La ricerca delle cause per cui lo statalismo culturale ed economico è apparentemente vincente nel mondo porta inevitabilmente al silenzio di una Chiesa remissiva. E sottomessa di fatto al laicismo nichilista e occidentale.

Anch’io, dopo l’elezione di Papa Francesco ho molto applaudito la scelta caduta sul cardinale argentino Bergoglio. Come del resto non applaudire, da parte di un qualsiasi cattolico, l’arrivo del Vicario di Cristo alla guida della Chiesa salvifica per tutta l’umanità? Gli argomenti di presentazione promossi dal clero romano non mi mancavano: papa della semplicità francescana e, allo stesso tempo, gesuita dal grande intelletto comunicativo; papa sudamericano della periferia dopo due pontefici  mitteleuropei dalla centralità storica; papa popolare dopo tre papi di alto profilo teologico (beato Paolo VI, san Giovanni Paolo II e papa Emerito)… Dopo però i miei primi post entusiasti, ho dovuto tacere astenendomi. Prima imbarazzato nella sconcertante sorpresa all’ascolto delle continue esternazioni deviate o ambigue papali. Poi sempre più contrariato per gli interventi chiaramente eterodossi e sconvolgenti la suprema continuità magisteriale rigorosissima, dall’Humanae vitae fino al Discorso di Ratisbona. Per cui mi limitavo a parlare, non soltanto nei miei post settimanali, come del resto ancora oggi, aggirando accuratamente la conduzione ecclesiale petrina con rispettosa obbedienza e contro gli innumerevoli impulsi a denunciare sgarbi e negazioni della grande Tradizione teologica. Anzi, m’ingegnavo a lodare il più spesso possibile gli interventi pregevoli, a giorni quasi alterni, del  Vescovo di Roma: che pure erano possibili da raggranellare e recuperare con molta volontà…
Il riferimento e l’obbedienza all’Autorità, infatti, sono stati le due principali cerniere che avevano fissato la mia prima adesione, nel 1962, al Raggio Comasina e al carisma del servo di Dio don Giussani. Lo seguivo parola per parola, quasi incantato, nelle sue Scuole di metodo (di cui mi sforzavo di capire tutto…), la domenica mattina a Milano in via sant’ Antonio dopo la messa giessina (e giellina) in santo Stefano.

Poi venne la mia più alta ammirazione per la sottomissione attiva, per esempio, di san Francesco a Innocenzo II. Il suo papa culturalmente agli antipodi, e comunque la sua Autorità cui doveva affidare impetuosamente, ma alla fine con il misterioso successo dello Spirito Santo, tutta la vita del suo appena nuovo Ordine monacale, piuttosto apparentemente e baldanzosamente scapestrato di Assisi.
Oppure la mia dolorosa adesione torto collo all’invio del Gius nel 1965, da parte dell’arcivescovo milanese Colombo, negli Stati Uniti, il più lontano possibile dal suo movimento…
Insomma, avevo fatto dell’Autorità il cardine della mia visione fondativa al mio giovanile cattolicesimo che già era diventato la mia stessa vita. E ne sono totalmente convinto ancor oggi!

In questi ultimissimi anni, sto però assaporando il livello di solitudine più alto di un cristiano appena un po’ rigoroso: il quale vive l’Autorità come ricerca naturale e primaria del suo rapporto esistenziale con Dio. Il rifiuto dell’uomo contemporaneo di riconoscersi come una semplice creatura, intrinsecamente alla ricerca del suo Creatore, mi dà l’inevitabile vertigine del vuoto e della vita priva di senso. Il caos del nostro mondo incredulo, senza capo né coda, mi fa sentire infatti già alquanto spappolato e incapace di vera e profonda convivenza: strutturalmente così veramente impossibile, del resto.
Ma la cosa più paurosa è giust’appunto il verificare che l’idea stessa di Autorità, anche nella Chiesa, è incrinata, evaporata  o inattendibile, impresentabile oppure praticamente inutilizzabile (incomunicabile). Allorquando devo constatare che una parte anche preponderante della Chiesa, quasi ogni settimana, corre appresso al mondo per farsi applaudire e non per salvarlo, mi ritrovo in bocca il sapore comune della solitudine. Di un sentimento appartenente alla perfetta disperazione immanente, anche con un certo retrogusto senza speranza, propria dei miei stessi conterranei miscredenti, indifferenziati che si credono liberi. Ho pure la sensazione di una vergogna di non poter disporre dell’Autorità certa, che esprime con sicurezza globale la parola eterna della salvezza. E allora ricerco attivamente, da emigrato di lungo corso, ogni mattina sui media tracce autorevoli di Verità. Abitualmente ne trovo solo alcune, in un oceano di menzogne ripetute tranquillamente in tutti i mass media e all’interno dei rapporti di lavoro. Ne trovo invece di vere, non solamente tra qualche traccia, in alcune comunicazioni veicolate fondamentalmente dalla rete su Internet, prescelte preventivamente con la concentrazione di autorevoli amici di fidata fede. Perfino l’ormai vecchio e trasformato movimento cattolico di Comunione e Liberazione cui appartengo ancora me lo ritrovo che corre appresso al mondo ed è diventato orribilmente statalista! Vale a dire che si è sottomesso, in modo quasi invisibile, al potere dello Stato scegliendo di abbandonare, di fatto, la Persona e la sua sacrosanta libertà: primo valore dopo quello assoluto di Dio!

La consolazione mi è data solo da questi molti (per me), ma relativamente rari in percentuale rispetto alla maggioranza delle mie relazioni, testimoni nella fratellanza cattolica in cui mi identifico ogni giorno: due raggruppamenti, “Nonni 2 punto zero” e “In Movimento”. È con loro che ho scoperto, venendo a conoscere un po’ la storia della Chiesa e della cultura del  mondo, che i cristiani hanno non solo il diritto, ma pure il dovere di denunciare fraternamente gli errori che infestano diabolicamente la comunità umana e religiosa. Quando son venuto a conoscenza, parecchi anni fa, che il diritto canonico prevede il possibile trattamento di un papa apostata, mi son sentito liberato da un peso angoscioso di pecorismo coatto. Ma anche caricato da una responsabilità tremenda – pertanto umana, troppo umana – rispetto alla Trinità e alla storia del mio rapporto personale con l’infinito che mi avevano già segnato indelebilmente.
La reificazione del mondo nell’idea falsificante che l’uomo può tutto avere, tutto fare e tutto dominare, mentre dovrebbe religiosamente prepararsi anche a morire per affrontare almeno degnamente la sua eternità (che comincia qui su terra), questa idea infernale per cui i princìpi divini devono adattarsi ai desideri umanoidi è penetrata radicalmente anche nella Chiesa. Il messaggio salvifico e evangelico cerca così di “adeguarsi” modernisticamente alle cosiddette “esigenze moderne” delle masse fatalmente abbrutite. E questo anche da parte di cardinali e vescovi o innumerevoli preti sedicenti tutti pastori.
Così il laicismo ignorante e arrogante della mondanità diventa autolaicismo attivo della Chiesa stessa. Anche del Papa ora detto cattoprotestante. E di CL diventata pure casuistica!
Che si pensi ad una Chiesa piuttosto veramente cosciente e missionaria nella sua cristocentricità. E predicante ben altro che l’intimismo spiritualista di un Vangelo ridotto alla sua dimensione più astratta e acquiescente al potere statalista: quello della sua inutile e subordinata alienazione!

 

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