I giovani non si pongono quasi mai l’obiettivo di diventare imprenditori. Eppure è ciò che dovrebbero prima di tutto e sempre fare.

Il grado di perversione, di corruzione e di manipolazione della gioventù, non solamente comtemporanea, è indicato dal fatto che essa non pensa generalmente a intraprendere e fondare una nuova attività. Durante la ventina di anni passati a scuola dalle elementari ai master universitari l’idea di creare una impresa non è stata loro praticamente mai suggerita dal sistema d’insegnamento e dai professori che, quasi in totalità, concepiscono il lavoro come naturalmente subordinato, se non proprio statalizzato.
E non è raro che la globalità dell’insegnamento non favorisca anche una visione detta «anticapitalista».
Se c’è una categoria sociale che è sicuramente e sempre a fianco delle rivendicazioni anarco-sindacaliste che defilano nelle strade e piazze europee, questa è masochisticamente quella degli studenti.
Per esempio, erano in prima fila in Francia negli scioperi e nelle manifestazioni sindacali che domandavano l’assurda diminuzioneda 62 a 60 anni (!) dell’età pensionabile. Mentre la tendenza è piuttosto di necessariamente aumentarla in tutti i paesi europei anche al di là dei 68 anni.
L’evidenza dei debiti statalisti mostruosi – che bloccano ogni investimento – e delle dichiarazioni dei politici stessi (che mentono, si sa, come dei cavatori di denti soprattutto sui cosiddetti vantaggi sociali), non li riporta assolutamente a un minimo di razionalià o di buon senso. Naturalmente bisogna parlare qui non dei giovani, che nella fattispecie sono vittime, ma dei senior e delle loro organizzazioni politico-sindacali che, da una cinquantina d’anni, hanno sostenuto e preteso istanze statali che hanno prodotto i debiti pubblici attualmente insostenibili. Da cui la disoccupazione di cui soffrono più della metà dei giovani (e con quasi tutti gli altri con occupazioni precarizzate). Non è un caso se l’età reale media dei pensionati e prepensionati in Europa è di 56 anni e qualche mese. Così tutti questi inattivi a gogo sono a spese degli Stati – preventivamente contribuiti per non più che il 15-20% del loro costo globale ! e, dunque, all’origine delle tasse iperboliche che i lavoratori attivi residuali devono pagare.

 Il fatto di ritrovarsi senza lavoro o con lavori precari (il numero di nuove imprese è, in sovrappiù, immensamente inferiore a quello dei fallimenti e delle chiusure volontarie) dovrebbe indurre, già da solo, ad un assalto verso la creazione di numerose attività moderne e competitive. La cosa succede ma in una misura minima. In effetti la perdita delle centinaia di migliaia di imprese, solo nei sette ultimi anni, dev’essere considerata anche positivamente dalla gioventù, visto che queste non sono state in grado di far fronte agli imperativi attuali imposti dalla crisi economica (che li ha definitivamente spazzati via).
Ma c’è anche una ragione obiettiva, molto profonda, per la quale bisogna creare nuove imprese: anche sul piano soggettivo. Chi può assicurare che il fatto di diventare imprenditore non sia la vocazione fondamentale di un giovane studente?Il problema del carisma, non se ne parla quasi mai, pone di diventare ciò che si è: in questo caso imprenditore. Oppure intraprenditore, secondo il neologismo creato dalla coppia Pichot, all’inizio degli anni ’80 in Inghilterra (con anche un best seller, Intrapreneuring). Il giovane può così cominciare la sua carriera d’imprenditore, sotto la pedagogia e la protezione di un imprenditore già affermato: è il caso, questo, della mia agenzia Eurologos che permette di mettere in moto, con una sede nel mondo, una agenzia anche praticamente senza capitali! Un giovane deve innanzitutto verificare se questa vocazione naturale non sia la sua. E ciò al di là dell’eterno falso problema economico (la mancanza cronica di soldi): ogni imprenditore potrebbe testimoniare la stessa difficoltà, mai insormontabile, ai suoi inizi.

Chi può sapere, dunque, se questa vocazione non sia valida senza prima porsene esplicitamente e praticamente la domanda? In ogni caso, anche nel caso negativo dove potrebbe apparire evidente que debba optare per la ricerca di un impiego subordinato, il giovane avrebbe già compiuto una grande esperienza vitale e culturale contro l’ideologia che il potere nichilista inculca alla gioventù, da più di una cinquantina d’anni: quella infondata e largamente dimostrata dell’anticapitalismo, anche soft, pregiudiziale e masochista. Ce lo si ricordi, bisogna sempre rispondere all’obbligo ontologico, vale a dire naturale, di addizionare valore personale, anche come lavoratore subordinato.
Quella che si aggiunge alla Creazione che si è scoperta già quando si era bambini.

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