Il “pastoralismo”, ultima malattia di una certa parte dei movimenti nella Chiesa cattolica descritta dal direttore della DSC, in un articolo del gennaio scorso sulla Bussola quotidiana, riassunta in dieci punti molto sintetici da Amato, uno dei leader italiani anti Gender di primissimo piano. Una malattia del cattopietismo ormai cronica malgrado il patrimonio ultramillenario della sapienza cristiana.

Questi dieci punti tratti dall’articolo di Stefano Fontana direttore della DSC (Dottrina Sociale della Chiesa), del gennaio scorso sulla Bussola quotidiana, sono stati appena sintetizzati e pubblicati nel sito  www.CulturaCattolica.it  da Gianfranco Amato. Eccoli qui sotto riportati.

“1-  Il pastoralismo ha fatto dire a tanti vescovi e sacerdoti che le manifestazioni di piazza rompono il dialogo e non costruiscono.
2 – Il pastoralismo ha fatto pensare a molti che non bisogna più intervenire sulle leggi, ma solo sulle coscienze delle persone.
3 – Il pastoralismo ha fatto pensare che la Chiesa debba solo formare – chissà poi chi, dove e come –, per lasciare, poi, che ognuno possa entrare nella pubblica piazza con la propria coscienza.
4 – Il pastoralismo ha fatto ritenere a tanti preti che la Chiesa non debba dire mai di no, ma piuttosto accompagnare tutti e sempre.
5 – Il pastoralismo ha fatto credere che una presa di posizione contro l’omosessualità toglierebbe spazio alla pastorale delle situazioni di frontiera, tra cui quella delle persone con tendenze omosessuali.
6 – Il pastorialismo ha fatto ritenere che scendendo sul terreno delle leggi civili la fede cattolica diventi ideologia.
7 – Il pastoralismo ha impedito a tante comunità cattoliche di trattare certi temi, perché troppo carichi di valenze politiche e quindi potenzialmente divisivi.
8 – Il pastoralismo ha indirizzato tante Diocesi a trattare certi temi, ma con l’intervento di tutte le opinioni in campo e senza prendere posizione.
9 – Il pastoralismo, col pretesto di non precludere la via dell’azione pastorale, ha bloccato ogni azione, rendendo, di fatto, la Chiesa molto pastorale, ma per questo afasica e aprassica.
10 -Il pastoralismo ha fatto credere che non solo noi, ma anche Dio debba astenersi dal giudicare le situazioni e i comportamenti, perché giudicando impedirebbe l’incontro pastorale con tutti. Al punto che nemmeno una legge si può giudicare, perché in questo caso la fede diventerebbe dottrina imposta e impedirebbe la pastorale: giudicata male una legge, ti tagli i rapporti con coloro che invece in quella legge credono. Ma in questo modo si evidenzia in maniera inequivocabile che «il pastoralismo è senza verità, perché senza giudizio non c’è più verità”.

Questi punti riassumono velocemente anche le ragioni della sconfitta dei cattolici nella vita laicista europea  dell’almeno ultimo mezzo secolo.

L’analisi qui sopra descritta riguarda anche il fenomeno dell’autolaicismo, giust’appunto, di cui una buona parte della Chiesa si è resa responsabile soprattutto negli ultimi decenni. In modo anche insperato dai laicisti increduli stessi che professano l’idea pratica secondo cui il cristianesimo deve essere eliminato dallo spazio della vita pubblica di tutti i paesi. I cristiani devono solo ridursi – secondo questa opinione dei partiti politici e organizzazioni che sostengono la secolarizzazione ora alla base del “politically correct” – nella dimensione privata o intima. In breve, nelle fatidiche sagrestie ancora possibili. Questa concezione da parte dei cristiani è non solamente teologicamente erronea ma scaturisce da una vera e propria apostasia. La quale pretende che il mondo stesso e la concezione politica immanente devono essere non solamente separate e rese estranee da quella religiosa, ma devono dominarla nei fatti fino all’eliminazione completa della vita spirituale e salvifica. Il risultato è – meglio dire, sarebbe – un universo senza Dio alla base di quasi tutta la propaganda della nostra “società dello spettacolo e dello spettacolo della società” di cui parlavano i situazionisti francesi all’inizio degli anni ’60. Oppure, che una umanità cristiana progressivamente minoritaria (sempre nei progetti dei materialisti ateisti o agnostici) tolleri provvisoriamente un mondo dove Dio sia messo all’ostracismo dalla vita pubblica e politica. Tutta la civiltà occidentale, fondamentalmente cristiana, sarebbe così destinata ad essere tolta di mezzo attraverso il pensiero unico e liquido di questa visione falsamente totalizzante e irreligiosa, oltre che relativista. E, congiuntamente,  avanzata anche dalla pseudo ideologia del pastoralismo.

Dove si situa dunque l’errore autolaicista del pastoralismo? Più che aggiungere un undicesimo punto alla lista riportata, esiste già la presentazione tutta pronta e molto chiara! Gesù, nella sua spiegazione evangelica dove faceva la distinzione di “tutto quello che deve essere dato a Cesare in rapporto a tutto quello che deve essere dato a Dio, ha affermato il principio laico, anzi ha introdotto nella civiltà il nuovo e inedito principio laico (non laicista!) della distinzione delle due dimensioni. Ma nei quattro Vangeli, negli Atti degli Apostoli, nell’Apocalisse, in tutto l’Antico Testamento e, ormai, nell’immensa Tradizione ecclesiale plurimillenaria, è sempre stata priorizzata la dimensione dello spirito in rapporto alle scelte politiche e fattuali. Che ci si ricordi dell’episodio nel quale sant’Ambrogio, vescovo di Milano più di millecincuecento anni fa, ha scacciato, messo letteralmente fuori della grande porta della sua cattedrale, l’imperatore che voleva prevalere sul suo potere religioso. Il quale, peraltro, non apparteneva per nulla al prestigioso primate: così come non appartiene ad alcun servitore di Dio. Non può esistere una politica razionale al vero servizio dell’uomo se essa non è dipendente dai principi morali e naturali che fondano la civiltà europea, quindi universale.

E nel nostro tempo di democrazie, come si regola il rapporto tra questi due poteri che il Cristo stesso ha definito distinguendondoli nella storia? Soprattutto nella nostra epoca dove i cristiani sono, ormai, nettamente e apparentemente minoritari? Laddove si fosse già in questi termini e dopo la lotta politica rimasta eventualmente infruttuosa (in minoranza), si va all’opposizione – si deve andare all’opposizione! – del potere parlamentare con tutta la propria fiera ed efficace libertà. Questa è della vera testimonianza! E non si fa finta che tutto fili liscio (o quasi), cercando di ritagliarsi un miserabile e irreligioso piccolo spazio subordinato alla feroce legge dello statalismo!
La lotta al cancro mortifero principale della nostra era, lo statalismo per di più sostanzialmente dittatoriale, non è solamente economica. Essa è soprattutto autenticamente globale e totalizzante: religiosa. Nessuna contiguità, dunque, con il potere secolare che merita solo di essere smascherato e attaccato senza alcuna concessione. Sempre. Perché ciò possa essere realizzato, bisogna in ogni caso disporre della coscienza (altro che false sussidiarietà!) che lo statalismo è il più grave errore e peccato sacrilego del nostro tempo. Senza poterlo prima eliminare, non c’è salvezza pubblica. E non sarà certo lo spiritualismo ad assicurarla unitamente a quella dubbiosamente personale!

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