L’intelligenza è diminuita del 10%: il riduzionismo riduce tutto

Ascoltando la radio belga andando al lavoro al mattino, ho intercettato un brano di una delle interviste che trasmettono d’estate, con un vecchio architetto francese che mi ha subito interessato particolarmente.
Parlava della sua architettura che è diventata progressivamente ridotta, almeno dagli anni ’60, ai suoi costi e alla sua mano d’opera sempre meno amorevolmente specializzata e diligente. Non faceva accenno, per quel tanto che ho potuto ascoltarlo, alle ragioni evidentemente economiche di tale scelta. Ma ho potuto comunque capire il suo discorso, inusuale e molto documentato, che faceva riferimento continuamente a parecchi altri campi di attività anche lontani da quello suo delle costruzioni e dell’urbanismo.

La sua tesi era semplice : il riduzionismo in voga nella nostra cosiddetta modernità ha semplificato, impoverito, superficializzato, approssimato, vacuizzato, frivolizzato… ha cioé ridotto il senso e i contenuti di tutte le cose dette e fatte.
Ciò che era accattivante nelle sue risposte era la rarissima capacità, matura e molto coltivata chiaramente da decenni, di mettere in rapporto le sue competenze estetiche e progettuali, proprie al suo mestiere, con le altre arti che avevano subìto la stessa degradazione contenutistica.
Così, ripeteva, “tutto si moltiplica straordinariamente in orizzontale diventando piccolo, angusto, ristretto, corto, limitato, inadeguato e, soprattutto, insufficiente, tragicamente insufficiente, all’umano”.
Come dargli torto ?

Mia moglie, che si è recata da Bruxelles con i nostri due figli al Meeting di Rimini (l’annuale più importante manifestazione culturale cattolica al mondo et non solo, sul mare Adriatico), ha riportato a casa il bellissimo catalogo di una delle mostre su Péguy che, tra l’altro, parla del «lavoro ben fatto», uno dei suoi argomenti preferiti. Non solo del «lavoro fatto bene» dal punto di vista funzionale e dei suoi costi!
Gli operai, già ai suoi tempi, all’inizio del ventesimo secolo, cominciavano a non lavorare più nella dimensione della gratuità eterna del lavoro santificante e rigenerativo. Già iniziavano a viverlo come alienazione, separazione dal proprio prodotto, come lo affermavano le teorie ideologiche marxiste o nichiliste.

È poi di questi giorni l’ormai abituale non-notizia, pubblicata su quasi tutti i media europei, per cui l’uomo sarebbe diventato meno intelligente di circa il 10%, con un IQ (quoziente d’intelligenza) di circa l’83 virgola qualche punto. L’annuncio, naturalmente, è quasi sempre corredato da un articoletto di almeno un altro scienziato che contesta questo risultato ottenuto, dopo elaborate inchieste, da altrettanti ricercatori scientifici o pseudo tali.
Del resto, anche intuitivamente, come misurare quantitativamente la cosiddetta intelligenza?

Il mio architetto sapiente, di cui non ho potuto ascoltare nemmeno il cognome, sarebbe stato sicuramente d’accordo.
L’intelligenza è una nozione globale e non particolare o parcellizzata.
La misura non può essere applicata (sempre che sia tecnicamente e logicamente possibile: il Mistero dell’uomo!), che a una dimensione ridotta.

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