Il discorso diventato testamento di don Pigi Bernareggi, appena prima della sua gloriosa morte in Dio, permette di ripercorrere almeno le tracce più che sessantenni ed essenziali di storia spirituale: quella anche di don Giussani e del suo Movimento Comunione e Liberazione. Tutto muore qui su Terra per ricordarci l’eterno permanere ecclesiale della Risurrezione.

Segno di una vita autentica è il suo possibile fallimento nell’apparenza. La trascendenza è giunta a offrirne pure due opposti della stessa CL: il primo dei giussaniani fedeli nel ’68, che avevano ragione nella cattolicità, e il secondo in cui gli stessi ma infedeli, hanno torto nell’eresia.
Ho potuto leggere l’ultimo discorso pubblico di Pigi Bernareggi che nel gennaio scorso è morto richiamato al Cielo del suo adottato Brasile. E che la mia generazione, a metà anni ’60, aveva accompagnato quando era partito da Milano missionario per Belo Horizonte. L’ho letto pensando anche ai due fallimenti opposti del Movimento ecclesiale Comunione e Liberazione che don Luigi Giussani, di cui Pigi era stato uno dei primi allievi nel Liceo Berchet milanese, aveva curato per una cinquantina d’anni, giorno dopo giorno. Movimento famoso, questo, che rischiò di sparire non solo nominalmente nel 1968 – quando ancora si denominava Gioventù Studentesca e Giovani Lavoratori  – (dove militavo al Raggio Comasina a Milano). E da cui “quasi tutti sono andati via” ad annunciare una falsa Salvezza tutta politica, come aveva detto all’epoca lo stesso grande fondatore ambrosiano Giussani.  Si tratta di quello stesso Movimento che ancora vive oggi il suo secondo fallimento a partire dal 2005, alla morte di don Giussani. Nel frattempo CL era divenuta presente in una settantina di Paesi nel mondo ma si accingeva a essere protagonista di una svolta teologica eterodossa, agli antipodi della precedente e apparente sconfitta. Tutta la profonda religiosità del Movimento si è, all’epoca, già alquanto e progressivamente evaporata (con estrema rapidità), in una sorta di modernismo progressivo e spiritualista, introverso e pure psicologista. Con solo reminiscenze formali, superficialmente linguistiche e non proprio originali della sua identità imperitura, invece molto religiosa ed ecclesiale…  Come può un Movimento storico come CL aver vissuto così due fallimenti clamorosi – anche se di segno opposto – in relativamente così  breve tempo? Da dove derivano diabolicamente siffatti strategici esiti e quali sono le loro radici dottrinali ed ecclesiologiche?
Cercherò di rispondere – pure qui – a queste domande. Era allora il tempo, anche il mio, in cui ci si poteva permettere di ignorare tutto, per esempio, dell’ignobile accordo di Metz. Da parte del vertice del primo Pontificato di Papa san Giovanni XXIII con l’allora in auge Soviet Supremo: una sorta dell’orrendo attuale “patto” con la Cina comunista, però molto più apparentemente vantaggioso per l’URSS! La posta in gioco era di non parlare nemmeno lontanamente del comunismo all’allora imminente Concilio (il Vaticano II), come problema invece massimo nel mondo e per la Chiesa.

La cristocentricità della vita sensata come chiave interpretativa di ogni esistenza in Verità e sempre vincente, anche nella sua apparentemente disastrata impopolarità.
Che fosse il Gius, come tutti noi suoi seguaci lo chiamavamo affettuosamente, non solo in quanto anima del Movimento rapidamente sviluppatosi anche in tutto il mondo, la personalità più religiosa del pianeta nell’epoca della seconda metà del ventesimo secolo, pochi hanno avuto un  dubbio. Anche i Pontefici, da Papa Montini, successore nel 1962 di san Giovanni XXIII in pieno Concilio, fino a Papa Benedetto XVI dimissionario (!) e ancora ben vivo criticamente dopo otto anni, lo hanno sempre tenuto come un grande maestro profetico della modernità anti-modernista della nostra era. La sua religiosità tipicamente lombarda aveva un che di eterno, di preconciliare e di intemporale strettamente culturale, di avulso dalla storia e dallo storicismo modaiolo, grazie alla sua coltissima co,oscenza con la più profonda analisi della crisi contemporanea e nella Chiesa. E questo, tra le più lucide menti del Cattolicesimo teologico del ventesimo secolo. Nel frattempo, beato Papa Paolo VI, arcivescovo di Milano, era rimasto al comando in quanto Papa dell’ereditato Concilio. In seguito, tanto controverso per le sue molto pregresse tendenze moderniste, irreligiose e infedeli alla Tradizione, il Papa bresciano meditava la sua grandissima enciclica, Humanae Vitae: la più contestata nella storia. Questa l’avrebbe riscattato dalle accuse – paradossalmente messe in luce dalle molte ed emblematiche opposizioni diluviane e radicalissime, anche del Clero più elevato.
A suo dire appena più tardi, egli aveva dichiarato pertinentemente che un doppio “fumo di Satana si era infiltrato perfino all’interno della Chiesa…“. Così lo scontro tra i due movimenti di segno opposto era così fatale e clamoroso. Ma la prevalenza non poteva che arridere alla tendenza della gnosi, storicamente provvisoria anche se di lungo termine (come tutt’ora, mentre scrivo in pieno sviluppo). Nonché ad una antica impreparazione culturale del Cattolicesimo che, dopo una iniziale baldanzosa resistenza al nichilismo esistenziale, ha portato dall’esterno alla quasi liquefazione liquefazione di Gioventù Studentesca e di Giovani Lavoratori. I quali due Movimenti, fondati da Giussani, han dovuto anche far fronte ad un attacco assolutamente micidiale, interno alla Chiesa.

Il tempo è galantuomo e amico del sempre unico valore: quello della Verità incarnata nella storia umana in tutta la sua totalità. Sempre che l’uomo lo voglia riconoscere nella sua inviolabile Libertà.
Facevano infatti la fila, presso le direzioni diocesane, i parroci e i movimenti reazionari e progressisti, tipici dell’Azione Cattolica (GIAC), Gioventù Femminile e universitari FUCI, presso i vescovi per lamentarsi a causa della cosessualità ecclesiale indivisa (ma sempre casta) nel Movimento giussaniano. Come Pure per la loro azione competitiva nei riguardi del reclutamento da parte delle parrocchie e a causa del loro cipiglio autenticamente tradizionalista e non razionalistico di gran successo.
Per cui il vescovo di Milano, Colombo, giunse anche a spedire nel maggio 1965 don Giussani negli Stati Uniti a continuare i suoi studi sul protestantesimo. Quindi ben lontano dal suo Movimento destinato così (alla vigilia del ’68!) a molto indebolirsi fino a possibilmente a sparire… Il nostro prete massimo ambrosiano non esitò un istante ad obbedire, secondo la sua certamente non corrente sottomissione all’Autorità. Allorquando vide che la determinatezza della sua Guida diocesana, malgrado le innumerevoli e intuibili sue personali perplessità, formate di convinzione ben contraria… Il triplo fronte formato dal movimento gnostico miscredente dei partiti di sinistra all’estremo attacco dall’esterno; da quello tradizionalmente reazionario dell’Università Cattolica di Milano (col rettore Lazzati in testa); e dalla dissidenza catto-comunista di molte parrocchie antagoniste o ribelliste già pronte per essere sessantottine antropocentriche, non potevano che avere la meglio su quello cristocentrico, alquanto divenuto astorico e comunque inviso, anche per gelosia, a causa del talento personale di don Giussani. Era il tempo immediatamente successivo al Concilio Vaticano II, in cui il modernismo cavalcava già al massimo per la grande rottura storica nella Chiesa. E in cui i cattolici non abbordavano nemmeno più il problema numero uno al mondo, vale a dire l’ateismo accelerato  più o meno indifferente del marxismo, detto progressista. Di cui era stato fatto l’accordo a Metz (pure segreto), alla vigilia dell’ultimo Concilio tra il Papato nella figura del cardinale francese russofono e reso plenipotenziario Tisserant, con controparte il gongolante e tirannico Soviet Supremo di Mosca!

L’appartenenza, l’unica e totale (!) dell’uomo, come emblema supremo della sua vera Libertà senza di cui nulla val la pena di vivere: l’appartenenza all’alto dei Cieli in quanto profondità ontologica.
Don Giussani, da par suo, ritornato dalla sua ubbidiente esperienza studiosa statunitense, meditava  la completa rifondazione del suo Movimento. A partire soprattutto proprio dall’Università Cattolica di Milano (dove aveva iniziato ad insegnare). La cosa non poteva accadere se non nella metropoli dove la sua residuale e allora diventata limitatissima Comunità giessina e giellina, naturalmente ben cresciuta, almeno in parte, in maturità e sapienza, era diventata più consapevole della crisi globale della Chiesa. Cosciente cioè della nullificazione di ogni speranza cosiddetta riformata conciliare, radicalmente giudicata sempre più eterodossa da una minoranza, ma “rivoluzionaria” dai progressisti cattolici curiosamente di sinistra particolarmente e ingiustificatamente entusiasti. Comunione e Liberazione era così nata a parte e rinata nella sordina silenziosa della “Betlemme” del tempo. Cos’era cambiato nel frattempo? Nulla e tutto. L’immanentismo irreligioso contro cui, da più di una quindicina d’anni, il Movimento giussaniano aveva rinnovato la novità eternamente fondativa della sua religiosità miracolosa, continuava a scaturire tutta dalla profondità del Seminario formativo di sacerdoti gloriosamente ambrosiani a Venegono. La deriva spontaneamente antidistruttiva di questo nucleo di Cattolicesimo appena sfiorato era avanzata al punto che si era messa in antitesi globale con l’accelerata lunga e attuale tendenza dell’epoca. Detta dello gnosticismo etico, legislativo e religioso (divorzio e aborto, per cominciare subito posti da legiferare). Il Seminario venegoniano era quello, invece, della cultura viva in cui si erano formati, con don Giussani, fulgidi esempi di giganti della Fede come il cardinal Biffi. Di fronte alla catastrofe di un Cattolicesimo remissivo e sempre più ubbidiente alle istanze falsamente liberiste del mondo, il nuovo movimento nascente di don Gius non poteva che incrociarsi con l’impeto della sua rigorosa originalità cristocentrica. L’eresia dilagante appena frenata dalla grandezza, molto già pentita rispetto al modernismo strisciante dei tre Papi post-conciliari (Papa Montini, Papa Wojtyla e Papa Ratzinger), continuava però ad attanagliare le masse non solo giovanili, del cosiddetto “popolo cattolico”. Per esempio, nel 1975, Papa Paolo VI volle convocare tutta la gioventù cattolica d’Italia a Roma per una oceanica manifestazione di Fede. Ma solo migliaia di ciellini si presentaroro a dimostrazione della sparizione quasi totale nell’irrilevanza della precedentemente arrogante GIAC, di GF e della FUCI!  Tutti e tre i Papi non poterono quindi che celebrare, da quel momento, al più alto livello, la legittimità intrinseca di CL appena rifondata dopo il disastro ribellista del ’68. Il cui successo stava dilagando di soppiatto nel Paese e nel mondo. Ed in una miriade di iniziative relativamente vittoriose, veramente cattoliche e salvifiche, intemporali e definibili quasi preconciliari. Il tutto nella grande Tradizione cristiana fino a Papa Pio XII, ultimo Pontefice rigorosamente dogmatico sul piano teologico…

La prova totale dell’esistenza attiva di Dio è quella del… Satana quotidiano: nella nostra era, quella dell’Anticristo compiutamente espressa dal modernismo esterno e interno al Cattolicesimo.
Il che nello sfacelo gnostico degli anni ’70-’80, in cui don Giussani doveva quasi di continuo richiamare al rigore il suo Movimento, sul piano politico e, soprattutto, su quello religioso. Ogni ciellino si ricorderà delle innumerevoli volte in cui le sfuriate giussaniane con collera, ripetevano : “Della vostra compagnia, me ne infischio!”.  Anche qui, del rifondato Movimento ecclesiale in continua tentazione antropocentrica e immanentista (la “compagnia come relazionalità psicologistica!), non fosse che per induzione esterna del tempo ateista, con l’influenza della visione borghese e miscredente del mondo, imbevuta sempre più dello gnosticismo pratico del movimento modernista. Quello che permeava filtrando continuamente nelle maglie sebbene strettissime della religiosità comunitaria sempre tradizionale ma moderna della rifondata CL. E magnificamente coltivata dalla sensibilità, in sovrappiù maturata giussaniana. Ma l’implacabile vecchiaia naturale con i suoi naturali acciacchi, sommata a quella incipiente molto malata una decina e più anni dopo di san  Papa Giovanni Paolo II (purtroppo troppo percepita in modo sentimentale) lasciavano infiltrare nel Movimento sempre più l’iperbolico attacco modernista condotto dall’universo miscredente e progressista nella società. Come pure da quello clericale interno al Concilio che aveva osato definirsi impossibilmente ed ereticamente “solo pastorale”! Le collere educative anti-relazionali e trascendenti, in modo anche appositamente smodato del vecchio ma lucidissimo prete-educatore supremo e brianzolo, esplodevano di continuo nella profusione dilagante dei comportamenti  fatalmente alquanto modernisti anche se in nuce, molto dominanti nella generalità esistenziale… Il Movimento Popolare, espressamente costruito “interno” alla Democrazia Cristiana, alquanto politicistico e gnosticheggiante, dovette infatti essere soppresso, nonostante il clamoroso suo successo nella società e, particolarmente, nelle università. Perfino san Papa Wojtyla continuava a fare iniziative ecumeniche pseudo-francescane ad Assisi e viaggi di pellegrinaggio in tutto il mondo, giudicati spesso poi illegittimi sul piano del rigore della Cattolicità. La quale prevederebbe l’immobilità del Papa in San Pietro, con invece tutti i leader delle altre “religioni” in visita “devota” presso la Città Eterna, sede Pontificia e di approdo canonico per verificare pure la loro reale “ecumenicità“. Come conversione però nella Verità non meno che all’unico Cattolicesimo (con procedura apparentemente arrogante ma rigorosamente storica e veritativa!). La cosiddetta lotta alla Nuova Religione Universale massone e al NOM (Nuovo Ordine Mondiale) politicista all’orizzonte, passa anche dalla ri-formulazione cristocentripeta (malgrado appaia antipatica, a causa dell’orribile ideologia ugualitarista, ormai correntemente dominante), nella dinamica veritativa della confessione della Fede universale religiosa!

La fragilità storica del Movimento giussaniano implacabilmente immersa nell’antropocentrismo e   nella definitività metafisica della Chiesa, l’unica come Verità, Vita e Via tutta da percorrere.
Va ricordato che la crisi filosofica e gnostica nella Chiesa si era affermata progressivamente in corrispondenza con lo scisma luterano e anglicano già del 500. Il Movimento giussaniano si è subito invece caratterizzato per la sua, potremmo dire, quasi avulsa concezione dalla storia, sebbene fosse stato al centro di tutte le critiche provenienti dall’interno delle diocesi cattoliche e dei suoi  movimenti come già detto della GIAC, GF e della FUCI. Don Giussani non ha mai portato sul piano pubblico “urbi et orbi” le ragioni del suo profondo disaccordo con i movimenti cattolici ottusamente  tradizionali e spiritualisti, diventati settimini. La cultura e la teologia di una parte dell’ecclesiologia religiosa rimaneva, in effetti, polarizzata intorno al conservatismo moralisteggiante e al suo simmetrico, volto piuttosto decisamente ad un progressismo inconsulto di sinistra e “rivoluzionario”, cavalcante la gnosi modernista. E questo ai più alti livelli di coscienza culturale soprattutto della teologia eretica comunque seguitissima del gesuita tedesco Rahner, vivente pubblicamente more uxorio e senza più dir Messa con la sua amante.  Anzi, pur cosciente di tutto ciò, don Giussani mostrava grandi segni di abbastanza passiva tolleranza fino a fornire dei leader della “sua” GS per le presidenze della GIAC e di GF (nonché della FUCI). Leader, questi,  provenienti e formati nel suo Movimento, “prestati” in segno di unitarietà nella Chiesa molto “clericale”. Nel mentre, l’attacco delle sinistre religiose e soprattutto politico-politiciste stava accelerando il suo sviluppo a partire dalla successione alla morte di Papa Pio XII da parte del sinceramente entusiasta, detto “Papa buono”, fatto poi san Giovanni XXIII. La “baldanza” militante, di riscoperta della profonda validità esistenziale e salvifica del Cristianesimo, nella sua intrinseca modernità, aveva indotto il Movimento giussaniano – quasi per estraneità o dimenticanza molto intenta a causa della propria intensità esperienziale – dalle sordide pratiche reazionarie del tempo. E spesso all’opposto, sempre più rivoluzionarie (anche sindacali estremiste) del medesimo “spirito del tempo” che stava diventando maggioritario nella teologia molto neo-pagana, idolatra e agnostica.
Un Movimento neo-religioso, globalizzante e cristocentrico in una società tutta immanente e in una Chiesa alquanto ancora reazionaria e moralista, oppure all’opposto sempre più progressista e modernista, non può che essere centripeto. Ed esotericamente ricco di spiritualità culturale. In effetti, ci si ricordi dell’enorme popolarità della presenza significativa e di successo da parte del Movimento ecclesiale di don Giussani nella società. Essa era era molto indotta anche dalle provocazioni avanzate dai numerosi interventi marxisti e politici di sinistra, completamente all’attacco già dagli anni ’60, soprattutto nelle grandi città (a Milano si ricordi anche l’iperattivismo culturale progressista del Piccolo Teatro)!  Tutti questi nuovi soggetti politici e culturaleggianti erano il prodotto dell’egemonia culturale della sinistra italiana (di tendenza egemonica gramsciana, fondamentalmente). Anche il Movimento di don Giussani ­– si era ai tempi della “testimonianza d’ambiente” – cioè come presenza nella società facendo fronte a tutti i problemi avanzati o all’ordine del giorno dettati fondamentalmente dalla sinistra non solo politica. E, in prima linea, proposti dal  politicismo soprattutto riduzionista quasi sempre conformisticamente ateo! Donde la sempre puntuale e corrispettiva risposta cattolica del Movimento giussaniano: all’estremo opposto della totale incredibile assenza (!) dell’attuale CL dal dibattito pubblico! Come Movimento voltagabbana, CL non aveva fatto che seguire le consuete tracce pluridecennali dell’Azione cattolica.

Il rischio educativo della società comporta sempre la possibilità del fallimento: Gesù stesso lo aveva detto quando dubitò di ritrovare la Fede al Suo ritorno sulla Terra, alla fine dei tempi.
Alla morte celebratissima del Gius (solo quella di Togliatti nel 1964 era stata paragonabile), quasi subito si iniziò a vedere nella conduzione del Movimento ciellino un cambiamento in senso “progressista e sinistroide nella sua antropocentrica nuova costruzione”. Ben dimentichi della scelta di don Giussani di schierarsi chiaramente a destra, anche con… Berlusconi! Ma il colpo di grazia nella concezione stessa ecclesiale avvenne rapidamente e progressivamente a ridosso del 2013, dopo l’elezione del cardinal Bergoglio a Papa Francesco. E, di fatto, col sostegno di tutti i componenti del nuovo gruppo dirigente ciellino, nei confronti della “Mafia di San Gallo”: così denominata dallo stesso suo leader storico, il cardinale fiammingo Danneels. I mondialisti e modernisti, molto gnostici sangallisti, già avevano tentato l’elezione al Soglio Pontificio, nel 2005, del cardinale argentino e seguace dell’ideologia “teologica della liberazione”, condannata come eretica esplicitamente da almeno due Papi. Tra cui il grande teologo Ratzinger che giunse, già da Papa regnante, a ravvedersi ampiamente e con incomparabile prestigio nell’era moderna, dei suoi (del resto) molto comuni tentennamenti dottrinali soprattutto conciliari (da allora cardinale)… Per esempio riammise (in quanto  Papa) nella Comunione della Chiesa tutta la Fraternità Pio X che i santi Papi Paolo VI e Giovanni Paolo II avevano praticamente condannato alla deriva eterodossa ingiustamente: come falsi accusati eretici  di Tradizionalismo pedissequo e recidivo. E non come eroici sostenitori della teologia salvifica, rigorosamente petrina! Fino alla storica rinuncia dimissionaria di Papa Benedetto XVI, ancora non completamente chiarita, tanto più che dopo otto anni è ancora molto lucido e completamente critico, sebben col freno a mano ben tirato come promesso delle sue dimissioni  (rispetto anche alle possibili eterodossie bergogliane)! Quanto al cardinale belga, naturalmente ben fedele fino alla sua morte (nel 2019) e alla testa da molti anni del gruppo anti-canonico – costituito da ben altri cardinali progressisti e di sinistra come Kasper, Marx, Silvestrini e Martini – alla morte dell’altro cardinale belga (francofono amico personale del Gius) Ries, non è venuto nemmeno rapidamente ai funerali in Belgio. E questo, allo scopo di non compromettere i suoi pourparler romani con gli altri cardinali alquanto ambiguamente sperduti. Allo scopo di non mettere così a rischio l’elezione del loro protetto gesuita sud-americano alquanto di cultura peronista piuttosto che del Magistero ecclesiale ( eche nemmeno poteva essere eletto Papa per regolamento del suo ordine religioso). Un esempio clamoroso di doppio atto fedifrago, questo, preannunciante oggettivamente  l’eterodossia, verificatasi sempre più intermittente, secondo la metodologia tipica modernista. Fino a quasi un’intensità permanente e quasi completamente già riformata! Molte cosiddette malelingue (ma ci si ricordi che, diceva il cosiddetto reputato cattolicissimo Andreotti ministro di vari governi che approvarono il divorzio e l’aborto (!), che “a parlar male si fa peccato ma ci si azzecca sempre“), rievocarono l’episodio di Chaplin nel film in cui il figlio rompeva i vetri con la fionda per poi permettere al padre di passare a ripararli con vetri nuovi…

L’intemporalità dell’eterno vero Amore intrinsecamente auto-sufficiente nella semplice Verità filosoficamente compiuta, in una ricerca infinita: nella Chiesa Cattolica.
La lettura del discorso stenografato di Pigi Bernareggi mi ha ricondotto in tutto questo percorso e mi ha fatto comprendere molto più quello precedente di tutto il Movimento ecclesiale. Così ho compreso da dove giunge il riecheggiare di tutto il cammino, ormai secolare, di questa deriva modernista mai così devastatrice e accelerata nella storia della Chiesa. Il fatto è che Pigi, prima di diventare prete in seminario brasiliano, si era laureato a Milano in filosofia. Egli ci ha quindi illuminati sul principio fondamentale del pensiero alla ricerca della verità, applicando il criterio del “rasoio di Occam, rettore all’Università di Oxford“. Dal  1300, questo suo affilatissimo rasoio ha fatto la barba al pensiero antico portandolo a quello moderno e modernista. Il quale trasforma i “concetti che strutturano il mondo come lo vogliamo noi, per cui ci troviamo in un altro pianeta, in altra dimensione – diceva Pigi – che è il pianeta della cultura moderna, di cui siamo tutti noi eredi“. Non solo, ma alla fine del suo discorso religioso rigorosissimo, ha riportato il problema centrale della nostra era alla salvezza “del pensiero europeo”: dopo più di mezzo secolo di missione nella zona mineraria brasiliana, il suo messaggio non è sorprendentemente terzomondista ma eurocentrico!
Tutto il discorso culturale e religioso di don Giussani che concepiva la missione in termini conoscitivi, testimoniali e proselitisti (contrariamente a Papa Francesco e alla sua fedele CL oggi) di conferma politica a quello di civiltà cristiana tipicamente medievale europea (monacale)!
Dei poveri, Bernareggi parla solo nella loro qualità di “poveri di spirito”, staccandoli nettamente da quello dello stereotipo latino-americano cui aveva pur dedicato la sua vita mai sradicandola da quella spirituale e sorgiva originale del nostro Vecchio Continente classico. E soprattutto, dalla pregnanza giussaniana: la vera fedeltà alla Fede, di un eternamente ambrosiano e filosoficamente della Scolastica dogmatica! Così come l’Europa è stata protagonista della distruzione mondiale della sua civiltà cristiana, in modo altrettanto deciso Pigi si era schierato militante europeista contro la nuova cultura dell’Unione Europea sfascia-carrozze e motori della Verità storica del Cattolicesimo.
Ciò che appare di primo acchito incomprensibile nel suo discorso, è così l’apparente fedeltà al bergoglismo che invece si presenta diametralmente all’opposto col suo progetto NOM, sincretico e buonista con l’equivalenza avveniristica e falsamente saggia con le altre religioni senza però il Cristo Re dell’Universo e Risorto. Il nostro milanese filosofo ordinato prete conosce bene il cancro sincretico paganeggiante delle innumerevoli sette brasiliane. Ma a pensarci bene, la sua autentica immersione per più di mezzo secolo della nostra era (vero e proprio mezzo millennio spirituale), con altri giussaniani missionari di vecchia data, come l’amica Memor Domini anch’essa missionaria da più di mezzo secolo, Rosetta Brambilla, lo ha tenuto incontaminato. E alquanto in modo sempre avulso dalla perdizione irreligiosa dell’invadente modernismo individualista nord-occidentale. Questa stessa intemporale eresia che ha allontanato, sia per tradimento che per estrema fedeltà “paolotta” e anti-evangelica intimista, una gran parte dei suoi compagni ecclesiali, dell’inizio anni ’50-’60. Ma dal vero Amore della Chiesa petrina e veramente cattolica!

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