Attenzione voi i papolatri, Papa Francesco è meno bergogliano che voi lo crediate. Non dimenticate mai che è teologicamente debole e instabile (è sudamericano e… gesuita postmoderno) e ha già detto che i laici devono assumere tutte le loro responsabilità ecclesiologiche!

Il famoso proverbio per cui non si deve essere più papisti del papa, non si applica certo al nostro pontefice. E in modo anche più imperativo. Lo si è verificato già molte volte.
Alla sua strategia, globalmente modernista e molto casuisticamente eretica (come non lo si era mai visto!), egli intercala con ritmi quasi settimanali sorprendenti direttive rigorose in rapporto alla grande Tradizione cattolica. Ma la cosa fa parte della sua pastorale: malgrado la sua abituale e dominante tendenza cattoprotestante e pseudo ecumenica, si diletta a volte in posizioni tradizionali da buon curato di campagna che sa accontentare anche i comportamenti pure dei bigotti. La cosa è ben conosciuta: da secoli il casuismo (deviazione perniciosa più di due secoli fa) fonda – se si osa poter dire – le sue decisioni su e a partire dalle circostanze, naturalmente mutevoli e nella logica del potere di Satana. Questo papa dà l’idea che non conosce o non pratica assolutamente il fondamento di ogni magistero petrino rinchiuso nella formula “Non possumus”. Vale a dire il limite della funzione papale da cui prende origine tutta la sua operatività unitaria, la sua vera capacità pedagogica e il suo prestigio millenario. Giustamente questo “Noi non possiamo”, da guardiano inflessibile della Tradizione è il rispetto della totalità del grande insegnamento, eterno e immodificabile, del Vangelo e della sua cristocentricità. Essa è la pietra angolare di qualunque pontificato. Il primo dovere del papa è innanzitutto garantire il rigore tradizionale che permette di accompagnare, eventualmente e nell’occorrenza, gli adattamenti resi veramente necessari nel tempo e a causa della continua ricerca della Verità. Ma questa continuità non può essere assicurata da un insegnamento intermittente, molto intermittente e sistematicamente (volontariamente) controverso. Le mentalità mondane del mondo – soprattutto del nostro adagiato su una intensa comunicazione, dunque su una propaganda anticristiana permanente – producono una guerra continua ed efficace alla quale si può solo rispondere con l’estremo rigore tradizionale e, soprattutto, con la coscienza del suo stato attuale drammaticamente minoritario sul piano quantitativo. Escludendo naturalmente di correre dietro alle masse militanti molto abbrutite, per secondarsele.

La convinzione che la partita sarebbe ora persa già dall’inizio da parte dei cattolici (ma chi l’ha detto?) induce i rappresentanti del nichilismo militante a diventare sempre più arroganti e totalitari.
Siccome i cattolici sono attualmente dispersi in vari partiti politici (a causa dell’analisi molto sbagliata secondo la quale il bene e il male sarebbero virtualmente nei fatti ben spariti o in secondaria importanza) sotto la direttiva anche dei vertici e del potere clericale, le tesi residue cristiane e le loro scelte si ritrovano “impresentabili” pubblicamente, oppure in una totale insignificanza marginale. La reale e diffusa cultura nichilista gaia non è solamente dominante ma è onnipresente e esclusivamente rappresentata dalle posizioni relativiste e positiviste del  dilagante pensiero unico. In sovrappiù i cattolici restano paurosamente silenziosi facendo finta, in realtà, che ogni posizione esplicitamente contraddittoria all’establishment può essere solo “divisiva” (ma perché e poi perché no?), quindi da evitare ad ogni prezzo! E questo, mentre la secolarizzazione apertamente transumanista bombarda giorno  e notte in tutti i grandi media e in modo intensivo con leggi assassine i ranghi cattolici che praticano un profilo sedicente basso ma realmente molto masochista. Da là a perdere ogni residuo di identità cristiana, il passo è rapidamente intrapreso. La visione cattolica diventa a priori inesistente o tragicamente inefficace nella sua marginalità. È in questo modo che i cattolici, impegnati almeno personalmente nella posizione anche cristocentrica, rischiano di apparire spesso non meno che patetici agli occhi di una molto larga maggioranza radicalmente abbrutita. Privati della possibilità di attaccare, a causa di una consensuale “norma di buona condotta” les posizioni codarde del clero, rinchiuso generalmente in uno spiritualismo disincarnato e antistorico. Questi cattolici si vergognano generalmente di essere tali tradendo il nucleo essenziale della loro identità e della loro missione cristiana!

Le raccomandazioni papali al laicato, contraddittorie con altre direttive coerenti con la sua pastorale generale ben secolarizzata e indifferenziata, sono relative al fatto che i laici dovrebbero porsi in prima linea sul piano politico. Esse restano  in effetti mal interpretate (ciascuno finisce per fare arbitrariamente ciò che vuole…) oppure senza reale ascolto effettivo. Queste raccomandazioni sono relegate in posizionamenti (piuttosto) nascosti o subordinati alla tendenza clericale (la diaspora nei vari partiti) che Papa Francesco e il suo clero pronano in modo preponderante. Peraltro, è diventata una abitudine: anche mentre il Papa  prende posizioni pubbliche giuste e rigorose (raramente), i suoi incaricati ecclesiastici da lui preposti realizzano scelte ben concrete molto eterodosse per tutta la Chiesa. Questo Papa si incarica di farlo e di farlo fare rispetto ai responsabili ufficiali, implacabilmente e anche personalmente, con molte iniziative esercitando il suo potere decisionario diretto e senza possibili discussioni, sia prima che dopo. Si potrà dire che la Chiesa non è, naturalmente, una struttura democratica, ma… E questo, malgrado le tante dichiarazioni di misericordia, con i responsabili non in linea con la sua politica ecclesiale modernista, secolarizzata e molto unosiana. Spesso ciò avviene pure “dimissionando i suoi ribelli” senza formalità ed anche a loro stessa personale conoscenza. La reale politica papale è così intransigente, senza possibilità di appello e speditiva in rapporto agli incaricati ancora ufficialmente non allineati alle sue posizioni sedicenti “riformiste”. Questi prelati vittime sono obbligati di prendere atto della loro destituzione de facto (non ufficiale ma reale et pubblicamente immotivata) in modo progressivo e a cose a volte fatte!

L’ultimo esempio è stato all’occasione della Marcia (annuale) per la Vita a Roma sabato scorso 20 maggio. All’ultimo minuto, Papa Francesco ha inviato la sua benedizione a questa manifestazione romana che, dopo 46 anni, è in ogni caso la più importante al mondo con a partire da quella americana! Ma nessun prelato curiale, come per caso se non a proprio rischio e pericolo personale, ha espresso pubblicamente una parola su questa manifestazione indiscutibilmente centrale (e sacra) nella cultura cattolica. Per non parlare di quasi tutti i movimenti cattolici che non hanno nemmeno accennato alla cosa, realizzando così un vero  proprio sabotaggio completo. La  cosa, naturalmente organizzata minuziosamente da molto tempo a partire alla stampa dei vescovi restata clamorosamente silenziosa e indicando ai grandi media il loro completo e ben seguito mutismo. Non voglio peraltro qui epilogare sullo squallido ed ignobile episodio  di cui è stato vittima il gande cardinal Sarah, responsabile (ormai ex responsabile secondo la procedura sopra indicata) della Liturgia. L’affare riguarda anche Papa Emerito Benedetto XVI che a “osato” scrivere una prefazione elogiosa (!) all’ultimo libro di questo supremo leader cattolico africano.

In ogni caso il clericalismo “obbediente” di questi movimenti ecclesiologici è comunque vergognoso in quanto non scaturisce da un atteggiamento sistematicamente critico, necessario e indispensabile per fondare in Verità il rapporto con l’Autorità. Ma la vergogna è pure a causa del fatto che questi movimenti non sono neanche veramente obbedienti alle direttive del Papa. Sebbene queste siano spesso contraddittorie. La responsabilità del laicato riguarda anche il coraggio di discernimento che i laici devono esercitare, sotto la loro totale responsabilità e in coscienza (!), in rapporto alle scelte pastorali che riguardano i loro stessi movimenti e i destini del loro mondo contemporaneo.
Nemesi questa molto paradossale della papolatria acritica che, come sempre, può solo ingenerare un’anarchia comportamentale sempre individualista e irreligiosa al massimo.

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