Don Giussani nel 1987 parlava ad Assago ad una grande assemblea della Democrazia Cristiana, il partito di riferimento da 40 anni della Chiesa, di tutti i cristiani e del governo in Italia. Perché ora ci si rifiuta anche solo di parlare del partito laico e cattolico Popolo della Famiglia?

Sono nato politicamente non prima di questa mattina e non dispongo di alcun titolo – come invece Ronza, Cesana, Zola o Amicone, tutti attivi appartenenti da una vita a Comunione e Liberazionedi parlare come loro sul discorso del più grande uomo religioso del ventesimo secolo: ammirato e pure seguito da tre Papi (Paolo VI, san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI), tra i supremi pontefici della storia. Nei nostri giorni, questi quattro leader del cattolicesimo più cristocentrico al mondo hanno riportato il già mitico “discorso di Assago” (Milano) di don Giussani – centrato sul senso religioso, la società eternamente moderna e la politica – in cima all’attualità nell’agenda non solamente italiana.
Quanto a me, vorrei solamente porre tre questioni, a mio avviso molto neglette o inesistenti, sul rapporto e la pertinenza di questo discorso con la situazione attuale. Peraltro è giustamente la modernità imperitura di questo discorso di trent’anni fa, vale a dire apparentemente di una era geologica intera già passata, ad aver suggerito a questi leader di riportare alla ribalta questo intervento magistrale del geniale fondatore e pilota antimodernista del movimento ecclesiale di CL.

La prima questione scaturisce dalla constatazione che monsignor Giussani era stato invitato a parlare davanti alla più qualificata assemblea del partito più determinante e ancora in pieno esercizio, dopo decenni, al più alto livello della governanza di tutto il periodo detto della “Guerra fredda”. Questo partito aveva assolto in ogni caso ad una doppia funzione: innanzitutto aver salvato il Belpaese dall’attrazione più che fatale esercitata dal partito comunista più importante dell’occidente verso l’universo staliniano e sovietico; il secondo obiettivo raggiunto sotto la sua direzione permanente era stato trasformare il Paese agricolo, uscito battuto dall’ultima guerra mondiale e da venti anni di fascismo devastatore, verso l’inserimento tra le prime protagoniste dell’economia industriale e della civiltà moderna al mondo.
La domanda attuale è: “I cattolici che da una generazione non dispongono più di questa formazione storica alla quale Giussani parlava, non devono forse far fronte alla fondazione di un nuovo partito laico ma ispirato alla DSC (Dottrina Sociale della Chiesa) come primo problema da risolvere?”.
Questo problema è conseguente alla direttiva della Chiesa dettata ai cattolici: impegnarsi in politica in quanto persone singole nei partiti individualmente scelti. Così facendo, i cattoici si sono disseminati quantitativamente e si sono indeboliti culturalmente condannandosi alla subordinazione nei confronti dei partiti di accoglienza, ideologicamente abbastanza o molto laicisti. Nel frattempo il processo di secolarizzazione internazionale nichilista non ha fatto altro che progredire sempre più.

La seconda questione è conseguente a questa direttiva della Chiesa dettata ai cattolici di impegnarsi in politica solo in modo individuale, ciascuno a suo modo e, in effetti, polverizzati.
La prova in ogni modo contraria all’illusione permanente di tutti questi cristiani, che stimano ancora di essere “influenti” in codesta suddivisione e relativizzazione fatale della loro visione religiosa e politica, consiste nel fatto che le peggiori leggi transumaniste sono state approvate nella quasi totalità dei paesi europei. E questo, malgrado parecchie mobilitazioni di massa in vari paesi europei e grandi manifestazioni, soprattutto in Francia. Con particolamente le due manifestazioni gigantesche, quelle dei Family Days, praticamente spontanee a Roma, vista la generale ostilità del clero centrale e ufficiale.
La domanda attuale è: “Non è forse evidente che la mancanza dei partiti laici – ma reputati cattolici per la loro ispirazione rigorosamente unitaria alla DSC e ai principi non negoziabili ratzingeriani – ha permesso, tra l’altro, l’assurdo artificiale di questa dominazione sociale e politica nichilista, postumanista (ancora in corso e in progressione), anche sul piano legislativo?”.

La terza questione è spontanea se si considera che le due prime sono evidentemente retoriche: esse scaturicono da constatazioni ormai storiche e sociali e non d’ipotesi teoriche.
In realtà, appena un anno fa, un partito importante in dimensioni e, soprattutto, in rigore assoluto da un punto di vista dottrinale e teologico è stato fondato in Italia. Si chiama Popolo della Famiglia e s’è già presentato a due elezioni parziali con risultati molto apprezzati. Soprattutto se si valuta in misura adeguata il boicottaggio deciso, massiccio et totalmente organizzato nella sua forma più feroce, il silenzio (!), da parte della Chiesa clericale e modernista oltre che dei movimenti ecclesiali in piena regressione verso l’odiosa spocchia piccolo borghese. E, nella sostanza, globalmente anticattolica. Questo pure se avevano partecipato attivamente alle mobilitazioni massicce del 2014-2016. Già la denominazione “Popolo della Famiglia” aveva messo in evidenza una concezione della politica centrata sulla struttura sociale intrinsecamente umana e cattolica: la politica è sempre in funzione dell’uomo totale e sociale (non dello Stato statalista sempre prevaricatore). E la Famiglia ne costituisce il modello naturale, globale e divino!
Ho definito questo nuovo partito con un post prima delle ultime elezioni, il 19 giugno scorso in questo stesso Blog, come “il movimento laico più cristocentrico al mondo”, impeccabile pure sul piano ecclesiologico e dotato di uno slogan massimamente trascendente: “A noi la battaglia, a Dio la vittoria”! Invece, la sua fondazione è stata respinta con una pedanteria al più alto livello vanitosamente ignorante (o troppo bizantinamente critica). Con motivazioni del rifiuto che sono state casuistiche (di circostanza, tutte minuziosamente contestate). E molto anacronistiche: “Bisogna continuare la formazione del popolo di Dio”, dicevano mentre – si sa – da due millenni i cattolici si formano sempre e malgrado il loro peccato originale. In tal modo il tabù di non parlarne è dappertutto scattato nel “Comitato difendiamo i nostri figli”. Così i leader di quasi tutto il movimento cattolico più rigoroso italiano – apparentemente pieno di zelo e impegnato – continuano a negare l’indispensabile esistenza (e l’azione) di questo partito politico laico e cattolico, strumento principe, peraltro, di formazione (o deformazione) a grande scala.
In realtà la governanza sociale, alla quale la politica fa tecnicamente e specificamente fronte, si fonda sulla coniugalità dei movimenti popolari vasti e diversificati con i partiti operativi identitari: mai mischiare le due funzioni oppure ridurre il “marito a sua moglie” o viceversa!
La domanda attuale è: “Perché Gandolfini, riconosciuto anche dai quattro leader citati di CL e da tutti come “presidente” del movimento del Family Day, dopo aver confessato – molto legittimamente! – ‘Non sono un uomo di partito’, alla conferenza al Rosetum di Milano del mese di maggio scorso, ha appena dichiarato che bisogna aderire alla coalizione strutturalmente ambigua del centro-destra (che s’è già emblematicamente astenuta in Umbria, permettendo orrendamente l’adozione della legge sul gender…), e che contiene nei suoi ranghi moltissimi militanti favorevoli o indifferenti ai ‘nuovi diritti’ detti etici e ben anticristiani?”.
Del Popolo della Famiglia, Gandolfini non parla!

In realtà, la logica di questi leader del movimento refrattario o piuttosto antagonista al partito Popolo della Famiglia, appare sempre all’interno di una concezione, in  fine, molto poco conforme alla Dottrina Sociale della Chiesa guidata dal grande arcivescovo di Trieste e teologo, Crepaldi. Questi cinque leader, con una visione – che mi si perdoni la possibile impertinenza ardita – in ultima analisi piuttosto modernista o efficientista (sebbene incomparabilmente meno evidente di quella vecchia e molto degenerata praticata dalla Democrazia Cristiana). Alla quale parlava ad Assago, molto vanamente, don Giussani: dopo qualche tempo, questo partito ormai secolarizzato da una trentina d’anni ha finito per necessariamente dissolversi… Il servo di Dio Giussani, che ha sempre evangelicamente seguito la logica della Trinità e non del mondo, se ne rendeva certamente conto: l’analogia di questa degenerazione modernista e movimentista cattolica è in ogni caso somigliante a quella della sventurata DC, almeno nelle sue conseguenze pratiche.
In effetti l’ultima dichiarazione di Gandolfini è stata che bisogna aderire sì a un partito o ad una coalizione (a riprova che le esigenze della realtà, et di un partito, sono sempre inaggirabili anche per gli uomini che non sono vocazionalmente “da partito”), ma almeno che la sua forza, in quanto formazione, sia “al 30%”!
Il demone molto astuto del laicismo e della potenza immediata non è morto, nemmeno nei ranghi puù cattolici. Il partito del Popolo della Famiglia dovrà pazientemente aspettare che le mitologie dell’inutile potenza, troppo precoce per essere vera, e ben apparente come politicista, possano svanire totalmente. Lo si spera profondamente, per il Bene Comune, direbbe don Giussani.

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