La Germania, sola e vera europeista, è attaccata dagli intellettuali che mistificano le parole “austerità” e “UE”, in quanto parassiti dei paesi denatalizzati e indebitati sul futuro!

Sono più di tre anni che quasi tutta la stampa europea è scatenata contro la Germania della Merkel, soprattutto a causa dell’affaire Grecia che non restituisce i soldi che le si son prestati. E che ne chiede ancora. I giornali, le radio-televisioni e gli “esperti” di ogni rango e cappella non perdono una sola occasione quotidiana per sentenziare contro il “razionalismo teunonico”, contro “l’immonda austerità eurocratica”, contro “l’assurdo dirigismo euronordico”, contro “lo strapotere tedesco”, contro anche “l’ordoliberalismo germanico” ed altre odiose amenità del genere.
È perfino diventato difficile ricostruire gli elementi economici, culturali e antropologici da cui tutto questo confuso sconquasso antieuropeistico prende piede: i giornali e la cosiddetta comunicazione moderna si occupano di propagandare il loro pregiudizio ideologico ben prima e in luogo dei fatti.
Mario Adinolfi, direttore de La Croce, descrive in dettaglio ieri 14 luglio questo processo pregiudiziale che attanaglia la maggior parte dei cosiddetti giornalisti italiani. Ma la stessa patologia, la si può riscontrare negli altri paesi del meridione europeo e anche in parecchi esperti officianti in organi dell’Europa del nord, per i quali il problema numero uno è quello di ben piacere al proprio editore e al suo direttore.
E, allorquando i dati della realtà non sono addomesticabili, non sufficienti o addirittura inesistenti, i bravi giornalisti pennivendoli “se li inventano di sana pianta”. Il tutto in barba alla missione prima del giornalismo: raccontare la verità, molto semplicemente.
Tre sono le cause, a mio parere, di cotanta campagna attiva, di falsificazione sistematica e di contraffazione sfigurata della realtà. Primo, una cultura prevalente e generalizzata statalista propria di tutta la classe detta intellettuale e di sinistra (spesso però anche di destra e quasi sempre di centro); secondo, un generoso e gratuito buonismo generalizzato detto volgarmente ma non trivialmente “col culo (apparentemente) degli altri”; terzo, una falsa coscienza della propria colpevolezza fondata sul fatto macroscopico di aver rubato in innumerevoli miliardi al futuro, ancor più della Grecia, cioé ai propri figli e ai propri nipoti. Mostruosamente!

Occorre forse ricordare nella fattispecie il perché si chiedono soldi in prestito, non personalemente e privatamente, ma attraverso la mediazione dello Stato, del proprio Stato: semplicemente per vivere al di sopra dei propri mezzi disponibili!
Le banche che maggioritariamente concedono detti prestiti pubblici, vale a dire la nuova classe dominante così creata e consolidata, trattandosi di debitori statali (e/o di Unione Europea), non chiedono per nulla le stesse e drastiche garanzie previste per i privati, ma elargiscono a priori, subito e volentieri, accendendo crediti a lauti, molto lauti, interessi.
Dall’altro versante, da parte delle popolazioni adescate all’edonismo di massa, vengono scelti e votati i partiti esperti in demagogia distributiva e le loro coalizioni disponibili a un siffatto, irresponsabile e dissennato programma cleptomane. E così si vivono le rivendicazioni, dopo aver fatto debiti, ingenti debiti, che aumentano fatalmente ogni anno, da piccoli nababbi che senza sosta trasformano ogni desiderio, anche di estrema minoranza, come diritto inalienabile ed urgente.
Il giochetto è così fatto e concluso ogni volta: ed è quanto funziona esattamente e progressivamente da più di cinquant’anni, da due generazioni. I debiti sono così aumentati senza mai essere rimborsati, cumulati anno dopo anno. Visti i loro totali sempre più spaventosi, si è cominciato a considerarli anche non veramente restituibili. Ciò è già successo clamorosamente in Grecia, non potendo ancora rinnovare oltre il giochetto, a causa di una certa esiguità e povertà del paese troppo strutturale: quindi default!
Ma gli altri paesi europei sono solo in misura leggermente inferiore nella stessa situazione.
Invece la Germania, quasi dopo Schroeder ed in piena corrispondenza dei governi della Merkel che ha vinto con clamore, ha cambiato rotta: ha ridotto il deficit dei suoi bilanci annuali e il suo debito, contenuto le tasse e instaurato uno Stato tendenzialmente non devastato, non in progressivo fallimento (come effettivamente aveva anch’esso rischiato di finire) ed è diventato abbastanzanza (pure se solo minimamente) razionale. Il paese si era così rimesso a lavorare: ‘ché prima non lo faceva più. Ho dovuto chiudere la mia agenzia di Colonia che mi chiedeva in deficit ogni mese 250-350.000 franchi belgi per pagare le sue fatture (nel mentre avevo aperta un’altra sede a Leipzig, nell’est tedesco appena genialmente riunificato da Koel e riportato in Europa non certo gratuitamente…).
Ora l’economia tedesca, conseguentemente, si può così sviluppare e lo fa di nuovo efficacemente da una quindicina d’anni, perché permette all’iniziativa privata della sua popolazione, alleggerita di pesi e tasse, di aumentare l’economia del paese come una qualsiasi famiglia gestita, molto semplicemente, da un buon padre prudente e previdente.
Da questo e non da altro dipende la sua indiscussa e naturale leadership europea, riconosciuta anche dai paesi che stanno da anni alla sua opposizione piuttosto che al suo seguito diligentemente ben emulato.

Cosa ha prodotto questa assurda, suicidaria e immorale politica economica statalista antitedesca?
Da una parte lo sfacelo europeo, il blocco sostanziale per molti decenni di investimenti e il crollo permanante delle attività: i popoli ormai vecchi e, soprattutto, la nuova generazione costretta a vivere al di sotto del livello di vita di quella precedente se ne sono molto accorti da tempo…
E dall’altra parte (lo dice anche Papa Francesco) si è creata una nuova classe dominante di parassiti finanziari (le banche) beneficiari di codeste nuove sorti che, naturalmente, determinano le vite di tutti gli altri a loro esclusivo vantaggio.
Quanto costa, così, il debito pubblico ai paesi europei ogni anno, già in crisi economica devastante con disoccupazione, per esempio, dei giovani a più del 40%?
Questa crisi economica mastodontica è stata, non si deve dimenticarlo, causata principalmente dalla colossale denatalità altrettanto edonistica, quanto sacrilega e miscredente, dei debiti pubblici.
Raffaello Vignali, un deputato ex-presidente della Compagnia delle Opere di Comunione e Liberazione, perfettamente inascoltato come coloro che annunciano inevitabili catastrofi, ha fatto, per l’Italia e il 2014, il calcolo preciso per ogni anno di interessi implacabilmente da pagare per i debiti pubblici: circa 90 miliardi di euro!
Va da sé che non se ne parla mai (i giornalisti non lo fanno sia per ignoranza che per orribile disciplina schiavizzata), ma questa cifra pazzesca è superiore, ad esempio, a 25 volte il cosiddetto investimento disponibile e residuale, sempre annuale, per il lavoro dei giovani (definito comunque il problema sociale europeo più grave).
La stessa cosa, o quasi, succede per i debiti sempre pubblici da parte degli altri paesi europei e, in special modo, da parte della Grecia che altro non è che una piccola economia con quasi senza alcuna vera industria e prevalentemente fondata – se è possibile dire – su turismo e pesca: il paese, piccolo quanto il Belgio in cui vivo (con i suoi 10 milioni di abitanti), è stato paragonato, dal punto di vista economico, a quello di sole due provincie del Veneto…
Ebbene ad un siffatto paese, non solo l’Europa della cattivissmima e austera Germania ha dato il permesso di entrare nell’UE (con un bilancio statale permissivo coscientemente e sapientemente falso), ma ha prestato a non meno di 6, diconsi sei riprese, per un totale ben superiore a 300 miliardi (un terzo del gigantesco debito pubblico italiano!): attualmente bisogna ancora dargliene più di 86… per cercar di salvarla dal fallimento totale.
Domanda retorica per il popolo, per esempio, italiano (ma anche, va da sé, degli altri paesi) e per i suoi politici completamente irresponsabili ed ignari: ma chi paga?
Si capisce dunque veramente quella che i dissennati intellettuali europei definiscono come “austerità tedesca e nordica” la quale ha alla fin fine deciso di dire no ad altri debiti. Anche se i tedeschi finiscono o finiranno, contro tutti, per cedere ancora: quantomeno col 3% di Maastricht. Prima di decidere, bisognerebbe però essere ben coscienti, ancor più che a conoscenza, dell’entità del costo e (retoricamente) di chi pagherà!
Quasi tremila anni fa, i greci avevano stigmatizzato come “barbari” tutti i popoli non democratici e non centrati su Atene. Ora lo sono diventati inequivocabilmente, globalmente e reiteratamente loro stessi.
E la civiltà è ora impersonificata, almeno parzialmente ma costantemente, dalla Germania che è quasi l’unica, pure se in modo fatalmente reticente, per una reale e veramente moderna Europa come è stata concepita dai tre grandi cattolici continentali: Adenauer, Schuman e De Gasperi. Definiti giustamente padri dell’Europa Unita.

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