Perché hanno deciso di eliminare KTO, la televisione cattolica in Belgio, malgrado i 169 canali (!) distribuiti da una società anche a partecipazione statale? Cos’è allora il laicismo statalista in questione?

L’hanno annunciato per il 30 aprile senza concertazione o dialogo preventivo. E l’hanno già ripetuto: “Non cambieremo posizione”. La decisione è l’espusione di KTO TV dai canali distribuiti da Proximus, una società d’informazione a maggioranza statale (!), che gestisce un numero talmente elevato di canali, per una popolazione di appena 11 milioni, che ogni possibile motivazione è intrinsecamente incommensurabile in rapporto alla gravità inaudita dell’esclusione della sola e unica televisione cattolica e francofona del Belgio. L’arroganza apparentemente sorprendente del verdetto, sprovvisto di qualsiasi motivo, è tanto più clamorosa che lo Stato stesso, rappresentante inclusivo delle comunità linguistiche e di tutti i cittadini, è maggioritario nell’azionariato di questa azienda!
Da dove viene questa insolente e totalitaria decisione, oltre che profondamente illegale, di questi dirigenti statali nel negare a più di 3 milioni di cattolici la loro televisione di fiducia? Perché hanno messo a rischio i rapporti con tutta la Chiesa e con le sue numerose comunità?
Per rispondere a queste domande, una sola parola: “laicismo”.
Questa parola, abbastanza poco usata e desueta nella cultura francofona, non appare nemmeno nei due flyer, due volatini distribuiti in gran numero come prima reazione all’umiliante ingiunzione.
L’ideologia francese, in effetti, da almeno il secolo dell’Illuminismo non pensa ad altro che mettere all’ostracismo la religione cristiana. Così, sotto l’idea della laicità, è in realtà nato ciò che oggi  viene definito il “pensiero liquido” della società dove tutto diventa spettacolo laïcista. Alla condizione che ogni riferimento di trascendenza sia escluso dallo spazio pubblico della società detta moderna (in realtà modernista, molto modernista).
I situazionisti francesi l’avevano defininto all’inizio degli anni ’60 “la società dello spettacolo e lo spettacolo della società”. Tutto ciò che non è assimilabile allo “spettacolo” pubblico deve essere escluso dall’evidenza dell’universo. La religione, soprattutto quella cattolica, deve così essere confinata da tutti i nichilisti di questo mondo nella dimensione privata e intima di ciascuno, nel recinto della propria casa personale, nelle sagrestie della terra. Una televisione cristiana, soprattutto una televisione cattolica, non può – per questi atei relativisti che proclamano di fatto che la sola “religione” legittimata a parlare pubblicamente è la loro, quella del “pensiero unico” e del politically correct – deve essere tranquillamente tolta di mezzo. A spalleggiare i miscredenti campioni della secolarizzazione, ci sono molti cristiani autolaicisti che perseguono – i babbei – gli stessi obiettivi… Le motivazioni ufficiali di questa gommatura possono essere indifferentemente di qualsiasi natura: anche il pretesto scontato della “debole audience”. Non verificabile del resto – se mai si dovesse avere une prova – in quanto le audience, in ogni caso richieste, non sono mai state consegnate… La pretestuosità  di questa motivazione, pure impudicamente avanzata nel totalitarismo della stessa informazione negata (ciò che costituisce il colmo per una impresa di comunicazione!), è stata dimostrata dal fatto che in qualche giorno sono state raccolte 18.500 firme su Internet come protesta, contro l’esclusione assurda, incomprensibile e incredibilmente inaccettabile.

Nessuno però sembra essersi accorto del fatto che l’attitudine insensata e incongrua di Proximus dipende da un atteggiamento paradossalmente pseudo-religioso e supposto totalizzante (dittatoriale) senza alcuna legittimità ontologica, ma solamente di potere irrazionale e pure illegale! Del resto, nessuna motivazione, anche  certificata, sarebbe in grado di giustificare una esclusione di tale portata. Essa è implicante la “libertà di espressione e di educazione”, l’”esistenza del pluralismo”, l’assicurazione della “diversità di opinioni”, la disponibilità di un “dialogo pacato », la libertà dei “piccoli donatori” (di cui la televisione cattolica in questione è beneficiaria).
Ma soprattutto, con che diritto un’azienda pubblica si arroga arbitrariamente la facoltà di espulsione d’office e indiscutibilemente antidemocratica?
I poteri pubblici sono responsabili di siffatto dispotismo nella gestione. I cattolici sono altrettanto cittadini quanto tutti gli altri!
Lo Stato deve solo garantire che la democrazia sia applicata: è già un grande scandalo che questo tipo di problema laico e democratico sia anche solo posto come attualmente.
In effetti, la qual cosa viene chiamata “laicismo”, vale a dire abuso di potere sulla laicità rappresentativa delle sue comunità nei suoi organi e nei suoi beni. E tutto questo è invece avanzato al posto di un diritto semplicemente laico da parte della (grande e storica) comunità cristiana, in quanto rappresentativa nel disporre di almeno un mezzo pubblico per comunicare ai suoi fedeli e ad altri settori della popolazione.
Peraltro lo stesso discorso sarebbe altrettanto valido se la società fosse anche totalmente privata. Questa, infatti, deve produrre – in caso di distribuzione di un servizio di comunicazione pubblica – la possibilità sempre democratica relativa all’interesse del bene comune, del prezioso bene comune.
Una impresa di comunicazione statale non è come una fabbrica di chiodi.

Da dove viene questa deformazione ideologica constatata, che può solo sorprendere per l’assurdo delle sue conseguenze applicative? Essa viene dallo statalismo, la malattia più radicale e assassina della nostra era nelle nostre società. Questa malattia, ormai una patologia quasi incurabile dei nostri riflessi sociali ed economici, si fonda su una sola causa: la dominazione del principio dello Stato sulla Persona.
Si tratta della deformazione devastatrice della semplice distinzione tra il potere di Cesare e le leggi di Dio. La prima è diventata, progressivamente negli ulrimi due secoli, la prevaricazione arbitraria del potere statalista sulla libertà inviolabile della Persona e delle sue comunità.
Altrimenti come spiegare detta ingenuità comportamentale da parte di questi piccoli funzionari manager arroganti, tanto più subordinati all’azionista di riferimento dello Stato, anch’esso però statalista e laicista da decenni? Non a caso, il Belgio è forse il solo paese al mondo che ha approvato una legge per eutanasiare i bambini (!): per “compassione”, dicono.
I responsabili della Chiesa dovranno, nel caso, mettersi alla testa di questa lotta in quanto essa si situa al cuore di ciò che viene posto oggi – indipendentemente anche dall’entità della cosa in sé – dove tutta la spiritualità è attaccata dai nemici eterni della Verità e della Chiesa.

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