Gli statalisti dei paesi europei non dispongono ancora di una analisi precisa e completa delle cause dell’attuale colossale crisi economica. Di questa però, sono già chiaramente conosciute le origini da almeno una decina d’anni. Attualmente sono state scoperte perfino dagli ex malthusiani anglofoni. Così in Europa le false soluzioni disastrose sono ancora di attualità.

La Francia e il Belgio si ritrovano nel pieno delle lotte sociali, anche violente con scioperi multipli e manifestazioni in piazza assolutamente non pacifiche: le prospettive sono molto pessimiste, malgrado la lunga pausa ludico-sportiva estiva. I sindacati, non solo francofoni e di ogni altro paese del Vecchio Continente, sono decisi a continuare o intraprendere agitazioni, con mobilitazioni generali molto radicali, in tutti i settori. Le situazioni economiche e culturali dei paesi europei, ben che abbastanza diverse oppure, a volte, anche economicamente molto differenti, sono di una gravità senza precedenti, già dagli ultimi decenni.
Ci troviamo nel burrone economico-finanziario, stiamo andando a gran velocità verso la tragedia e nessuno fa niente. Prepariamo il più grande disastro economico e sociale della storia moderna, anche superiore a quello della Grande Depressione…”. Chi ha fatto queste dichiarazioni? Si tratta forse di un abituale catastrofista detto populista che regolarmente lancia annunci denominati allarmistici (spesso giustificati)? No di certo. Si ha a che fare con di un semplice e banale economista statalista ben conosciuto e curiosamente molto stimato, Giovanni Passali, che comincia ad aprire il suo primo occhio. E che ha pubblicato queste frasi su un quotidiano cattolico online, Il Sussidiario, il 29 maggio a Milano.

 

Mi sono già occupato, con l’appena necessario disprezzo culturale (non personale), di codesto collettivista molto conformista neo keynesiano, ma fuori tempo, nella mia Lettera aperta a Comunione e Liberazione del 12 settembre 2015, al capitoletto n° 8 del mio Blog http://www.francamente2.com/it/2015/09/lettera-aperta-a-comunione-e-liberazione-una-critica-radicale-quindi-amorosa-ai-movimenti-cattolici-intimisti-psicologisti-e-spiritualisti-soprattutto-al-movimento-cui-appartengo-comunion-2/.
Si è forse pentito delle sue idee devastatrici intorno al sempre meno eterno Stato provvidenza?
Siamo molto lontani dalla cosa! La lettura del suo articolo porta solo alla pseudo soluzione tardiva, molto e troppo tardiva oltre che impraticabile più ancora che ormai  dannosa, della mitica uscita dall’euro. Per fare cosa, in sovrappiù? Evidentemente per praticare – secondo il credo statalista – le spesso cinicamente avanzate svalutazioni per produrre una falsa competitività internazionale tattica, e molta inflazione a due cifre. E questo, pure allo scopo di ridurre frodulosamente il debito pubblico: il “solo e unico metodo”, di cui parlano ultimamente gli innumerevoli falsi esperti economisti (in realtà molto politichini settoriali, pure alquanto ignoranti per eccesso di scibile indifferenziato!), per ridurre con il trucco, sempre a spese del popolo e parecchio pesantemente, l’indebitamento stratosferico degli Stati. Essi sono molto coscienti e sanno che il debito pubblico non è stato e non sarà mai – non potrà essere – rimborsato. Questo continuerà ad essere pagato nei fatti dalle generazioni attuali (via la spaventosa depressione) e, soprattutto, dalle future generazioni (come rapina gigantesca anche antidemocratica). Salvo, va da sé, pagare cash ogni anno, da parte di tutti i cittadini attuali e futuri, via la tassazione giunta alle stelle, incredibili interessi oceanici. Di cui quasi nessuno… parla!

 

Nessuna analisi completa appare così sulle cause di questa crisi storica. Anche la ragione dell’adesione all’euro è falsificata: non si parla quasi mai dello scambio largamente sfavorevole tra le due monete: la frode della nuova sulla precedente, così sostituita, è stata di circa la metà a vantaggio di certi paesi storicamente più forti… In questo modo: la denatalità che ha ridotto di quasi la metà la domanda interna dei paesi occidentali; il licenziamento nemmeno all’ordine del giorno, di parecchi milioni di funzionari eccedenti in Europa (non meno di 5-6 milioni, obiettivamente parassiti da molti decenni); la volontà di un edonismo alquanto pezzente maggioritariamente diffuso ben al di sopra, in sovrappiù, dei mezzi disponibili (!); la generalizzazione di ogni desiderio, anche minimo e raro, assurto a  “diritto sociale da legiferare subito”; e la determinazione laicista a secolarizzare tutto anche in modo amorale, inumano e completamente irreligioso per disarticolare la famiglia e la Persona stessa (l’io debole dell’uomo metropolitano postmoderno): tutte queste istanze sono sempre considerate tabù oppure sistematicamente attuate come naturali da tutti gli statalisti. E questo secondo la clamorosa stupidità secolare evocata nel primo di questi cinque punti: la denatalità. I malthusiani, ora sempre molto maggioritari nel mondo, dichiaravano razionalisticamente che la Terra non era in grado nemmeno di nutrire la popolazione della fine del diciottesimo secolo. Mentre essa era solo un quinto dell’attuale. E mentre che, nel 2015, la produzione mondiale di cibo è stata più che doppia della necessaria (infelicemente ancora mal distribuita…).

 

Cosa porta dunque i sindacati a scatenare ora una ondata di lotte sociali così spiazzate e antagoniste con la situazione culturale ed economica chiaramente e progressivamente catastrofica da decenni?
A dire il vero nulla.  In relazione al mezzo secolo molto statalista appena passato, che ha spinto l’Europa non solamente al bordo ma all’interno ben profondo dell’abisso, nulla è cambiato. La politica massimalista e elettoralista del corporatismo più estremista, che ha portato moltissimi paesi d’Europa a far anche indebitare mostruosamente i loro Stati fino al punto di non ritorno, di non rimborsabilità permanente, è attualmente sempre la stessa. Per soddisfare una ex classe operaia e una nuova “classe” generale di lavoratori subordinati diventati una agglomerazione infernale piccolo borhese che esige rivendicazioni infinite, le loro organizzazioni sindacali e politiche continuano nelle lotte in un clima di ricatto sociale permanente. Questi nuovi lavoratori hanno generato una incredibile media europea di pensionati, compresi i prepensionati, di 56 anni e qualche mese (!), allo scopo di soddisfare quasi tutti i desideri di un popolo continentale maggioritariamente e progressivamente piuttosto fannullone, depravato e generazionalmente irresponsabile: l’accidia postmoderna! Si può prevedere anche una futura discussione intorno alla diatriba sempre ambivalente sulla possibilità secondo cui sia stato il popolo massificato ad aver indotto alla dissolutezza economica le sue organizzazioni politiche, sindacali e culturali, oppure, molto semplicemente, il processo contrario. È comunque da constatare che i politici, nel tentativo di “compensare” le inevitabili restrizioni economiche (peraltro realizzate molto lentamente, grazie sempre all’indebitamento), devono introdurre falsi vantaggi presentati e accreditati come già popolari in un fuoco d’artificio di falsificazioni demagogiche… I sindacati, a loro volta, nel loro storico declino burocratizzato, hanno prioritariamente tendenza ad installarsi sempre più nelle strutture stataliste e a cercare di rilanciar le lotte sempre più residuali, anche lobotomizzate, dei lavoratori.
In ogni caso la realtà è che tutti gli  organismi rappresentativi – anche i più infimi e indipendentemente dalla loro filosofia – si trovano di fronte alla scelta di doversi posizionare pro o contro, con tutte le implicazioni culturali, lo statalismo: vale a dire il cancro più grave e quasi incurabile del nostro tempo. Esso è fondamentalmente irreligioso. La natura non ammette vuoti: il rifiuto di Dio è sostituito dall’idolo dello Stato assoluto. Anche le organizzazioni religiose, che utilizzano l’espediente classico ad hoc dello spiritualismo intimista, devono rispondere teologicamente al fatto dell’abituale obiezione gigantesca e, soprattutto, cristocentrica per la quale la stessa Trinità ha deciso la sua Incarnazione nella vita e nella storia: il metodo di Dio che si è fatto uomo globalmente e totalmente. Questo avvenimento, questo supremo avvenimento, impedisce in verità di trovare scappatoie pseudo verticali, psicologistiche e privatiste. Esse sono fatalmente autolaiciste e illusoriamente protette sotto l’ombrellone dello statalismo non detto ma reale, “invisibile” ma percepito molto concretamente. Esso assumerebbe, dividendo (fittivamente) le responsabilità denominate per l’occasione pubbliche. Lo Stato lo fa ma al prezzo di diventare sempre più statalista – a suo esclusivo vantaggio e contro l’umanità –, vale a dire dominante sulla Persona e la sua intrinseca libertà. Tutta la crisi antropologica, culturale, economica e, soprattutto, religiosa già completata nella nostra era dipende da questo tragico capovolgimento.

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