Da quale ben stramba teologia deriva la refrattarietà di innumerevoli prelati, anche della Chiesa cattolica, a parlare di sistematico assassinio a proposito dell’aborto? La preferenza massificata all’ermeneutica piuttosto che alla santa metafisica, perdipiù in una fase storica di denatalità edonista e a credito, è la causa prima anche della crisi economica internazionale

L’aberrante follia anche nella Chiesa in piena crisi, forse la più grave della sua storia, sia di fede che di consenso. E la vergogna per Cristo nel primato della cultura per la perdizione nel mondo
Stéphane Mercier, giovane professore dell’Università Cattolica di Lovanio, è diventato famoso, non solo in Belgio, per avere affermato ai suoi studenti che “l’aborto è sempre un assassinio”: cioè, per aver ripetuto una semplice verità tranquillamente cristiana da sempre. Per questa sua dichiarazione da lui poi confermata in molte conferenze che continua a tenere tutt’ora, è stato licenziato in tronco nel 2017 dal suo insegnamento nella sua famosa università, per secoli tra le più prestigiose nella storia della cattolicità nel mondo. Non solo, ma a New York è appena stata approvata, in gran pompa mediatica e con clamore internazionale, la legge che legalizza l’assassinio per “aborto” dei nascituri fino al… nono mese di gravidanza! Perdipiù, già alcune proposte di legge sono in preparazione per la legalizzazione dell’assassinio dei neonati, a nascita avvenuta (come del resto già succede mostruosamente in vari Paesi)!
È raro, anzi rarissmo, che la Chiesa “si alzi piedi”, come preannunciato solennemente nel suo discorso all’ONU da san Giovani Paolo II, per almeno denunciare questi feroci abomini. Solo Papa Francesco ha ancora (occasionalmente) riaffermato il peccato d’aborto. Cosa è successo per cui si sia già giunti a cotanto? E questo malgrado tre papi (san Paolo VI, san Voitijla e Benedetto XVI) che almeno dal 1968, anno della promulgazione dell’enciclica Humanae vitae, hanno infaticabilmente continuato a ricordare – si direbbe alquanto inutilmente – l’evidenza estrema di tanta insensata e ripugnante carneficina!
In sovrappiù, mai si era giunti a una fase storica così agiata e in una assurda, oltreché masochistica, denatalità occidentale (ma non solo: anche in Giappone e in Cina!) a causa della gravissima penuria – ovviamente negletta – nella conseguente domanda interna dei mercati, produttivi a loro volta di crisi economiche e, a volte, pure recessive. Che il nichilismo laicista contemporaneo, col suo falso edonismo straccione e a credito (si pensi ai giganteschi debiti pubblici per un totale del 238% del PIL mondiale!), potesse giungere a tanto, era già stato a volte previsto e analizzato, non solo da cristiani. Ma sorprende alquanto che pure la Chiesa cattolica possa pervenire a, come dicono qui in Belgio e nei paesi francofoni, “à raser les murs” (sfiorare i muri, con gli oli in tasca). In circospetta e malaccorta “prudenza”, fatalmente pure complice. La cosa era abbastanza e apparentemente fuori da ogni previsione, salvo per qualche raro e geniale teologo come Guardini, o per i papi antimodernisti, già del diciannovesimo secolo, alquanto inascoltati.
Compito di questo mio relativamente breve post è così di mostrare, almeno inizialmente e per sommi capi, quali siano alcuni principi teologici di cotanta alienazione e aberrante follia ecclesiologica. Ammiccante con le sorti della mondanità del mondo e sprofondata nella – come ricordava ancora nell’ultima intervista don Giussani, prima della sua morte alla televisione svizzera – “vergogna per Cristo”!

La pratica gnostica delle numerosissime nomine cardinalizie e vescovili di prelati modernisti, rispetto alle posizioni felicemente contraddittorie papali chiaramente contro l’aborto
Conosco un po’ personalmente il molto dialettico portavoce dell’episcopato belga, ex-parroco della mia parrocchia, il gesuita Scholtes, il quale si è dedicato, acrobaticamente, a cercar di giustificare il licenziamento apparentemente assurdo – in base al Catechismo – del detto giovane professore, da parte della massima autorità religiosa, il primate belga De Kesel. Il quale è stato appositamente designato, naturalmente da Papa Francesco, in occasione della nomina a primo responsabile dell’episcopato del Plat Pays, come successore dell’arcivescovo detto “tradizionalista” e antiabortista, Léonard, messo anche troppo speditamente in pensione. Invece De Kesel è stato stranamente subito nominato cardinale, praticamente ai primi giorni del suo mandato, da Papa Francesco, almeno irritualmente in… “anticipo”. Ma in effetti, nell’abituale linea ora papale, per rinforzare sempre più l’alto clero operativo dei suoi sostenitori intorno al cosiddetto Complotto di San Gallo, che lo aveva fatto eleggere al pontificato. Questa lobby famigerata è ancora condotta dall’altro vecchio cardinale modernista fiammingo, Danneels, con il suo omologo di Amburgo, Kasper.
Ci voleva così uno sforzo particolarmente argomentato in stile sofista: il gesuita portavoce Scholtes, di origine olandese, era fatto si direbbe apposta su misura, per licenziare un professore con una motivazione contraria, spettacolarmente contraria, alla tradizione ecclesiologica e teologica: attaccare radicalmente il principio sacrosanto, naturale e storico del peccato-crimine di aborto-assassinio e contro ogni evidenza anche intuitiva! Ma le parole “modernismo” e “progressismo” (nel qualcaso per nulla moderno e senza nessun progresso) alla base di siffatta scelta, come di numerosissime altre, ugualmente fondamentali per la vita della Chiesa, cosa nascondono dietro la strategia strutturale delle nuove innumerevoli momine (e quantitativamente sorprendenti) ormai fatte nella linea chiaramente gnostica del potere oggettivo straripante, perseguita dal papa Bergoglio? Si tratta, è noto, della “Nuova Chiesa”, la linea detta riformista di Karl Rahner, il teologo gesuita tedesco che ha rivoluzionato, ma anche molto dato voce alla devastazione dello “spirito del tempo” in senso gnosticamente progressista. E secondo anche molti apparentemente lontani principi eretici della “teologia della liberazione” latino-americana, già molto condannata abbastanza infruttuosamente dalla Chiesa da quasi una quarantina d’anni.
Una linea teologica, questa di Rahner, chiaramente non solo ambigua ma pure risultante da affermazioni pastoralistiche (non certamente pastorali in quanto assolutamente non dogmatiche in senso classico e tradizionale). E sostanziamente politicistica, della sinistra storica de sinistra…, fondata sulla struttura sempre più numerosamente potente di clericali nominat ad hoc.
Per sostenere poderosamente l’attacco, col modernismo militante, a tutti i “principi non negoziabili” ratzingeriani, anche ridefiniti e validati dalla DSC (Dottrina Sociale della Chiesa). E che la tradizione e soprattutto il Magistero della Chiesa hanno accumulato nella loro storia ultramillenaria.

Il nostro grande cattolico Stefano Fontana ha individuato i due “ paradigmi” oggi centrali, quello “ermeneutico” e quello “metafisico”, che costituiscono le basi delle teologie che dividono la Chiesa
Si tratta del suo ultimo libro “Chiesa gnostica e secolarizzazione”, sottotitolato “L’antica eresia e la disgregazione della fede” (Fede & Cultura, Verona, 2018): il sublime polemista Fontana, direttore della DSC di cui ho già parlato in altri e ultimi post in questo Blog. Il grandissimo autore produce un’altra delle sue sintetiche ma documentatissime analisi di queste due grandi tendenze che racchiudono e oppongono, oggi nella Chiesa in tutto l’arco dei suoi posizionamenti dottrinari, le attuali divisioni.
Alla tradizionale teologia dogmatica classica (e medievale), al più discussa ma mai contestata nei secoli, si sta sostituendo, di soppiatto, quella ermeneutica, quella cioè falsamente moderna, in realtà modernista o detta anche progressista. Ad una visione della religiosità naturalmente verticale, che veniva definita dogmatica ma ora non più a causa della mancanza di coraggio nell’usare ancora questo aggettivo glorioso indicante la Verità, l’unica possibile, viene opposta una costruzione artificiale che si potrebbe definire “liquida”, secondo la definizione che ne fece Bauman.
Una concezione che parte dall’esperienza soggettiva umana e non proprio dalla Rivelazione evangelica! La storia, anzi lo storicismo marxiano, e non Dio è alla base di codesta Weltanshauung, la visione molto tedesca storicizzata, in cui i principi sono evolutivi, in via – dicono i modernisti – di perpetuo cambiamento (!), e prodotti non dal Logos ma della concreta cosiddetta estrinsecazione degli avvenimenti, da interpretare praticamente a piacere, secondo l’uso corrente opinionistico ed individualistico. Malgrado la lunga e strenua resistenza, anche con encicliche (almeno altre quattro: Veritatis plendor – 1993, Evangelium vitae – 1995, Fides et ratio – 1998, e l’ultima Caritas in veritate, nel 2009, dei due successivi dei tre Papi citati), la cosiddetta nuova teologia di Rahner si è affermata, soprattutto nel post-Concilio e prima della sua morte nell’’84. E questo, allo stesso modo in cui, nell’ambito filosofico, si è realizzata la prevalenza culturale dell’ermeneutica, rispetto alla precedente razionalità: cioè, l’ascolto piuttosto del dire affermativo, l’accoglienza piuttosto della proposta attiva, il ritirarsi più che l’intervenire, l’aderire al posto del non denunciare sempre in modo inconcludente…
La teologia diventa cioè ermeneutica e nasce dal basso dell’esistenzialismo esperienziale in luogo della fedeltà a quella metafisica del veritativo e dell’ontologico. Dal metodo logico-deduttivo giudicato superato, si passa preferenzialmente al cosiddetto induttivismo sempre incerto e fatalmente interpretativo. La discussione, lo sterile questionamento, ossessivamente e ipocritamente dubbioso, prendono il posto affermativo dell’annuncio escatologico…
Così, nemmeno la Chiesa sarebbe più veramente necessaria (Rahner aveva ben detto!), perché è Dio stesso che si rivolge all’uomo nella sua storia, attraverso le vicende del mondo: e pure al singolo uomo direttamente mentre si esprime storicizzandosi. In una sedicente manifestazione progressiva che esclude la Verità immutabile e la Rivelazione cristiana della Salvezza.
Esagerazioni queste dei critici patologicamente criticoni? Nient’affatto, anche in varie inchieste quasi incredule, già negli anni ’60 nei seminari mondiali, Rahner precedeva, nella notorietà e nel consenso, san Tommaso e sant’Agostino!
Quindi, niente più precetti e ideali ma interpretazioni, solo interpretazioni “progressiste”.
Non è un caso se viviamo nell’impero dell’insignificanza degli incontenibili e innumerevoli oltreché frastornanti talk show in cui è scandita tutta la nostra abusiva e irrilevante vita intellettivamente culturale. Tutta la teoria di Bauman sulla liquidità falsificatrice della cosiddetta trasformazione societale si ripercuote nel divenire incessante del Piano di Salvezza divina. Il quale diventa sempre più “autonomo” e “mutevole” per l’uomo stesso, non più dipendente nella cooperazione subordinata e pregante con il Dio Creatore e Trinitario. È l’uomo che diventa in tal modo Dio. Oppure crede di esserlo già diventato, malgrado le sue affemazioni anche, a volte, molto pietistiche.
L’idea centrale cristocentrica di Papa Ratzinger secondo cui “Cristo è il Logos”, sarebbe così superata o semplicemente dimenticata. Tutto diventa così incerto e possibile! Anche del peccato non c’è più certezza: la cosa dipenderebbe…!
Ecco perché si può e si deve licenziare dal suo insegnamento Stéphan Mercier: egli afferma una verità (il “grullo”!) e non si limita ad una (delle tante) ipotesi interpretative “pastoraliste”, riduttive e relativiste, secondo i dettami gnostici del mondo dissennato.
Il professore è – ohibò ! – “dogmatico”: ecco la grande parola tabù e antipedagogica temerariamente proferita. Egli va così eliminato.
E allora dove finisce tutta la dogmatica, per esempio, di san Tommaso, il più grande teologo della storia della Chiesa? Il modernismo gnostico della Chiesa se ne è già completamente liberato!

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