Dieci stralci da una conversazione d’Aquiles Delle Vigne su Franz Liszt.

“…Liszt, grande genio e inventore di tutto ciò da cui altri hanno raccolto il successo”. Questa frase di Proust a Gautier-Vignal si potrebbe dire che riassuma il mio personale giudizio su Liszt.

Oserei anzi parlare di influenza “sociologica”, se si considera che Liszt contribuì a creare un nuovo modello d’artista.

Liszt risulta essere un personaggio unico nel XIX secolo, un umanista a suo agio in forme estetiche e padrone di quelle qualità universali che a mio avviso lo rendono paragonabile ai più grandi artisti del Rinascimento italiano e a personalità poliedriche come Leonardo da Vinci.

Oltre ad essere stato il più grande interprete del suo tempo, Liszt ha rappresentato l’essenza di tutto ciò che è stato da allora chiamato lo “stile pianistico”.

Malgrado la grande ricchezza del suo talento così personale e i suoi eccezionali successi, Liszt appare, a mio avviso, come il personaggio più isolato del suo tempo.

È doveroso segnalare che Liszt fece degli ideali cristiani di San Francesco una regola di vita e, addirittura, aspirò ad essere francescano lui stesso.

Egli stimava che il tutto fosse il risultato di una perfetta armonia tra il Creatore supremo e il creatore terreno, dove quest’ultimo perfeziona e proietta l’Opera eterna.

La sua opera coincise con la creazione di un nuovo stato psicologico della musica. Le nuove combinazioni armoniche e le nuove forme unitarie, come la “Sonata”, il “Poema sinfonico”, gli “Anni di pellegrinaggio”, i “Canti poetici e religiosi”, la “Sinfonia di Faust” e la “Messa”, non sono grandi solo per sé stessi, ma rappresentano soprattutto il punto d’arrivo di un profondo processo psicologico.

La maggior parte dei grandi pianisti non fu in grado di capire lo stile di Liszt e la grandiosità di quel pensiero che si elevò di gran lunga al di sopra delle influenze decadenti del periodo; e da ciò derivò la modesta considerazione attribuitagli dai suoi successori.

La sonata “Dopo una lettura di Dante” rivela l’unicità di Liszt ed evidenzia la figura del Creatore che esorta il suo interprete ad oltrepassare i limiti di resistenza fisica e spirituale. È la storia del pellegrinaggio umano attraverso i martìri e le punizioni inflitti da Dio alle sue creature per ritrovare il Paradiso perduto.

 

(Traduzione dall’inglese di Stefano Pandin)

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