La crisi di Comunione e Liberazione non è cominciata nel 2014-15 ma nel mezzo della decade precedente. Questo errore di periodizzazione da parte dei critici mostra un grosso ritardo che rende ormai praticamene irreversibile il tradimento del carisma giussaniano nel movimento.

Dopo aver incontrato papa Francesco l’ultimo 14 aprile, monsignor Carron, capo mondiale di Comunione e Liberazione, ha dichiarato nella sua lettera a tutti i membri di CL che era molto “confortato” della benedizione petrina. E questo mentre aveva appena terminato la svolta storica – ha precisato – nel “percorso che abbiamo intrapreso negli ultimi anni” all’interno del movimento ereditato da don Giussani, prima della sua morte nel 2005. Di fronte alla grossa contestazione interna nei confronti della nuova linea del movimento (il più importante dell’ultimo secolo al mondo), egli ha ammesso implicitamente di avere completato una svolta radicale nella concezione carismatica e identitaria di CL. Svolta che il Papa ha ben condiviso, sembra. È notorio che Carron attribuisce, tanto astutamente quanto erroneamente, questo profondo riposizionamento a don Giussani stesso. Quali sono queste nuove posizioni? Sostanzialmente, “siccome le circostanze sono cambiate – ripete – rispetto a quelle del “sessant’otto”, bisogna cambiare la pastorale”… Ma questo cambiamento, in realtà, deve essere conforme all’eterna Verità da insegnare e testimoniare, invece di correre appresso ai desideri e alle inclinazioni intimistiche delle masse abbrutite dalla loro attiva incredulità più o meno agnostica.

Ora la soluzione apportata da Carron è quella di ritirarsi praticamente da ogni testimonianza e azione che non siano di tipo personale e direttamente individuale. In quanto, altrimenti, si entrerebbe inevitabilmente “nei limiti di un orizzonte prederminato da altri”: quello del mondo e del potere. Perché, ci si chiede, “nei limiti”? La cultura, la carità e la libertà dei cristiani invece permettono (e l’hanno sempre permesso) di non entrare e rimanere in questi limiti: il cristiano per definizione può e deve scegliere – coscientemente e volontariamente – di perseguire o no il cammino, quasi sempre coercitivo, nella conquista del potere. In questo modo egli evita strutturalmente i limiti della mondanità che, come diceva Kierkegaard,  “è sempre diabolica” con i suoi orizzonti fattuali. L’esempio supremo da seguire è dato dalla Passione e Morte di Gesù crocifisso, apparentemente perdente, tra gli insulti della folla: tutto il Mistero del cristianesimo è concentrato nella scelta sublime di obbedienza alla volontà di Dio e non a quella politica e inquinata degli uomini. Naturalmente questo discorso centrale, cristocentrico  (assolutamente classico e giussaniano) del cristianesimo non è nemmeno preso in considerazione, né da Carron né dalla grande maggioranza dei membri diCL. L’indispensabile azione pubblica e di esplicitazione della Verità cristiana, anche se minoritaria nella società (di pura e semplice testimonianza come sulla Croce), è considerata implicitamente e curiosamente irrealizzabile! E questo mentre la manifestazione del 20 giugno 2015 a Roma aveva già mostrato questa possibilità – politicamente vincente, in sovrappiù! –  assolutamente reale e di totale opposizione. E senza alcun compromesso con l’horribile mondo politico reificato. Questa stessa assurdità di direttiva pastorale è stata ripetuta prima della manifestazione ancora più straordinaria di gennaio. Con la reiterazione esatta, da parte di monsignor Carron, delle stesse falsificazioni nelle motivazioni e nelle conclusioni. In questo modo ogni testimonianza, anche personale e privata, è promossa abusivamente e inevitabilmente a testimonianza supremamente pubblica!

Perché allora l’insistenza nello stesso errore malgrado l’evidenza di una esperienza diretta e partecipata da decine di migliaia di membri di CL anche appena sei mesi prima?
La nuova linea “pastorale” secondo cui le manifestazioni pubbliche sarebbero, sempre secondo Carron, “inopportune”non è stata improvvisata. Essa fa parte di una nuova visione statalista che, si potrebbe dire, si è infltrata progressivamente negli anni. Libri sono stati scritti da professori universitari soprattutto di CL che hanno cominciato a deformare e travestire la gloriosa sussidiarità cattolica con discorsi piuttosto fumosi di “quasi mercato”…; allo stesso modo sono stati pubblicati numerosi articoli di tendenza o chiaramente statalisti in cui la carità è pagata sempre da altro da sé, nel quotidiano on line di movimento Il Sussidiario; numerose conferenze, come quella a cui ho assistito a Como sull’intervenzionismo statale  (ben augurato “perché l’Italia non è la liberale… Gran Bretagna!”), nelle attività private con la partecipazione molto significativa della parlamentare cattolica progressista del partito ex comunista (PD), Garavaglia; oppure le innumerevoli genuflessioni al Meeting di Rimini, anch’esso diventato quasi ex giussaniano, a favore di responsabili del governo marxisti, tenuti e percepiti come ospiti d’onore: mi ricordo di aver spedito all’allora presidente Vignali della CdO (Compagnia delle Opere) una lunga lettera di protesta, quasi una decina di anni fa. Tutti questi avvenimenti e ben d’altri avevano preparato il terreno all’annuncio dell’”inopportunità”di partecipare alle manifestazioni pro Famiglia naturale e anti leggi gender (Scalfarotto e Cirinnà) dell’attuale governo di sinistra laicista: leggi, queste, in pericolo di essere approvate “urgentemente” entro il mese! La pratica corrente della separazione ritenuta inconciliabile tra “la legge morale e la legge civile” non è dunque un risultato improvviso. Essa è l’inevitabile avvento di una relativa, volontaria e lunga ignoranza della DSC (Dottrina Sociale della Chiesa) e della molto larga disconoscenza, anche dell’esistenza personale, dell’arcivescovo di Trieste Crepaldi, in quanto responsabile della DSC. Questi si era già pubblicamente scatenato nel 2014-15 contro l’estraneità della Azione Cattolica al fondamentaleCompendium, pubblicato in varie lingue nel 2006 dal Vaticano, come riassunto sistematico di tutta la sapienza sociale cristiana…

Così si è giunti all’articolo cruciale di Giorgio Vittadini, uno dei capi principali di CL, pubblicato in questo marzo 2016. Con un paragone statistico magistrale tra Lombardia e le altre regioni, si è calcolato a non meno di 750.000 gli statali eccedentari da decenni nel Belpaese! Il problema è che Vittadini ha dichiarato – senza alcuna motivazione! – nello stesso articolo dimostrativo che “non è assolutamente il caso si sopprimere” la scandalosa e gigantesca anomalia: gli innumerevoli nuovi statalisti di CL sono così rassicurati! In tal modo, un professore di università leader ciellino, prestigioso e molto pubblicamente amico personale di Carron, giunge a negare espressamente la finalità intrinseca e immediatamente poststatistica (materia che insegna in modo ben pubblicizzato). E questo, per non cercar di far risolvere, da parte dei politici, il problema più mostruoso della nostra epoca clientelistica: disastrosa per l’economia sia civile che morale. Nessuno che io sappia ha rilevato particolarmente l’assurdo statalismo di questo fatto, così perfettamente completato e teorizzato!

Non continuo la lunga lista per descrivere tutte le tappe che hanno portato CL tra le braccia della supremazia dello Stato sulla Persona e la sua Libertà: l’irreligiosità radicale di questo posizionamento esplicitato così chiaramente è stato naturalmente inaccettabile per altri parti restanti di CL. La maggior parte dei ciellinisono in ogni caso anestetizzati o addormentati e non si ricordano nemmeno della scelta molto pesante di don Giussani per ancorarsi religiosamente, malgrado tutte le riserve ben espresse del caso (la famosa “distanza critica”), alla destra storica: alla realtà rappresentata dalla cosiddetta “ignobile” destra, ma abbastanza liberale e non statalista! A questo punto, mi permetterò solo di appena segnalare il problema centrale dell’Autorità minata alla radice dal fatto di aver espresso – da parte di monsignor Carron stesso – il dualismo di indicare in modo relativista di non partecipare generalmente alle manifestazioni, ma pure di poterci partecipare (per quelli che lo vogliano). Come poter ammettere un principio di Autorità ecclesiale (essenziale e centrale) che presenta la possibilità di due opzioni opposte? Una Autorità che non si pone univocamente, come potrà pretendere obbedienza?
Finalmente, ciascuno può così fare quello che pensa soggettivamente secondo l’iperindividualismo lobotomizzato vigente nel mondo, proprio del nichilismo contemporaneo.

È ciò che succede in CL da parecchi anni, come in Azione Cattolica.

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