Alla lotta contro lo Stato statalista, vinta nelle elezioni democratiche, i sindacati e i partiti, piuttosto socialisti, hanno scatenato la loro lotta di classe eterna e obsoleta di piazza.

Devo ritornare sullo sciopero generale del 6 novembre in quanto il “format” del mio Blog, limitato al più ad una paginetta, non permette di trattare completamente la complessità dei nostri problemi sociali, politici ed escatologici. Dunque 100.000 manifestanti a Bruxelles: ma chi erano? La ripartizione delle tre comunità che conpongono il piccolo Stato belga di quasi 11 milioni di abitanti non era proporzionale alla loro importanza demografica. Prendiamo le cifre del quotidiano francofono più importante, Le Soir, decisamente di sinistra (socialista). La vendita dei biglietti per giungere in treno alla manifestazione a Bruxelles a partire dal nord del paese (i fiamminghi) era un terzo in rapporto ai due terzi dal sud, in Wallonia (i francofoni). Ora, siccome è noto che i fiamminghi costituiscono più del 60% in rapporto ai 40% dei francofoni, compresi quelli di Bruxelles, si ha la conferma indiretta che i nederlandofoni del nord hanno partecipato alla mobilizzazione (molto violenta, con parecchi feriti) solo per un quarto, al più, in rapporto alla grandissima maggioranza degli scioperanti walloni, anche al di sopra del 75%. La terza comunità, la germanofona del Cantone dell’Est (che parlano tedesco), è quantitativamente molto minoritaria con 60.000 habitanti…

Perché questa disparità così importante da 1 a 4-5, tra fiamminghi e walloni? Bisogna sapere che mentre la Fiandra è maggioritariamente e politicamente di destra, la Wallonia è fondalmente di sinistra. Quando sono arrivato a Bruxelles 37 anni fa, ho sùbito avuto la sensazione – soprattutto lavorando come operaio in una impresa della periferia bruxellese fiamminga – che i walloni erano piuttosto assimilabili ai napoletani (grandi parlatori e poco lavoratori) ; i fiamminghi, a loro volta, rassomigliavano molto ai bergamaschi (pittosto taciturni e lavoratori alacri). Bisogna ben dire che con l’esperienza, in seguito, ho potuto verificare che quasi tutti i meridionali italiani qui immigrati erano diventati, lontani dal loro ambiente originario, lavoratori solleciti e cittadini molto integri e modello: a dimostrazione del fatto che i fattori sedicenti di razza esistono solo come elementi di cultura ambientale… Io stesso, nato in Abruzzo sull’Adriatico ma a 8 anni emigrato in famiglia in Lombardia, ho acquisito una visione tipicamente Nordica e iperproduttivamente milanese. Così mi sono subito legato, nella mia impresa belga, a due dei miei primi soci che erano fiamminghi. Da allora, questa prima impressione si è comunque confermata e motivata: al sud i «terroni» come si dice in Alta Italia a proposito degli pseudo colti meridionali e inclini ad essere assistiti dallo Stato ; e al nord gente fiera, maggioritariamente, soprattutto della loro libertà e delle loro forze, come pure dei loro sforzi personali.

Tutto il dibattito tra queste due comunità, in Belgio dette linguistiche, potrebbe essere situato tra siffatte due polarità culturali e politiche. E si capisce come siano i Fiamminghi a voler separarsi «da questi parassiti walloni del sud», per utilizzare una formula stereotipata così popolare in Fiandra. I Walloni e tutti francofoni invece sono per mantenere l’unità del paese così vantaggiosa per loro.
Il dialogo tra i napoletani e bergamachi del Mare del Nord si ferma a questo punto. In effetti, mentre il governo federale, vale a dire nazionale, è diventato di destra con un primo ministro piuttosto liberale (molto contrastato dai partiti francofoni “de sinistra”), i due governi regionali (di Bruxelles e della Wallonia) rimangono di sinistra: l’ex primo ministro Di Rupo è stato defenestrato. Nella stessa settimana in cui è stato presentato il programma di destra del governo federale, i sindacati hanno annunciato la loro fitta agenda di scioperi generali, regionali e locali. La grande lotta di classe contro il governo contrario a continuare con lo Stato statalista si è così scatenata nelle imprese e, soprattutto, nelle piazza (legale ma nn legittima).
Come giudicare sul piano, sempre decisivo, della cultura e dell’escatologia, cioè sul piano salvifico eterno (che comincia qui su terra), tutti questi elementi fattuali che caratterizzano queste comunità?
Siccome la pagina scelta del mio “format” è già ben piena, mi limito al primo criterio valutativo: quello della libertà e della verità (sempre tra loro legate). I popoli del nord, compresi gli anglofoni dell’Australia, sono più liberi e vicini alla verità : è per questo che la direzione verso il loro destino è da privilegiare. Così, allo stesso modo in cui l’ho citato sul frontespizio del mio primo libro sulla politica del 1994, riprendendo una frase del grande costituzionalista Gianfranco Miglio, «Solo coloro che vivono di attività esclusivamente dipendenti dai mercati (anche se sono statali) sono veramente liberi ».

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