Transumanesimo e ontologia, le due parole chiave del movimento cattolico francofono, quasi inutilizzate in Italia: è dal piano culturale che prende piede una certa debolezza politica della strategia pubblica dei cristiani. L’origine irriducibile dei valori non negoziabili.

Le leggi laiciste fondate sull’ateismo e sull’arroganza politica della concezione detta “republicana” nei paesi francofoni (la cui origine riporta alla rivoluzione francese) non sono certamente il modello esemplare sul piano internazionale. E questo anche se papa Emerito Benedetto riconosce giustamente il prestigio di una certa razionalità illuminista. Dunque mi limiterò qui a criticare gli aspetti più preponderanti del suo razionalismo, evidentemente non razionale. In effetti si tratta giust’appunto di questa posizione, tremendamente e unicamente antropocentrica e nichilista, che ha permesso al movimento cattolico dei paesi generalmente francofoni un rigore e una radicalità, in ogni caso, assolutamente di eccellenza. Dovrebbe anche essere evidente la stupidità della pretesa di escludere tutta la presenza divina, soprattutto della Rivelazione, al posto di limitarsi a celebrarne la sola distinzione già evangelica (ciò che è di Dio e ciò che appartiene a Cesare…). La vita pubblica di un paese “repubblicano” (idem nel piccolo regno del Belgio dove vivo)  deve essere in principio, secondo questa diffusissima opinione, assolutamente sprovvista di ogni riferimento trascendente, dunque religioso. Questa concezione politica autodefinita come “laica”, in realtà ben laicista e profondamente diversa dalla visione sociale americana dove Dio non è mai stato posto all’ostracismo, ha indotto i movimenti francofoni cristiani a una radicalità critica corrispondente e simmetrica che li ha spinti ad impadronirsi, nella pratica corrente, di due parole chiave: “transumanesimo” e “ ontologia”.
Il primo termine descrive il processo mostruoso ed inumano – proprio alla pretesa del secolo detto dei Lumi – di rendere l’uomo, creatura per antonomasia, come totalmente autononomo e autosufficiente.
E il secondo termine, ontologia, definisce la natura intrinseca, immodificabile e irriducibile del tessuto umano che lo rende eternamente uguale a se stesso, al di là della sua evoluzione e delle sue caratterizzazioni geoculturali.

La civiltà crea sempre neologismi – ne ha il dovere – per definire i fenomeni della sua storia. La Genesi della Bibbia già lo prescriveva, attribuendone all’uomo la facoltà di tutto dominare denominando.
Transumanesimo ne è uno: esso stigmatizza la devastazione contro natura che la fantascienza aveva parzialmente descritto con la parola “mutante”. Nietzsche l’aveva pure fatto, ma con una connotazione positiva e inquietante, tramite l’appellativo “superuomo”. Invece ontologia esiste tranquillamente nella tradizione, ma è considerato un termine specialistico e desueto di tipo “troppo” teologico. Mentre, da un punto di vista del suo significato semantico, sarebbe anche di uso abbastanza corrente. È molto diffusa, ai nostri giorni, l’idea di trasformare tutto in “diritto” (urgente anche di essere tradotto in legge), secondo i desideri e senz’altro più, anche da parte di una minoranza infima. La parola ontologia fissa così il significato di ciò che non diventerà mai variabile, di quello che l’Essenza denota nell’Essere e nell’esistente stesso, indipendentemente dalle sue declinazioni e dai suoi adattamenti inevitabilmente e opportunamente storici. Queste due parole configurano così una determinazione certa di ciò che è e rimane, da una parte, e dall’altra parte, una analisi dell’abominevole e arbitraria trasformazione denaturata. Ciò che gli uomini vogliono realizzare per soddisfare le loro ideologie capricciose, fino a trasformarsi in zombi, costituisce la follia oggi più masochista e modernista (non moderna): si tratta l’attuale transumanesimo composto principalmente, per esempio, di gender, aborto e eutanasia (anche dei bambini!)…
La determinazione dei valori non negoziabili non è dunque altro che l’individuazione della natura intima, non trasformabile e inerente alla verità imperitura che fonda ciò che la vita e l’umano intrinsecamente sono e saranno sempre. Siccome l’uomo ha la facoltà e l’obbligo di creare e ricreare ogni cosa in cooperazione con Dio e con le sue leggi, ha anche l’impegno più che morale della fedeltà perfetta alla sua natura intima che definisce l’armonia del cosmo, del logos e di ogni cosa. In una parola l’ontologia. Tutta la libertà ne dipende. Questa evidentemente non vuol dire fare ciò che si vuole ma ciò che è intrisecamente e veramente da realizzare razionalmente. Hegel l’aveva formulato genialmente così: “la libertà è la coscienza (operativa) della necessità”. Da cui l’apparente intransigenza dei valori non negoziabili! Questi sono invece l’umile obbedienza assoluta all’Essere creaturale e ontologico. Altrimenti si cade fatalmente nella perdizione dell’orribile transumanesimo.
In fondo, questo non è altro che la sostanza principale delle attuali lotte politiche fondamentali. E non solamente del gender, intrinsecamente parziale e contenuto come parte nella nuova barbarie invadente.

Attualmente, da qualche anno in Italia, si tratta di ricostituire un partito cristiano. Anche a livello europeo (aggiornandone e allargandone pure il PPE).
Ma fare un partito implica dotarlo di una strategia culturale oggi globale e praticamente conforme alla dimensione planetaria. Il dibattito è aperto e i lavori di preparazione sono in corso, in quanto ci si deve posizionare anche rispetto ad un attacco inaudito, superficialmente efficace oltreché ideologicamente senza precedenti sul piano mondiale, alla cultura storica della civiltà realmente cristiana. Bisogna dunque dotarsi di un discorso adeguato, moderno et non modernista, ontologico ma non passeista, religioso e non clericale. Vasto programma, avrebbe esclamato De Gaulle. Tuttavia non c’è altro da fare di più importante in questi paesi europei senza alcuna rappresentazione politica cristiana tanto necessaria. Peraltro, il Compendio della dottrina sociale ella Chiesa, édito dal Vaticano nel 2004 con i suoi 583 articoli e quasi altrettante pagine (in molte lingue), aspetta sempre di essere utilizzato in tutta la sua gigantesca dimensione sapienzale… Oggi un partito cattolico ha tutta la sua legittimità e indispensabilità universale. Il tabù della sua confessionalità non ha più alcun senso in quanto, prima di tutto, un partito non è mai eterno (esso non è che uno strumento). E, soprattutto, i suoi veri fedeli praticanti attivi sono diventati una reale piccola minoranza molto ridotta e generalmente poco rigorosa nella sua cultura. Ci si deve considerare ormai, e ancor più di prima, piuttosto come “lievito” indispensabile o “sale della Terra” veramente necessario.
Il processo di secolarizzaione e di scristianizzazione generale è talmente avanzato che bisogna concepirsi come una Chiesa in totale rifondazione anche sul piano pedagogico – ben inteso nella Tradizione cristocentrica – come alle sue origini.
Dunque preoccuparsi di disporre di parole pertinenti e precise, per dirlo chiaramente e rigorosamente anche in modo omogeneo sul piano internazionale, non è un semplice dettaglio perdipiù inutile.

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