Una conferenza magistrale di Nonni2.0 a Milano : il solo limite era – necessariamente – la tematizzazione sui suoi rapporti interpersonali e non pubblici. Cosa da fare presto.

Avrei voluto essere presente alla conferenza “La Gratitudine” a Milano organizzata dai NONNI2.0- Famiglia e Società, ma impegni di lavoro e di famiglia mi hanno trattenuto a Bruxelles. Ho potuto in ogni caso seguire tutta la conferenza, condotta magnificamente da Peppino Zola, vice presidente dell’associazione (alla quale partecipo), sul sito – bisogna che lo dica – molto intelligente www.nonniduepuntozero.eu . Lo speech, più che interessante e colto, pure geniale, è stato tenuto dal valente professore di psicologia sociale all’Università Cattolica, Camillo Regalia.
Tema cruciale soprattutto per la nostra società e per ogni famiglia occidentale il quale sottende in modo determinante ai rapporti sociali e interpersonali, sebbene se ne parli molto poco. E questo malgrado che già Cicerone (“La gratitudine, madre di tutte le virtù”, aveva scritto), san Tommaso e Seneca ne avessero approfondito gli aspetti fondamentali.
L’oratore ha indicato subito l’immagine molto conosciuta del quadro di Botticelli “La Primavera” dove sono dipinte le “Tre Grazie” danzanti tenendosi per mano come metafora visiva della gratitudine: l’una felice di dare, l’altra di ricevere e la terza di restituire. Tutte e tre vestite di veli trasparenti a simbolo della volontà implicita di ridistribuire, anche ad altri e a tutti… Il tutto in una dinamica legata alla reciprocità anche nella mediazione. Dopo lo speaker ha trattato il tema corollario molto implicato e caratterizzante della gratitudine, la gratuità del dono come pure le sue implicazioni psicologiche. Esse fondano questa virtù madre (altrimenti non si avrebbe altro che una semplice restituzione per un prestito contrattualmente stabilito, con interessi…). E questo, mentre è stata giudicata inconsistente l’abbastanza abituale lamentela sull’”ingratitudine” dei figli i quali manifestano la loro riconoscenza, il suo valore relazionale e sociale, spesso su altri piani e in altre occasioni. Del resto, così come anche i genitori e i nonni hanno già fatto, per restituire i doni ricevuti a loro volta nella giovinezza e nella loro vita. In sovrappiù, la gratitudine possiede sempre un’azione di sovrabbondanza e di permanenza nella restituzione che diventa propria alle relazioni umane, quelle che portano al valore supremo anche del perdono: base della pace, dell’amore coniugale anche dell’amore intergenerazionale…
Una conferenza dunque molto ricca e articolata che ha provocato una grande… gratitudine dei partecipanti per l’iniziativa di Nonni2.0. Essa è stata manifestata nelle domande-risposte finali molto seguite. La funzione e il valore educativi dei nonni nella famiglia sono stati pure molto approfonditi,  malgrado l’inevitabile brevità di tutta la conferenza.
Il conduttore della serata, l’avvocato Zola, ha anche introdotto un altro tema  ancora centrale, quello che lega la gratuità della gratitudine con l’intrinseca religiosità che presuppone la coscienza della propria creaturalità: il ringraziamento iniziale e permanente per aver ricevuto la vita stessa!
Si è comunque dovuto chiudere la conferenza, vista l’ora…

Il tema dell’incontro era precisamente “La Gratitudine, chiave di volta dei rappoti  famigliari”: la cosa ha mostrato la necessità di almeno un’altra conferenza sullo stesso tema ma relativo ai “rapporti sociali e pubblici”. Si erano già più che sfiorate implicazioni sociali durante la discussione finale dove si è considerato che “c’è disgregazione sociale se la catena della gratitudine dare-ricevere-restituire può interrompersi”.
Oppure quando si è fatto allusione alla rottura di questa catena provocata, nel periodo sessantottino e dopo, da parte dei giovani (e meno giovani) in rapporto al padre e, inevitabilmente, al Padre Onnipotente. Il tema è inaggirabile anche e soprattutto oggi. Altrimenti si rischia, in sovrappiù, di essere accusati di intimismo spiritualista e psicologista.
In realtà, la generazione dei nonni – la nostra – è quella che, all’inizio degli anni ’60, ha cominciato ad accumulare progressivamente debiti pubblici che in cinquant’anni sono diventati giganteschi, tutti messi sul gobbone dei giovani di questa epoca di ribellione. I debiti statali, infatti, non sono mai stati rimborsati. Essi continuano ad accumularsi ancora oggi, e continueranno ad aumentare: nessuno è in grado di prevedere quando potranno fermarsi. Al contrario, si desidera generalmente che aumentino (contro la cosiddetta ”austera  Europa tedesca”).
La ragione di questi debiti è molto semplice. I diversi governi dell’Occidente, soprattutto europeo, hanno dovuto cedere alla richiesta pressante e continua di questa era, da un mezzo secolo, che pretende vivere in modo scervellato al di sopra dei propri mezzi: sono i popoli che hanno trovato lo statalismo perfettamente adatto a rincorrere i sogni del loro edonismo (anche clochard). A parte l’immoralità ancora flagrante di questo crimine sociale, la gravità inaudita di questa pratica non meno che delinquenziale, con l’intermediazione dello Stato naturalmente statalista come non si è mai verificato nella storia, consiste nel fatto che non è per niente gratuita: essa costa attualmente, per esempio per l’Italia, non meno di 90 miliardi di euro d’interessi all’anno: debito e conseguenze oceaniche!
Ora succede, per avere una idea delle proporzioni economiche della devastazione prodotta, che quando il governo parla oggi dei suoi “investimenti” per il problema ritenuto più importante in Europa (prima dell’invasione degli immigrati), vale a dire la disoccupazione dei giovani vicina al 50% (per non parlare dei precarizzati), il budget “disponibile” non supera mai tra il venticinquesimo e il ventesimo di questo importo incredibile che lo Stato detto Provvidenza paga attualmente. Nascondendolo accuratamente!
La crisi economica, soprattutto nei paesi meridionali dell’Europa (ma anche nella “liberale” Gran Bretagna, in Belgio, in Francia…), è provocata dal brutto tiro piuttosto mancino e criminale della generazione attuale dei nonni e (ormai, anche dei figli più che adulti), che dovrebbe apparentemente scaricarli di ogni responsabilità.
Ma, lo si sa, in democrazia la responsabilità politica rimane sempre, giustamente e intrinsecamente, sulle spalle dei popoli: sono loro che votano i loro partiti e loro politici!
Come potrebbero nutrire i giovani, in queste condizioni, sentimenti di vera gratitudine in rapporto ai genitori e i nonni?
I grandi “vantaggi” globalmente economici (che attirano in Europa popoli del mondo intero) non sono per loro sufficienti. E li lasciano in ogni caso con la bocca amara, molto amara. Tanto più che la visione culturale che vorrebbe “giustificarli” è immorale e insostenibile.

Siccome il compito fondamentale di un movimento di nonni è l’educazione delle generazioni seguenti, ci si chiede cosa fare, primo per avere coscienza di questa situazione aberrante; e secondo, ci si domanda soprattutto intorno al che fare per cominciare a rimediarci.
La famiglia altro non è che la prima cellula della società!

Laisser un commentaire