Cos’è in fondo una comunità di un movimento cristiano? Il caso di Sant’Egidio e l’intervento molto chiarificatore del cardinale Scola.

In occasione del nostro viaggio a Roma per l’incontro del 7 marzo scorso di Comunione e Liberazione col Papa, io e mia moglie abbiamo visitato la comunità di Sant’Egidio, nella sua chiesa di riferimento a Trastevere. Non una chiesa qualunque ma quella splendida di Santa Maria, situata nella piazza principale del quartiere, sensa dubbio il più popolare e famoso della città eterna. Questa chiesa, la più datata della capitale, risalente all’inizio del II secolo (!), è stata la prima prestigiosa parrocchia romana nella storia. Un vero e proprio monumento pieno di tesori anche della storia dell’arte: ci abbiamo trovato perfino un gran dipinto di san Gerolamo che, malgrado la nostra esperienza professionale – si tratta anche del nostro mestiere! – non conoscevamo. Tra gl’innumerevoli (forse il cristiano Dottore della Chiesa più rappresentato a causa e grazie alla sua prima traduzione della Bibbia in latino nel quarto secolo, la Vulgata) il santo poliglotta e diplomatico aveva anche fondato molti monasteri in Terra Santa…
Ogni sera la comunità di Sant’Egidio si incontra alle 20 e 30 per pregare e cantare con due libri pubblicati dallo stesso movimento: un salterio di oltre 400 pagine e un libro di diverse preghiere dedicate con 150 pagine. Quello che ha colpito in modo particolare me e mia moglie, è stato l’appuntamento fisso della sera, durante il quale 150-200 persone si riuniscono in questo luogo storico per pregare e cantare seguendo un coro magistralmente diretto: per più di un’ora si susseguono salmi più di 3-4 millenni nella versione aggiornata e riordinata dal Concilio Vaticano II stesso.
Pregare e cantare in un tempio, luogo di incontro dei primi cristiani già al tempo perseguitati e non ancora riconosciuti ufficialmente dall’Editto di Costantino (che sarà emanato solo nel secolo successivo), è stata tutt’altra cosa.
E mentre nella tendenza attuale, promossa anche dalle direttive di papa Francesco, i movimenti si devono riconoscere e riunire, almeno operazionalmente, io mi chiedevo quali siano oggi i fattori costitutivi di base affinché una comunità cristiana sia definita come tale.

È proprio su questo stesso tema che il cardinale Scola, arcivescovo di Milano, è intervenuto presso l’Unità Pastorale a Cesano Boscone, nella sua diocesi, appena dopo il grande incontro di Roma. Egli ha dichiarato che una comunità cristiana non può fondarsi che su quattro pilastri. Sintetizzo: a) su una catechesi in continuità con gli insegnamenti degli Apostoli; b) su una vita interna di comunione trinitaria; c) sulla celebrazione centrale dell’eucarestia e la sua preghiera cristocentrica; d) sulla testimonianza, comunitaria e personale, nella missione universale di conversione.
Tutte queste quattro colonne – necessarie, indispensabili e nessuna esclusa – costruiscono la Comunità dei Credenti che produce l’unità primordiale e indissolubile tra la Persona e la Chiesa locale, per l’appunto comunitaria.
È questa relazione che fa fiorire la vera libertà, aggiungeva l’arcivescovo milanese nel suo intervento molto completo e, come d’abitudine, pedagogicamente perfetto.
Cos’altro aggiungere e dire di meglio?
La comunità di Sant’Egidio, sotto questo profilo è apparentemente in regola.

Negli ultimi tempi, gli attacchi persecutori e assassini – come non mai nella storia – contro i cristiani si fanno sempre più tragici, soprattutto da parte dei musulmani detti estremisti, quotidianamente tagliagole senza alcuna moderazione. Ma non meno drammatico è il laicismo liberticida, statalista e apparentemente razionale (in realtà esso è razionalistico), nonché profondemente nichilista nel suo relativismo sempre più folle e violentemente intollerante.
Il dovere di ogni comunità cristiana è di rendersi strutturalmente dotata dei quattro pilastri identificati dal vecchio allievo di don Giussani, l’arcivescovo Scola, rendendosi ben visibile attivamente sulla scena del mondo. Al fine di testimoniare nella splendida chiarezza della verità e nel fervore della propria fede.

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