Papa Francesco giunge a volte a formulare espressioni anche geniali e molto rigorose. Giampaolo Crepaldi, responsabile dell’Osservatorio Cardinal Van Thuân, vale a dire della Dottrina Sociale della Chiesa, non si è fatto scappare l’occasione di citare una frase particolarmente felice dell’attuale pontefice.

Ai nostri giorni, la Dottrina Sociale della Chiesa costituisce il punto più debole nella teologia, con quello del rispetto della Tradizione cattolica. Il cattolicesimo, rimesso particolarmente all’onore supremo dagli ultimi cinque papi precendenti all’attuale, incarna sempre meno il baricentro nevralgico della Verità trascendente in rapporto a tutte le altre confessioni religiose. In tempi di ecumenismo piuttosto indifferenziato e più o meno modernista, anche il cristianesimo romano sta diventando sempre più eccentrico alla cristocentricità della sua Tradizione. È certamente per questa ragione che l’arcivescovo di Trieste, Crepaldi, ha particolarmente sottolineato i recenti commenti di Papa Francesco sulla solidarietà e sulla fraternità. Ecco la frase del pontefice che Crepaldi ha messo in rilievo nel suo articolo parso sulla Bussola Quotidiana: “La solidarietà è il principio di pianificazione sociale che permette ai non ugauli di diventare uguali; la fraternità è ciò che permette agli uguali di essere persone differenti”. Parole molto semplici per presentare nel rigore teologico tutta la diversità tra il principio laico di solidarietà e quello cattolico di fraternità. Quest’ultimo permette all’individuo di diventare la persona vocazionalmente compiuta in modo completo e unico: ontologicamente pre-destinato. Tutta la missione salvifica del cristianesimo e il suo vantaggio non meno que eterno sono contenuti in questa differenza.

Nella visione sinteticamente descritta da Papa Francesco, si ritrova anche la differenza profonda tra la supposta “efficacia” sempre limitata e anonima della solidarietà, et la dignità globale, anche escatologica, della fraternità cristiana. Tutta la dottrina sociale cattolica si fonda su questo concetto che peraltro informa radicalmente lo stesso principio naturale alla solidarietà. Si tratta dei due stadi  che costituiscono il missile che persegue l’obiettivo di consegnare l’umano nella libertà di tutto il suo proprio spazio vitale e spirituale. Il famoso “centuplo”, promesso nel messaggio evangelico su questa Terra ad ogni fedele cristocentrico, illustra perfettamente il contenuto di questa differenza che il mondo contemporaneo cerca di dimenticare o di negare esplicitamente. Questa attitudine, tipicamente riduzionista propria della cultura moderna, positivista e incredula, è definita con la parola “laicismo”. Non è per caso se questo termine è piuttosto sconosciuto o non riconosciuto nelle mentalità correnti del pensiero unico attualmente dominante nel nostro mondo superficiale e secolarizzato. L’accezione dela sostantivo laico  è fatto coincidere molto semplicisticamente con quello di laicista e viceversa: così si arriva automaticamente, per esempio, ad escludere la libertà sacrosanta dell’insegnamento genitoriale facendolo pure coincidere con quello dello Stato: finito dunque il diritto naturale dell’educazione libera ed esclusiva della famiglia rispetto ai suoi figli!
Gli insegnati sono diventati al servizio dell’ideologia statalista contro la cultura della famiglia. In questo modo, si giunge – per conseguenza – a pensare allo stesso tipo di riduzionismo riguardante il rapporto générale con lo Stato. Lo statalismo, in effetti, è l’ideologia che pretende totalizzare tutto il potere e l’azione sociale nelle mani dello Stato e sotto la sua tutela onnipresente che ha l’ambizione di tutto inglobare. Il Vangelo e la DSC insegnano invece che lo Stato deve solo garantire la libertà degli uomini e delle persone nella gestione senza ostacoli del loro potere relazionale, compreso quello educativo.

Lo statalismo non è dunque solo il riduzionismo politico ed economico dominante nelle nostre società dette moderne. Esso genera il deleterio politicismo con il quale la mentalità ormai corrente ha il progetto di trattare tutti i problemi pubblici dei cittadini e, sempre più, anche privati. Esso esclude che possano esistere problemi in sfere intime che desiderano legittimamente essere enunciati e assicurati pubblicamente in sussidiarietà. Nell’ottica del “tutto Stato”, queste dimensioni sarebbero scartate e trattate solo a livello individuale senza alcun riflesso sul piano politico (quello della “maggioranza” appena elettorale: maggioranza, a sua volta, ottenuta anche con premi discutibili e invano molto discussi. Questa ideologia diventa così dittatoriale e anche feroce con il suo assolutismo nel quale il totalitarismo raggiunge il più alto livello di schiavitù spirituale e culturale mai conosciuto. Con buona pace per gli inviolabili diritti delle minoranze!

Questo stesso riduzionismo, notoriamente molto superficiale e incosciente, ha guadagnato o sta guadagnando massicciamenete anche ranghi importanti della Chiesa cattolica. Il clero, allo scopo di correre dietro al laicismo e, soprattutto, all’incredulità delle masse abbrutite in deriva costantemente  eretica, si dedica generalmente allo spiritualismo statalista, nell’illusione di continuare a disporre di un potere sociale, anche se illusorio o subordinato. Senza accorgersi, nel contempo, di aver così tradito completamente l’incarnazione terrena della Trinità. Meglio seguire – sempre! – l’unica sequela di Cristo sulla Croce: sempre all’opposizione del potere politico e mai in posizione marginale, o insignificante. Evitando come la peste la sua sempre compromettente coalizione minoritaria. In realtà, lo statalismo è diventato, per induzione, vergognosamente l’ideologia perniciosa più corrente e scontata. La prova supplementare ne è che il cattoprotestantesimo di moda sta finendo di compiere la sua missione di conquista culturale e operativa politica sulla dimensione religiosa… Parallelamente, potenti forze oscurantiste sono anche all’attacco mentre mettono in campo innumerevoli progetti transumanisti  che sconvolgono gratuitamente la concezione antropologica stessa dell’uomo. Il tutto con la complicità di larghi settori detti progressisti interni anche alla Chiesa.

L’entusiasmo dell’arcivescovo Crepaldi per le dichiarazioni di Papa Francesco mostra l’importanza attributita al solo fatto che la Chiesa parli di temi della DSC (anche se in modo occasionale).
La Dottrina sociale della Chiesa costituisce l’arma totale – attualmente solo molto nominalmente – contro la protestantizzazione del cattolicesimo che sta galoppando spensieratamente verso la sua perdita totale nello statalismo. L’idea progettuale ne è alla sua sedicente “missione di modernizzazione”. Ma quando si perde il cristocentrismo che si situa sempre contro e in modo ben separato dal potere mondano., inevitabilmente si cade nell’eresia soft del modernismo, ben conosciuto dalla Chiesa che, in varie occasioni, l’ha già combattuto nella storia. Anche prima del diciannovesimo secolo, con la grande battaglia contro l’eresia del casuismo, sviluppatosi due secoli ben prima.
Il problema è che la mancanza di cultura, e soprattutto di fede (!), fa ripetere facilmente gli errori sebbene riconosciuti e emendati. È forse per questa ragione che l’articolo di Crepaldi annuncia felicemente l’inizio, per questo primo giugno prossimo, di un corso di dottrina sociale online. Un corso che vuole colmare un deficit spaventoso nella cultura moderna cattolica, in cui sei lezioni magistrali sono già previste. In effetti, ogni fede che non si trasforma continuamente in cultura viva e vera oltre che nel rigore, rischia di evaporare nel nulla. Le informazioni pertinenti sono disponibili sul sito del quotidiano della Bussola: http://www.lanuovabq.it/it/home.htm

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