Perché la maggior parte delle attuali scelte politiche, sociali e religiose – perfino capillarmente nelle estreme parrocchie europee – sono tutte praticamente dettate, più o meno direttamente, dalla teologia di Karl Rahner (†1984) e conosciute da non molti prelati o da rari addetti ai lavori divini?

La risposta è contenuta nel semplice fatto che il gesuita tedesco ha cercato sempre di conformare la sua visione “trascendente” a quella già direttamente praticata dal mondo. E non al Vangelo
L’idea di base di tutta la “teologia” di Rahner è in effetti che così non ci sarebbe più separazione o differenza tra la visione evangelica e quella del mondo. L’orribile gnosi insegna questa ignobile balordaggine, del resto, già dall’ateismo nel primo paganesimo. Dio sarebbe poi pure in rapporto esclusivo con il divenire, il supposto progresso umano degli uomini, indipendentemente dalle loro credenze anche religiose, senza alcun bisogno – al limite – perfino del Suo Cristianesimo. Il quale non avrebbe altro da fare, nel frattempo, che trasformare la sua sempre “modificanda” dottrina in rapporto alle idee (va da sé) del mondo stesso. Addirittura Dio sarebbe, in tal modo, in rapporto diretto – praticamente in modo automatico e quasi panteistico – col detto mondo e la sua storia, e non con l’affermazione della “Verità della Salvezza”. Peraltro concepita anch’essa sempre in trasformazione evolutiva e pure secolarizzata. Una teologia, dunque, totalmente dipendente e subordinata alle idee del mondo e non a quelle di Dio!
Queste prime tre formulazioni molto implicite, tipicamente rahneriane, sono diventate – naturalmente – molto maggioritarie sia nell’universo civile più o meno incredulo, relativista o agnostico ma pure nel mondo creduto più religioso e cristiano. Fino anche a quello cattolico, da più di mezzo secolo, dopo il Concilio. E questo malgrado la resistenza estrema di ben tre papi del calibro di san Paolo VI (soprattutto quello della religiosissima Humanae vitae), di san Giovanni Paolo II e dell’Emerito Benedetto XVI. Ovviamente, qui forse semplifico troppo un processo durato mezzo millennio, ancora in corso, dopo il glorioso, globale e veramente religioso Medio Evo.
Con l’avvento ora dell’attuale pontificato di Papa Francesco, ogni tentativo di resistenza sembra però essere destinato alla più crudele sconfitta: sia in campo spirituale e salvifico che in quello, conseguentemente collegato, civile e politico. La teologia, diciamo così, e il pastoralismo degli ecclesiatici (seguiti anche pedissequamente dai grandi movimenti ecclesiali) sembrano essersi tranquillamente sottomessi a siffatte direttive alquanto eterodosse, anche in modo discontinuo e nella disertifcazione delle chiese. Soprattutto nei fatti e sempre più, da parte degli innumerevoli rahneriani attivi e dei suoi seguaci nella prassi piuttosto acefala e fatalmente totalitaria. Il tutto molto discretamente, almeno quanto nella piena efficacia, da parte quasi di tutti i battezzati evaporati o frullati nell’omogeneizzazione completa con i molto equiparati atei già massificati.
E questo, malgrado o grazie anche alla politica irrigorosa e intermittente di Papa Francesco. Il quale alterna alla sua strategia riformista globalmente modernista – soprattutto attraverso le nomine ai posti chiave del clero a favore dei suoi adepti relativisti – sorprendenti e rare affermazioni tradizionaliste…

La Chiesa non più sempre giudicante, e il Papa che non vuole essere petrino ma solo d’assistenza tipo ”ospedale da campo”, in preda alla guerra mondana della crisi antropologica mondiale…
Così la lista eresiarca dei sacrilegi è diventata quotidianamente banalizzata in tutta la cattolicità. Ultimamente avevo contato, così a memoria, più di una ventina (!) di episodi importanti e diversi, ricorrenti e spesso celebrati come espressioni cosiddette tipiche della diventata molto approssimativa Misericordia. Mentre all’opposto, essi costituiscono di fatto le squallide manifestazioni della resa dei cattolici agli obbrobi oggi chiaramente anti-cristiani. Il principio rovesciato più indicativo della depravazione così perseguita è dato dal fatto, detto pastorale, per cui la Chiesa non avrebbe nessun titolo per indicare la via della Salvezza. Come sempre aveva invece fatto per funzione ontologica e per missione tradizionale divina… Il nuovo principio rahneriano su cui si appoggerebbe questa tragica rinuncia alla legittimità della missionarietà globale sarebbe addirittura la cosiddetta inesistenza o l’inconsistenza della dottrina salvifica di tutta la Chiesa.
Il nuovo cosiddetto valore rahneriano sul quale si fonderebbe questa tipica defezione escatologica (si pensi al dileggio riservato alla parola proselitismo!) sarebbe anche costituita dalla sedicente “non esistenza” della (unica!) dottrina salvifica: quella della Chiesa cattolica stessa!
Dio – infatti, secondo il pensiero sornione e apparentemente logico non solo di Rahner – non è riducibile (così come viene comunemente detto) ad una dottrina”, per cui bisognerebbe piuttosto combatterne l’idea generatrice nei Suoi Principi. Questa visione, realmente diabolica, è anche completata dall’altra idea, evidentemente anch’essa totalmente falsa, che “Dio interviene su ogni uomo, a priori e in ogni caso, indipendentemente dalla libertà e coscienza umane” in quanto senza che ci sia “peccato certo”.
Sarebbe quindi “la storia, con le sue società, ad essere responsabile degli atti culturali conseguentemente storicizzati” contro la Verità naturale e rivelata. Avverrebbe così che i peccati si auto-presentino, più precisamente, per la loro “impossibilità di esistere”!

Anche la Chiesa cattolica sarebbe strategicamente, per conseguenza, inutile, secondo l’orrenda ed eccezionale popolarità paradossalmente “sconosciuta” di Rahner!
A causa di un ennesimo sillogismo artificioso, l’uomo sarebbe così anche senza alcun bisogno della sua Chiesa apostolica oltre che del suo Papa petrino! Per il compitino residuo da espletare, basterebbe in tal modo un papa ridotto, solo vescovo di Roma, più che dimezzato, appena politicisticamente rappresentativo: praticamente onusiano. Non è un caso se vari cardinali e vescovi (creati ad hoc negli ultimi anni), ben bergogliani e molto protestantizzati, intrattengono rapporti intensi con la molto condannata massoneria storica. Da cui l’accusa di procurare scandalo al Popolo di Dio da parte dei cristiani detti ottusamente fedeli al Papa laxista, opinionista e occasionale, a causa delle loro critiche, giustificate e doverose pronunciate da quei cristiani sistematicamente e inutilmente criticoni. Dunque inneggianti una fedeltà al Papa papista e non petrino (quando nemmeno infallibile ex-cattedra)! La fedeltà invece, soprattutto al Papa, non può essere che sempre critica e petrina, mai papalina e a priori subordinata!
Donde già le conseguenti e continue dichiarazioni falsamente umili di papa Bergoglio: “Chi sono io per giudicare?”. Mentre egli è, per definizione e in difesa della Fede eterna, il Vicario di Cristo Re nell’Universo, sempre giudicante ancor prima che pronto e disposto a ben perdonare.
Come se non ci fossero, in supplemento, quantità di papi passati alla storia per essere stati chiaramente anticattolici con il loro pastoralismo eretico: i numerosi Antecristi!
Meno male che la Santa Trinità sa ottenere il Bene dal Male e riconoscere oltre che proclamare i santi, anche condannati e perseguitati dal clero anch’esso papalino, spesso in quasi totale maggioranza.
Attanasio, per esempio, è diventato santo e, naturalmente ben dopo la morte, Dottore della Chiesa dopo essere stato spedito “per penitenza” in esilio in quanto pastore vescovo “(falso) eresiarca”di Alessandria!
I cristiani, invece, altro non avrebbero da fare che constatare sempre il livello generale della cosiddetta “storia umana e sociale” che giustificherebbe e bonificherebbe le intenzioni e le condotte di tutti gli uomini” (Rahner). Comprese quelle contrarie e antagoniste al cristianesimo, fino agli atei ed agnostici attuali, tutti da “santificare”. Da cui gli inviti a personaggi notoriamente miscredenti e anti-cristiani, anche osannati dal cattolicesimo modernista (assolutamente non moderno!), per concionare con le loro teorie ideologiche buoniste o pseudo-tali (ma realmente anche evidentemente anti-umane), completamente estranee e eretiche rispetto all’insegnamento magisteriale della Chiesa.

Dopo l’ultimo Concilio, i futuri preti residuali non hanno potuto imparare nemmeno i riferimenti fondamentali della DSC (Dottrina Sociale della Chiesa): completamente “dimenticati”!
In omaggio alle teorie fascinosamente astruse e soprattutto irreligiose del diventato, diciamo così, “popolare in incognito” Rahner, non si è più veramente insegnata, anche nei seminari, la Dottrina Sociale: nella fase, in sovrappiù, maggiormente socializzata e politica nella storia e del mondo!
Ma come è potuta accadere tutta questa disastrosa deriva senza che il nome dell’importantissimo prete gesuita tedesco, sia diventato cosi maggioritaro, popolare e dominante quasi senza nominarlo e senza veramente studiarlo direttamente?
Semplice: siccome le ideologie del rahnerismo son impostate e tratte direttamente – come già detto – dalle mentalità scaturite “dalla storia sociologica della mondanità”, non dalla Verità del Vangelo e della Grande Tradizione, si ha in genere una tendenza a crederle “concretamente” e di primo acchito vere. E senza nessun dubbio da parte anche delle popolazioni massificate a causa pure del loro degradato e puntuale sentimentalismo subordinato. Creduto perdipiù cristiano. Così, né il nome dell’autore della cosiddetta teologia ben diventata predominante, né quelli dei suoi seguaci più celebrati dai soli addetti ai lavori, sono veramente e proporzionalmente conosciuti dalle masse comunque perfettamente modernisticamente rahneriane. Quali sono questi suoi principali seguaci? Moltissimi! Per esempio, Metz, Bloch, Gutierrez e l’attuale cardinale molto papalino e modernista di Amburgo, Kasper, alla testa, notoriamente, col cardinale fiammingo Danneels, del denominato “Complotto di San Gallo”, alla base dell’elezione dello stesso Papa Francesco. Gli innumerevoli seguaci attivi sono piuttosto inconsapevoli e soggetti al pensiero unico veramente culturale della loro piatta e riduttiva visione, detta oggi abitualmente “religiosa”. Sbrodolata, molto sbrodolata, dalla loro alquanto spesso spocchiosa appartenenza clericale all’attuale, superficiale e tiepida Compagnia comunitaria ecclesiale.

Però i cattolici, detti ortodossi e integralmente rispettosi dell’eterna identità cristiana, cadono così negli stessi peccati della massificazione riduttivista rahneriana e del politically correct: pure loro!
Anche i cattolici cosiddetti impegnati e critici, che oggi determinano, per reazione legittima e doverosa, la solforosa attualità ecclesiale (compresa quella dell’omosessualità scandalosa di certo clero), non conoscono i grandi da veramente santificare oppositori delle molto condivise filastrocche quotidiane televisive e del relativismo più diffuso dalla cultura massificata del potere, quasi in linea perfetta con Rahner…
Così anche questi provvidenziali avversari, provvisti di grande Fede nel rispetto della Tradizione più rigorosa sono abbastanza sconosciuti o travisati, molto travisati. Per esempio, cito qui il teologo Cornelio Fabro, fin dalla metà degli anni ’70, e monsignor Giussani stesso, fondatore e alla testa per più di 60 anni del movimento internazionale (CL) più anti-modernista dell’epoca! E soprattutto l’attuale arcivescovo Crepaldi di Trieste, con il grande polemista Stefano Fontana, sempre alacremente dirigenti dell’attuale DSC
I pochi cattolici impegnati usciti dalla prima reazione al diffuso rahnerismo, anche loro, sono così comunque abbastanza incolti, rispetto alla visione veramente cattolica della Chiesa e della politica. Finiscono così per apparire pure loro massificati nelle loro critiche (spesso inconsapevolmente) anti-rahneriane e anti-moderniste, se non cadessero continuamente nelle pastoie – per esempio –  del cosiddetto obbligo nichilisticamente etico (ben escluso dalla DSC!) di andare, per esempio, perfino a votare inutilmente in assenza di un partito ovviamente unico, laico e di rigorosa ispirazione cattolica! E su cui convogliare, ovviamente, tutti i voti dei cristiani. Questo, naturalmente, deve essere rispettoso e ben calibrato con la cristocentricità, nei Principi non negoziabili: non come i partiti detti “democratici cristiani” degli anni ’60-’90, giustamente eliminati da una generazione!
La stessa incapacità di distinzione tra il partito cristiano, la comunità ecclesiale di appartenenza e la Santa Chiesa Cattolica Universale, genera gli equivoci più clamorosi che stanno alla base del dibattito infondato oggi , diciamo così, a sostegno dei diversi comportamenti politici che determinano l’assurda divisione politica tra cristiani. Tanto più che, se in presenza di un siffatto partito rigoroso e identitario, tutti i cattolici dovrebbero sentirsi obbligati a sostenerlo attivamente, molto attivamente, non fosse che per un obbligo di priorità oggi assoluta. E questo, Indipendentemente dai cosiddetti suoi risultati elettorali, le modalità della sua fondazione o della sua selezione politica. Senza altre scontate chiacchiere più o meno sentimentaloidi e di valutazioni soggettivistiche o moralistiche anche sui pregressi “peccati personali” dei suoi leader… Come quelli ben stigmatizzati dal Vangelo per cui, del resto, agli uomini è dato di condannare “i peccati ma non i peccatori”.
Anche la lotta per la concquista e la gestione del potere all’interno dello stesso partito – mai dimenticare che si tratta di un partito laico e non religioso! – con tutte le sue modalità di funzionamento certamente non in ultima analisi paradisiaco, non può essere a priori sottomessa e giudicata con le regole caritatevoli proprie della comunità ecclesiale!
L’ingenuità clericale oggi dei cattolici, invece, giudica spesso i comportamenti personali di relazione all’interno del loro partito come se fossero quelli fraterni all’interno del proprio movimento ecclesiale di appartenenza, perdipiù carismatico. Soprattutto anche rispetto ad altre argomentazioni su tutt’altre motivazioni che fatalmente diventano speciose, se tratte come se fossero generate in ben altro contesto, all’interno della comunità della Chiesa. Le relazioni invece all’interno di un partito politico “cattolico”, sempre – in ogni caso – prioritariamente identitario e unitario, non possono coincidere con quelle della Compagnia comunitaria ecclesiale, tutt’interna alla Santa Chiesa Cattolica e Universale dove solo le leggi dell’Amore sono ammesse e di riferimento.
Le leggi evangeliche dell’amore non possono essere pretese ed applicate direttamente all’interno di un partito laico, anche d’ispirazione rigorosamente cristiana. Siccome queste distinzioni basilari non sono per nulla contemplate, avvengono rotture inconsulte e continue tra i cattolici che veramente scandalizzano, per le loro divisioni nel voto e nelle loro militanze. Ritornerò ancora sul tema.

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