L’aggettivo « dogmatico » è insopportabile per progressisti e modernisti, al punto che è quasi sparito. Eppure, ci sono molti concetti (filosofici e teologici) di cui non si possono assolutamente dimostrare gli assunti : questi sono dunque “dogmi”. Rinunciare allora al termine per una scelta ideologica, fatalmente “bonsai”?

Lo scopo primo dell’esistenza è innanzitutto la conoscenza. Le parole servono a definirne le realtà di cui la vita è fatta: le culture sono costituite da parole di cui non si può fare a meno
La tendenza liberale, liberista e libertaria è generale nella cultura detta moderna: in realtà essa è fondamentalmente modernista, cioè riduzionista e semplificatrice, reputata concreta e ridotta alla materialità sedicente tangibile della tecnoscienza. Tutto ciò che sopravvanza a siffatto concretismo diventa, nel giudizio contemporaneo, “dogmatico”. La trascendenza, ben reale, è dunque finita per appartenere anche erroneamente a questa categoria per cui si è coltivato, nel tempo, il massimo disprezzo. Detta cultura, nei nostri giorni già dominante nel nichilismo individualista, è quella di liberarsi da questa dimensione con la nozione dogmatica. È la cultura progressista corrente che definisce continuamente con la denominazione di “oscurantismo” la nozione vuota e soprattutto ignorante di “Medio evo” aggettivato ovviamente col dogmatico. Ma, è noto, tutta la ricchezza del Rinascimento è solo il risultato di secoli della grande civiltà “fondante” medievale propria al monachesimo. Il quale aveva veramente costruito anche una grande cultura viva, oggi molto sottovalutata, sia civile e tecnica che artistica. I monaci, in effetti, erano anche i soli grandi viaggiatori dell’epoca in tutta Europa. Essi si scambiavano, nella loro fitta rete di meravigliosi monasteri e centri produttivi di socialità, oltreché l’Eucarestia propria all’unità ecclesiale, le innovazioni tecnologiche e gli elementi di base dell’immensa cultura classica, religiosa e multiculturale.
È dunque l’avversione alla cultura reputata “dogmatica” e teocentrica – in sovrappiù diventata radicalmente ideologica con i suoi principi ateisti – ad aver creato le attuali opposizioni (infondate) a questo aggettivo cruciale. Si tratta della cultura artificialmente e sommariamente costruita come contraria al “dogmatismo” metafisico. È la cultura piuttosto libertina, sottesa all’odio primitivo, aprioristicamente ingiustificato contro ciò che si crede, sempre più, essere dogmatico…
In realtà, questa era la perdita progressiva del significante originale della parola tanto detestata, dai secoli in cui si è iniziato a celebrare il detto “umanesimo”. Il quale, dopo aver tagliato corto le radici storiche, come si fa con i “bonsai”, pure con molta cura per ridurre al massimo le dimensioni degli alberi. Tutto ciò non ha fatto altro che preparare l’attuale crisi antropologica ed anche economica: esplosa nella nostra era a causa di ragioni molto incatenate e conseguenti.

L’attuale postmoderno, come inizio della coscienza del fenomeno illusorio dell’indipendenza dell’uomo di fronte alla Trinità. Il quale ha richiesto anche un mezzo millennio per presentarsi
Cosa è successo nel mondo di così radicalmente deviante? In corrispondenza dell’epoca all’alba del sedicesimo secolo, quella della scoperta dell’America (1492), senza nemmeno saperlo (come abbastanza abitualmente nella ricerca esclusivamente umana: ci si ricordi degli Indiani d’America!), si è cominciato a entrare nell’era dell’antropocentrismo. L’época in cui si è iniziato a poter dimenticare progressivamente che l’uomo non si è fatto da solo: un giorno, ogni uomo nasce e, in un altro, implacabilmente muore, senza alcun intervento da parte sua! Almeno qui sulla Terra.
Ma si è pure cominciato a dimenticare insieme molte altre cose d’importanza essenziale. Illusoriamente, l’uomo ha in effetti iniziato a pensare che si era totalemente autonomi da Dio.
Il quale invece ci aveva creati nella continua sorpresa strabiliante di ogni genitore pensante a cui era successo di generare. Questo stesso Dio, considerato dopo da parte di Nietzsche, nella seconda parte del diciannovesimo secolo, anche morto, aveva già fatto tutto. Almeno emblematicamente in quasi tre soli anni evangelici e, in sovrappiù, con la fondazione della sua Chiesa, per la Salvezza eterna.
Che comincia a svolgersi qui in questo mondo, in modo decisivo e totalmente dipendente per la libertà umana. Sarebbe stato necessario mezzo millennio per cominciare a entrare anche nell’era successiva, la nostra. In cui si cominia a verificare chiaramente, nella nostra epoca postmoderna, l’illusione anche materiale di questa tragica sedicente “indipendenza” dalla Trinità e dal suo Piano salvifico. Le chimere dell’ateismo e dell’agnosticismo che la filosofia storica detta “Illuminismo” e la terrificante rivoluzione francese, con in seguito gli orrori inimmaginabili dell’inumano olocausto e dell’attuale mostruosa denatalità nella massificazione, hanno cominciato il loro inevitabile crollo (sebbene appena iniziale). Nel fallimento totale della loro teleologia infernale che si manifesta sempre più nell’assurdo.

La storia dell’innaffiatore ben innnaffiato si applica anche a tutti questi ultimi secoli di seguaci dell’odio contro il dogma, constatato ancora in modo minoritario come metafisicamente onesto.
Il grande direttore e prestigioso conferenziere della Dottrina Sociale della Chiesa, Stefano Fontana, osserva nel suo ultimo libro in italiano, pubblicato nel 2018 da Fede & Cultura, il paradosso attuale del pensiero contemporaneo. Questo, opponendosi violentemente al ”dogma”, non si accorge di seguire e celebrare una filosofia che è in realtà essa stessa veramente… dogmatica!
A dire il vero, questa acuta osservazione, egli l’attribuisce esplicitamente all’autore, al supremo teologo moderno Ratzinger che, prima di diventare Papa, aveva scritto già la sua opera monumentale di sedici volumi, compresa la preziosa considerazione argomentata sul dogmatico.
Siccome la filosofia contemporanea non ha assolutamente dimostrato e convalidato le sue premesse teoretiche – aveva scritto il futuro forse più grande Papa teologo della storia –, essa può solo essere dogmatica. In effetti, il pensiero deve avere come oggetto la conoscenza dell’Essere. E siccome è certo che la filosofia moderna, soprattutto nei nostri giorni, è totalmente eccentrica se non contraria a questo obiettivo, è anche certo che essa sguazza nel dogma dell’“antidogmatismo libertario”!
Si tratta dunque di tutt’altro dalla visione scaturita dalla ricerca della Libertà e della Verità metafisica. Come tutto il pensiero detto moderno, questo ormai noto pensiero unico è in effetti ermeneutico, cioè esclusivamente speculativo, relativista e pieno di logorrea demente.
Ora, sicome l’ermeneutica è finalizzata all’interpretazione e non alla piena conoscenza, essa ha scelto il contrario della metafisica che parte invece sistematicamente dalle conoscenze ontologiche, cioè naturali, e non dalle nozioni dette evolutive e superficialmente in divenire del mondo.                                                                                                                                                          Ma questa filosofia perversa si vanta di disporre di una moltitudine di ipotesi piuttosto che di una vera verità. E il fatto che la metafisica sia stato il primo obiettivo da distruggere, da parte del materialismo marxista ben fallito anche storicamente, non disturba minimamente tutti i relativisti e riduzionisti nel nichilismo moderno. Ignoranti “come capre”, così come se ne parla persino alla televisione.

Il dogma per il più grande educatore del secolo ventesimo al mondo, pieno di intelligente e coltissima cultura dell’obbedienza salutare, che preserva sempre nella massima libertà
Mi ricordo sempre di una breve conversazione che don Giussani teneva volentieri mentre, tra le innumerevoli altre, a Varigotti nel ’63-’64, si saliva verso la chiesetta di san Lorenzo. L’avevo interpellato anch’io – in modo allora molto ingenuo, avevo un po’ più di diciotto anni – sul “problema del dogma”: la sua risposta, mentre ci arrampicavamo sul sentiero che ora porta il suo nome, fu fulminante e tipica della sua grande fede anche ecclesiale. “Il dogma viene proclamato dalla Chiesa – diceva ansimando per la fatica di camminare, con la sua voce già polmonare, roca e malata, ma indimenticabile di passione – per tranciare su un tema altrimenti indimostrabile. Per amore verso i fedeli che devono essere sottratti ai falsi e sterili dibattiti”. Oggi mi avrebbe precisato, ne sono certo, con l’aggiunta dell’aggettivo “ermeneutici” ai “falsi e sterili dibattiti”!

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