Come nel clima per l’elezione popolare a vescovo di Milano di sant’Ambrogio, 1.600 anni fa, l’incontro del 4 maggio sera con sua eccellenza monsignor Negri aveva il sapore di un primo plebiscito da parte di una comunità di cattolici molto orfani del loro capo carismatico fondatore di Comunione e Liberazione.

Il tema della conferenza era l’Amoris laetitia di papa Francesco, ma poteva essere tutt’altro argomento. La devozione di tutto il Rosetum strapieno a Milano con gente in piedi dappertutto, fin nell’entrata senza vista sul palco (più di un migliaio di persone, si diceva, anche senza voglia di contabilizzarsi), era tale che moltissimi orfani sempre giussaniani di don Giussani sarebbero comunque accorsi al teatro. All’indomani, un’altra conferenza senz’altro affollatissima ma a Bergamo, era già prevista. Gli stessi devoti bergamaschi faranno senz’altro sentire la medesima pressione dei milanesi nel tentativo di “obbligare” forse il più prestigioso e vecchio fedele del fondatore di CL ad accettare di prestare attenzione alla loro infelice condizione di orfani. L’appena adolescente Negri era già tra i banchi del liceo milanese Berchet nel mezzo degli anni ’50 con il Gius insegnante sui generis di religione. Epperò anche di questa conferenza, l’arcivescovo Luigi Negri ha dichiarato di averla  accettata umilmente “obtorto collo”. E sarà forse sempre più così: si può prevedere per l’Eccellenza attuale di Comacchio e Ferrara, di cui si sta delineando il destino di essere, persino suo malgrado, il fondatore di un altro movimento – che già esiste di fatto, tanto vecchio quanto eternamente nuovo – rispetto a quello attuale riduzionista e intimista di CL. Il quale sembra aver abbandonato clamorosamente il suo ben conosciuto carisma storico in modo ormai, viene ripetuto, irreversibile. E questo seppure sotto la guida di monsignor Carron cui don Giustani stesso aveva  consegnato, prima di morire, la guida del suo movimento ecclesiale. Il quale aveva segnato e trasformato la storia allora sonnecchiosa pure di tutta la Chiesa nella seconda metà del secolo scorso.

Già dalle prime parole pronunciate, Negri ha riportato letteralmente ognuno degli astanti al silenzio rapito nella profonda e stupefacente verità evangelica. E questo, con la sete quasi fisicamente espressa di una fede tesa verso la cultura di civiltà. Cosa di cui la quasi totalità degli intervenuti (c’erano pure molti giovani oltre ai consueti Nonni2.0 di cui faccio parte: www.nonniduepuntozero.eu) già conosceva anche da molti decenni, da quando don Negri era responsabile, come semplice studente, della Cultura giessina milanese, una cinquantina di anni fa. I suoi numerosissimi libri, le sue innumerevoli conferenze e la sua feconda carriera ecclesiale  nonché ecclesiastica (già da vescovo di San Marino) che ha disseminato molte migliaia di fedeli ed attivi ammiratori, fanno sì che lo si ritroverà incalzato ammirevolmente, ne sono certo, per un suo impegno a ridare vita al movimento non solo ciellino. Anche con nuove forme. Moltissimi ormai giudicano che CL abbia intrapreso e si sia inoltrata in ben altra strada rispetto a quella globalmente  cristocentrica e pubblicamente rigenerativa della fede viva e attivamente antilaicista, oltreché antistatalista, del più grande educatore del secolo scorso al mondo, Luigi Giussani (in via anche di canonizzazione). Almeno tre o quattro papi erano stati folgorati dalla sua fede piena di sapienza sempre rinnovata e pure postmoderna. Nella tripla platea della conferenza, serpeggiava una densa ostilità verso il nuovo modernismo autololaicista di certi movimenti cristiani, stile Azione Cattolica anni ’50-’60 con l’attuale CL in testa, contro cui monsignor Giussani ha combattuto, ha dovuto combattere, tutta la sua esistenza! La magnificenza della Trinità non permette che la vita dei grandi suoi servitori si prolunghi oltre le apparenti necessità: la suprema e irriducibile libertà degli uomini è sempre in gioco. Essi possono riprendere e sviluppare i semi ben piantati dagli insigni profeti anche della nostra epoca. Oppure possono anche lasciarsi addormentare nell’oblio della ragione suggerito e organizzato dal maligno nel nichilismo comtemporaneo. “Pure estremamente operante all’interno della Chiesa”, ha molto appassionatamente sottolineato il nostro arcivescovo nel suo speech.

È impossibile riassumere brevemente i contenuti della conferenza, pur presentati facilmente in tre punti ben didattici. È questa  infatti la caratteristica dei veri discorsi religiosi, religati strutturalmente cioè ad un solo punto di origine e di finalità: l’alfa e l’omega evangeliche. Ecco perché qualsiasi tema trattato da un uomo profondamente religioso come Negri attira sempre innumerevoli fedeli. Il suo argomento chiave può essere, nella fattispecie, la “sponsalità” come metodo divino nella Chiesa da parte del Creatore rispetto all’uomo e alla sua libertà. Che sia applicato al matrimonio o al lavoro oppure al sociale, è sempre la cooperazione con la creazione e opera di Dio nelle quali l’attività umana è chiamata ad esercitare la sua ricerca nella gioiosa fatica del lavoro quotidiano… Mentre prendevo appunti delle frasi e delle parole chiave che riverberano sempre concetti applicabili ad ogni argomento come linea esemplificativa del reale, mi rendevo conto della ricchezza straordinaria e misteriosamente creativa della visione cattolica. E di quella del Negri in grado di ricollegare e compattare tutta la realtà che il laicismo e il pensiero unico disintegrano e spappolano: nell’incomprensibilità dell’inconcepibile irrazionale. Il diabolico è sempre divisivo e distruttivo. Ecco perchè il cristiano è l’unico uomo coltivato e cosciente – pregante! – veramente garantito di non diventare irrazionale e folle. Avrò così la possibilità di riprendere frammenti e concetti centellinati dal Negri tra l’incanto di tutti i presenti in apnea spirituale, attraverso ben altri altri e spero  prossimi post. Mentre parlava con faconda chiarezza sempre illuminante, mi son sorpreso a pensare come avrebbe potuto resistere il sebben comprensibilmente reticente arcivescovo alla convergenza della evidente e palpabile unità di tutto il teatro Rosetum. Mancano appena pochi mesi al giorno in cui l’Eccellenza dovrà spedire la sua lettera di dimissioni da futuro e improbabile pensionato al Papa per essere liberato dalle sue incombenze pastorali diocesane. Come potrà sottrarsi alle pressioni e alle richieste di cotanto popolo ecclesiale che gli si riconduce appresso? Come potrà opporcisi la gerarchia tutta della Chiesa? Un altro grande arcivescovo, pure ben giussaniano e patriarca alla guida della diocesi di Milano, Angelo Scola (molto citato da Negri), non potrà che condividere verosimilente  un siffatto esito ecclesiale.

È proprio della tradizione ambrosiana, tipicamente milanese, iniziata prima del quinto secolo, che un popolo di Dio autenticamente religioso, “globalizzante e totalizzante” come amava ripetere don Giussani, produce ed “esige” la propria Autorità, in modo ontologicamente “naturale”. È così, credo, che va interpretata l’elezione “dal basso” del vescovo sant’Ambrogio da Treviri (nord-ovest tedesco), lo stesso che poi scacciò dalla sua cattedrale l’imperatore fedifrago che voleva che il suo potere statalista fosse superiore e al posto di quello della Persona, del potere spirituale e della sua inviolabile libertà! Da cui l’origine dell’attuale statalismo cui molta parte della Chiesa putroppo sottostà. Metodologicamente, è questa imprescindible necessità di unità, di unum spirituale ed esistenziale, di divina verticalità e di umana orizzontalità inchiodate nelle due dimensioni emblematiche della Croce; è questo stesso mistero per cui è resuscitato il Salvatore, che il popolo del Dio vivente esige la coniugalità perfetta tra sé e il suo pastore. Altrimenti, gli uomini non possono che continuare a vagare pericolosamente alla ricerca piena e completa della loro sapienza certa e unica. Ci sono segni inequivocabili e chiari che l’Ecclesia deve saper vedere ed intercettare nell’evidenza della storia che vocazionalmente vuole e deve diventare Storia di civiltà cristiana. Questa ben visibile esigenza comunitaria, carismaticamente giussaniana, esprime la necessità di salvare e sviluppare il carisma santificato del molto milanese e autenticamente moderno di Luigi Giussani. Questa è pure ben visibile nella Milano ambrosiana, dai tempi del Berchet.

 

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