Ora ho la certezza che attualmente anche l’unità politica dei cristiani non è possibile. Per ragioni, principalmente, di ignoranza teologica relativa alla cultura ecclesiologica e ai suoi rapporti con la politica del mondo. Il partito laico d’ispirazione cattolica non è e non può essere la Chiesa!

C’è una grave ignoranza delle culture dei tre istituti dell’attuale cristiano: quella sulla Chiesa, sulla propria comunità d’appartenenza carismatica e quella sul suo partito di azione pubblica!
L’insignificanza dei cattolici nella politica europea e nei suoi diversi Paesi è ben nota. Soprattutto che, da un quarto di secolo, la gerarchia centrale del clero romano ha dato libero corso ai fedeli di votare e farsi eleggere per i partiti detti di loro preferenza. I partiti democristiani da allora non sono più riconosciuti e del resto sono quasi del tutto spariti o in via di essere parecchio marginalizzati.
Due ragioni fondalmentali a questa scelta pastorale, dottrinaria e di fatto.
La prima, bien fondata, in quanto le scelte politiche praticate da siffatti partiti erano diventate – se mai fossero state veramente rigorose – anche anticristiane: avevano approvato pure la legge sull’aborto! La seconda, invece meno nobile, era costituita dall’argomento – in luogo di essere una vera ragione – che essendo il cattolicesimo diventato pubblicamente molto minoritario nelle nostre società dette moderne e postmoderne, le direttive generali rischiavano strutturalmente l’inefficacia e, soprattutto, di contabilizzare nell’imbarazzo ufficiale e… visibile tutta la sua marginalità quantitativa e storica. Così, le cose non potevano che peggiorare le situazioni e favorire i processi dell’orribile secolarizzazione nichilista del nostro Vecchio Continente. E, in particolare, dei suoi Paesi. I cattolici residuali, in effetti, diventavano sempre più relativisti secondo l’ideologia dei loro partiti definiti preferiti e sempre più realmente laicisti. La prova, questa, che le norme seguite ai nostri giorni fanno solo aggravare i mali ai quali, a loro parere, dovrebbero portare rimedio.
In realtà, la verità del carattere ormai esiguo del cattolicesimo dovrebbe essere totalmente  riconosciuto dalla Chiesa e, quindi, combattuto molto apertamente. Questo naturalmente, sul piano ecclesiologico ma anche su quello sociale: ovviamente pure con un partito laico di riferimento cattolico, sempre più necessario. E nel qualcaso, un partito politico peraltro rispettoso precisamente della Dottrina Sociale della Chiesa, di una ricchezza e competenza provvidenzialmente mai raggiunta da un centinaio di anni sia sulla base di una sapienza ultramillenariae sia nella coscienza dilatata della pur ridotta cultura cristiana!

I cattolici sinistrosi che votano e sono eletti per i partiti marxiani se non marxisti, e quelli di destra o di centro, detti populisti o sovranisti, sono tutti politicamente marginali al servizio del nichilismo
Ebbene, è proprio di questa sapienza che i cattolici, anche i più impegnati e colti, si sono mostrati particolarmente deficitari. Soprattutto in una situazione di totale contestazione pubblica dove i molti avversari del cattolicesimo sono diventati sempre più attivi nella lotta efficacissima sul piano politico. La quale non poteva che essere diabolicamente politicistica, materialista e riduttiva: l’annuncio della parola suprema di Dio ne era, e ne è, strutturalmente impedito. La seconda ragione è stata – e continua ad esserlo –  di tipo clericale e falsamente “tradizionalista”: cioè con una metodologia quasi totalmente ecclesiale secondo la cultura cattolica prevalente e preponderante.
Due tipologie di risposta, queste, disastrose che hanno prodotto i cattolici mostrosuamente di sinistra oppure, attualmente, piuttosto di destra (anch’essi praticamente in genere miscredenti e giustizialisti) e senza possibilità di farsi valere veramente – ancor meno prevalere – con i loro cosiddetti valori cristiani. I quali finiscono per rendersi fatalmente marginali, poco efficaci e sempre provvisori nei partiti borghesi strategicamente nichilisti e oltreché fatalmente eresiarchi.

Nel frattempo, i cristiani più rigorosi non fanno troppo la differenza tra la propria comunità carismatica e la cultura specifica del partito politico laico detto “identitariamente cattolico
Siccome le popolazioni sono attualmente sollecitate in continuazione a subordinarsi a ideologie miscredenti e ad impregnarsi di una visione nella loro propria vita caratterizzata da suggestioni falsamente edoniste, superficiali e alienanti, i cattolici impegnati e abbastanza colti sono molto sensibili e inclini a fare propaganda dei principi evangelici e del magistero della Chiesa.
In questo però, non fanno generalmente alcuna distinzione con il loro partito politico, nel quale finiscono per non credere. Soprattutto i fedeli, scaturiti da movimenti militanti con carismi particolarmente ricchi. E che testimoniano la salvezza eterna che inizia qui su questa Terra. Hanno tendenza ad applicare gli stili e le regole scoperti e sperimentati nelle loro esperienze religiose e comunitarie ai gruppi di loro scelta con attività politiche: anche i partiti cioè nei quali non si riconoscono totalmente ma che sostengono a spada tratta per i rarissimi risultati ottenuti, anche millantandoli. Ma l’attività partitica, quella politica finalizzata alla proposta e all’impegno in un partito specifico, non obbedisce alle leggi relative alla comunità ecclesiale. Queste leggi teleologiche, quelle cioè finalistiche che regolano la vita e il funzionamento dei partiti laici, si situano naturalmente e abitualmente anche molto lontani dalla vita comunitaria e personalizzata all’interno della sacra fraternità della Chiesa. Tutti questi cattolici, dunque, quando si impegnano in politica rimangono sistematicamente delusi, abituati come sono – sulla base ovviamente delle indicazioni ecclesiastiche – a relazioni fraterne e direttamente legate, esistezialmente, alla salvezza cristiana!
Normalmente, allora hanno tendenza a staccarsi dall’attività politica (concependola pure erroneamente incompatibile a quella ecclesiale) non essendo essa – va da sé – compiutamente escatologica, ma piuttosto laica e fatalmente riduttivista, relativamente alla pienezza della vita comunitaria cattolica. Essi si ricentrano così in una polarizzazione esclusivista nelle attività ecclesiali accentuando, nel frattempo, la costruzione di ciò che chiamano le “opere”, le costruzioni sociali di carità. Queste in sovrappiù, soprattutto ai loro occhi, sono funzionalizzate a sviluppare la coscienza con la cultura religiosa e missionaria che hanno trovato – va da sé – deficitaria nel loro impegno da loro giudicato politicistico… Tali opere sono comunque positivamente apprezzabili. Ma la democrazia poltica giunge sempre al voto delle elezioni: dunque i militanti cattolici colti e molto attivi si ritrovano infine a votare, quasi acriticamente da un punto di vista cristiano, come tutti, per un partito borghese più o meno senza valori vincolanti veramente cristiani. E, per conseguenza, al triste destino dell’irrilevanza di cui parlavo più in alto: sopravvalutando la loro auto-capacità di influenzare questi partiti. I quali, soprattutto in periodi elettorali, si mostrano demagogicamente molto aperti ai temi religiosi, millantandoli anche inconsapevolmente… Salvo abbandonarli spesso da siffatta apertura elettoralistica non appena la continuità riprende le sue leggi generali più o meno laiche o laiciste.
È la ragione pratica per la quale la DSC afferma che il cattolico non solamente non deve votare per siffatti partiti, ma neppure deve andare a votare: senza l’offerta di un partito veramente riferito alla dottrina sociale cattolica, niente voto! L’abituale fregola, invece, d’incassare finalmente qualche piccolo risultato immediato porta i cattolici ignoranti e colti – soprattutto se colti! – a farsi servitori insignificanti dei globalmente nichilisti e laicisti.

L’estrema necessità in Europa della cultura della DSC (Dottrina Sociale della Chiesa) per far fronte agevolmente all’arte cattolica di vivere attivamente nel mondo senza appartenervi veramente
Tutto questo si svolge abitualmente in quanto i partiti borghesi nazionali, non hanno da rispettare i principi, per esempio, “non negoziabili” (perché non ci credono e nemmeno li conoscono) propri all’ispirazione rigorosamente cristiana sebbene laica. Ma non fatalmente piuttosto laicista. Bisogna notare che la differenza tra un partito laico e uno, detto raramente laicista se non nelle accuse pure ben fondate cattoliche, non è nemmeno percepita nelle nostre società che non hanno quasi mai capito questa nozione propria alla grande cultura! È qui che si gioca il problema di costruire un partito identitario d’ispirazione rigorosamente cattolica che faccia riferimento per i cattolici stessi e per tutti i dibattiti dei processi legislativi. Anche se il prezzo da pagare è quello di farsi contare in quanto ingenuamente e (apparentemente) molto minoritari. Rispetto all’inefficacia temporanea a causa della sua inevitabile piccolezza propria di un partito in formazione, in una società a pensiero unico, c’è solo da riflettere sulla quantità eccezionalmente senza precedenti delle leggi scellerate, antiumane e anticattoliche, che i partiti borghesi ben di sinistra, di centro e che anche di destra, hanno fatto approvare: sia nel parlamento europeo che nazionali, durante gli ultimi decenni.
E questo indifferentemente dalle sedicenti “influenze” vantate dai cattolici in diaspora, che votano nei ranghi di questi partiti non-cattolici e ben fatalmente nichilisti.
Malgrado il numero di cristiani attivi sia crollato, se ci fosse la confluenza di tutti questi voti anche residuali, attualmente dispersi inutilmente in diaspora, verso il solo partito laico e di riferimento cattolico, questo partito così eletto sarebbe già molto significativamente indispensabile, se non principale del centro-destra (per utilizzare un parametro classico, anche se sospettatamente obsoleto), con il suo rigore e la sua consistenza nella continuità politica!

Un partito laico “cattolico” ma glocalizzato, globalizzato e localizzato, secondo anche l’Opzione Benedetto, già internazionale per una visione armoniosa e separata sia ecclesiologica che politica
Da tutto questo scaturisce l’urgenza non più procastinabile (si è largamente già dappertutto e sempre in grave ritardo!) di costituire questo partito, questi partiti identitari nei diversi Paesi, secondo le regole dettate dalla DSC, anche se i cattolici devono inghiottire la verità terapeutica di essere realistcamente contati. E se questo doppio processo costruttivo sia fatalmente lungo e non semplice. Del resto cosa fare d’altro che non si sia inutilmente già fatto? Il problema, mi sembra, è in ogni caso abbastanza vicino alla soluzione. Non si può continuare à trascinarsi in questa situazione antagonista, erronea e senza uscita: legata a sedicenti soluzioni anche provvisorie, infondate e beneficiarie di qualche successo che (quasi) tutti sanno precari.
Peraltro, da un lato la netta distinzione almeno teoretica tra l’istituto ecclesiale cristiano, almeno in buona parte con “The Benedict Option”, Una strategia per i cristiani in un mondo post-cristiano, San Paolo Edizioni, 2018: comunità ecclesiali laiche intorno a quelle conventuali sul modello neo-monacale in quasi tutti i Paesi del Pianeta. Come lo si è già cominciato a fare nel mondo, raccontato minuziosamente dal citato bestseller internazionale di Rod Dreher.
E, dall’altro lato, i partiti unici laici e nazionali da costruire (o ricostruire) secondo i principi della glocalizzazione: visione, questa, globale e universale con concetto e parola inventati dai californiani del marketing negli anni ’90. Peraltro principi originari dall’universalità del cristianesimo stesso!
Ma con una realizzazione sempre rigorosamente locale. Sia da parte di un partito politico, unico nazionale e ben riferito alla DSC, lasciato sempre libero in tutto il suo sviluppo dal Corpo mistico dei cristiani universali riuniti in comunità diverse e pure carismatiche all’interno della Chiesa cattolica.
Del resto è quasi tutto già fatto, dopo anche duemila anni! Questo termine glocalizzazione, lo conosco molto bene in quanto l’ho utilizzato e impiegato opportunamente per la mia azienda internazionale da quasi un quarto di secolo (www.eurologos.com). Questo termine è formato dalla fusione di due parole: globalizzazione e localizzazione, indicanti la vera soluzione sintetica e sinergetica della grande falsa e irrealistica opposizione che sta ferocemente dividendo il mondo politico internazionale. La fazione dei globalisti (i modernisti mondialisti, attualmente pure abbrutiti dal progressismo più demente e nichilista) è infatti scaturita contro quella dei detti localisti (i populisti sovranisti, fatalmente ora necessari, in funzione tattica, nella loro generale operazione verità, sebbene molto parziale e sospettata d’individualismo opportunista, anche obsoleto oltreché di nichilismo troppo ricorrente). Questa idea molto realista potrebbe almeno chiarire i falsi e scoraggianti affronti “liquidi” (baumaniani) e mondiali, oltreché detti attualmente post-ideologici.
Questa soluzione in fieri, che si sta dunque realizzando sotto la denominazione “Opzione Benedetto”è già ad uno stato molto avanzato (ma ancora poco identificato e metabolizzato).
Essa dovrebbe poter convincere anche il direttore della Dottrina Sociale della Chiesa, Stefano Fontana (il quale dovrebbe già conoscerla molto bene). Cioè il laico cattolico che stimo al più alto livello al mondo, sia dal punto di vista teologico che dal rigore morale e militante. Egli è peraltro sotto l’egida della molto sapiente fede magisteriale dell’arcivescovo di Trieste, Giampaolo Crepaldi, presidente del grande dicastero sociale della Chiesa, di oggi e di sempre.
C‘è un solo piccolo problema: Fontana ha appena dichiarato di essere “perplesso” – ma senza dirne di più! – di fronte alla possibilità della fondazione attualmente di un partito (dunque di partiti, almeno in Europa) veramente cattolico e cattolici come spiegato. Il quale partito, per l’Italia, è stato appena fondato e messo in moto, meno di tre anni fa, dal Popolo della Famiglia!

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