubblicamente più di mezzo secolo, per un cristianesimo moderno, attivo e teologicamente rigoroso, nella grande Tradizione della Chiesa. Ma la padronanza attuale del nichilismo sulla vita relazionale, sociale e politica del nostro universo quasi totalmente secolarizzato rischia di annullare questo raro e gigantesco patrimonio culturale di tipo escatologico.

Prima di tutto il problema della libertà: Dio, indipendentemente dai suoi piani sempre imperscrutabili, può amare – innanzitutto – solo la libertà degli uomini. Perché dovrebbe essere contento di collezionare “fedeli” che sono indifferenti o rifiutano volontariamente di amarLo e di seguire esplicitamente le sua leggi? Tutto il Vangelo parla delle scelte preventive e umilmente di libertà… Una delle frasi tipiche degli “spiritualisti” e intimisti è: “È Dio che mi fa”. Vero! Ma alla condizione che l’atteggiamento del cattolici in questione sia attivamente di “Cercare Dio (Quaerere Dominem)”, come ben diceva papa Emerito a Parigi dai Bernardini. E di tradurre questa ricerca costante in ricerca della propria vocazione in una cultura produttiva universale anche di civiltà. L’atteggiamento fondamentalmente passivo secondo cui sarebbe compito di Dio di “ trasformare salvandola la vita personale indipendentemente dalla coscienza attiva del fedele” può solo essere falsa. È sempre il lavoro personale, introspettivo e fattuale, che permette di combattere l’accidia e il fatalismo dei sedicenti avvenimenti “oggettivi”,  che consente a Dio di entrare in rapporto con la Persona che è in ogni essere umano. La regola benedettina, che ha modellato tutta la splendida cultura occidentale durante un millennio e più di monachesimo (e che continua sempre), era la coppia indissolubile “Prega e Lavora” (Ora et Labora). È la regola intrinsecamente globalizzata di ogni uomo che coltiva, naturalmente, il suo senso autenticamente religioso. Il quale, altrimenti, “può solo cadere – ripeteva continuamente don Giussani – in un atteggiamento deficitario sentimentalista o anche superstizioso”. È solamente l’uomo costantemente alla ricerca attiva dell’unità reale tra fede e ragione che Dio ama e, per conseguenza, privilegia sempre. Non c’è salvezza senza lavoro libero!
Il cristianesimo riguarda tutti gli aspetti della vita e della realtà. Nulla sfugge, per definizione, alla salvezza divina. Ma allo scopo che il rapporto con la realtà possa essere sottoposto alla sua necessaria redenzione, occorre che sia sempre anticipatemente giudicato. Vale a dire che il cristiano deve sistematicamente giudicare ogni avvenimento, valore o cosa con lo sguardo di Gesù: tutto deve essere pure gerarchizzato, contestualizzato e classificato nell’ordine, in conformità alla grande Tradizione della morale cattolica. Mia moglie, che conosce molto bene le volontarie di Lourdes, mi raccontava un episodio che è successo quando c’è stata la recente alluvione nella basilica sotterranea del santuario: una monaca “responsabile”, al posto di spicciarsi mentre il fiume adiacente cresceva lentamente per salvare i numerosi e rari addobbi liturgici che vi si trovavano con innumerevoli paramenti sacerdotali anche preziosi, li “affidò alla protezione della Vergine”. La sua superiora fece anche meglio: si mise in malattia… Il “miracolo”, naturalmente, non si realizzò: un piccolo disastro totale…

La cultura della libertà e dell’ordine divino propria di questo primo punto (qui sopra evocato) deve diventare per ogni uomo di buona volontà il criterio indifettibile con il quale guardare l’esistente.
È per questo che continuamente il Vangelo richiama “che non ci si deve mai sottomettere al giudizio del mondo”. Contrariamente al nichilismo e al pensiero unico o liquido, che si vuole dominante nel nostro tempo, i cristiani hanno (o dovrebbero avere) sempre un giudizio veramente diverso da quello del laicismo e del riduzionismo relativista mondano. I cattolici, che in gran parte si sono dedicati, soprattutto nell’ultimo mezzo secolo, alla pratica di non giungere a formulare questo giudizio conforme alla sapienza spirituale, ultra millenaria e cumulata nella storia della Chiesa, si autocondannano tragicamente a pensare e a comportarsi secondo i principi diabolici e orribilmente transumanisti del mondo. Il nichilismo relativista, secondo il quale non esiste alcuna verità, ha potuto guadagnare nel mondo le sue posizioni attualmente predominanti grazie anche alla grande rinuncia dei cristiani a essere se stessi, pubblicamente presenti e pure determinanti. E questo privandosi volontariamente di giudicare cattolicamente tutta la realtà. Dunque, permettendo alla cultura occidentale di ridiventare pagana, o quantomeno agnostica e senza Dio (sotto l’impero attuale del Gender).

Questa privazione, concretamente e attivamente autolaicista, ha fatalmente portato alla pratica sfrenata dello psicologismo soggettivista. Questo si è infiltrato, nel secolo passato detto della psicanalisi di massa che sostituisce abusivamente la religione, anche nelle sue strutture e fino allo stile del linguaggio. E questo veicolando, al di là stesso delle credenze, l’ateismo pratico e scervellato del modernismo (non della modernità!). Il sacrificio cristiano e supremo della Croce mostra invece sempre tutta la radicale diversità nei confronti della mentalità diventata dominante, dell’inutile e molto smarrita descrizione apparentemente mentale e relativista. Dove tutto è reso superficiale in un riduzionismo semplicista e francamente lobotomizzato. Il linguaggio intellettualista, falsamente molto coltivato e insignificante, calcato nello psicologismo della sua nullità tautologica, è divenuto quello in tal modo  constantemente disimpegnato. E diventato banalizzante pure proprio dei cattolici astratti nel loro movimento sradicato dall’Incarnazione e dall’eterna Risurrezione. Anche negli abituali ultimi anni di CL.    

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