Quali sono le responsabilità della generazione dei nonni sulla crisi antropologica, culturale ed economica che non finisce di devastare la nostra epoca? Non si sfugge all’appartenenza alla propria generazione: anche se all’opposizione, si è oggettivamente implicati!

Non molte critiche, ma sempre più se ne incontrano indirizzate alle due generazioni che dagli anni ’60 si sono rese responsabili del disastro – programmato dall’ideologia anticristiana e laicista, progressivamente dominante già da secoli – che sta attanagliando il mondo occidentale (e non solo) sul piano economico. Ormai lo ripetono spesso anche i cosiddetti “esperti” che paradossalmente arrivano alle verità anche evidenti molto in ritardo, anche di decenni. Dopo molti anni di falsi annunci per cui tutto procedeva normalmente, oppure che la crisi economica era ormai debellata e che la ripresa era in corso, anche i più ottusi cominciano a porsi domande meno superficiali, occasionali e strumentali sulle ragioni della “crisi globale” della nostra era che puntualmente si prolunga (aldilà della fine normale delle recessioni). Analisti ingiustamente inascoltati come Ettore Gotti Tedeschi, ex ministro delle finanze vaticane, sono portati a volte nelle prime pagine se non in interviste alle televisioni. Cosa dicono questi molto poco applauditi da molti anni? Affermano con dimostrazioni accurate che la crisi economica è quella molto grave della denatalità ben assestata a meno di un figlio virgola tre o quattro per ogni donna. Essa è anche quella della pensione (e prepensione) media europea a 56 anni e qualche mese, quella della disoccupazione record e quella giovanile a quasi il 50%. È la stessa dello statalismo burocratico alle stelle in ogni paese europeo. Più di un miliardo e mezzo di non nati in mezzo secolo, tra aborti banalizzati e politiche anticoncezionali in massa di fatto antifamiliari: tre volte, almeno, l’attuale popolazione europea non partorita! Con un crollo storico della domanda interna ai paesi sviluppati: come non vederla in quanto  causa principale della crisi anche intuitivamente?
Dopo aver attribuito alla politica (cioè agli altri) – come al solito – la responsabilità di questo sfacelo artificiale, i meno ottusi cominciano a chiedersi chi, quale generazione e con quale motivazione, ha demandato anche alla politica il compito di organizzare una strategia  innaturale, occulta e diabolica di questa portata! Tanto più, che nello stesso lasso di tempo di due generazioni (anche quella dei figli divenuti adulti di cotali attuali nonni), si sono accumulati debiti pubblici giganteschi per garantire alle masse popolari un livello di vita pseudo-edonistico al di sopra delle loro possibilità. Così se nel 1960, in Italia (ma anche in molti Stati europei), i veri lavoratori dovevano  lavorare fino a metà aprile per pagare le tasse statali, oggi si è giunti a doverlo fare oltre metà settembre.
Per avere una idea dell’ordine del costo in interessi di detti debiti cumulati e mai veramente rimborsati  (messi immoralmente e antidemocraticamente sulle spalle delle future generazioni), e sempre per fare l’esempio statalista italiano (debito aoltre il 135% del PIL) non imparagonabile con parecchi altri paesi del nostro Vecchio Continente iperstatalista da pagare annualmente e inevitabilmente, bisogna pensare ai sempre ben nascosti attuali 90 miliardi: un cifra tabù di cui nessuno parla, nemmeno l’opposizione, sebbene si tratti di una spesa superiore a più dell’80% (!) di tutta la spesa sanitaria già oceanica nel Belpaese.

Le politiche politicistiche dei governi di sinistra, di destra come pure di centro non hanno fatto che obbedire, come del resto  sempre in democrazia, al volere o ai desideri degli elettori: si è giunti così al potere politico – per quante volte! – dopo aver eletto una classe di politici strutturati in partiti utilitaristici e autoriproduttivi di cui tutti si lamentano – per certi versi a torto – per gli incredibili privilegi che si sono attribuiti. Stessa considerazione per la nuova classe iperpotente dei financieri in tal modo indotta !
Così, se non ci sono sostegni alla famiglia, se si sono creati molti milioni d’inutili statali in Europa, se si non fatti debiti inauditi e se si diffusa una ideologia e un edonismo a scrocco sul futuro, è perché per ben due generazioni  i politici hanno prodotto leggi e iniziative in linea alle volontà popolari. Bisogna avere almeno il coraggio di dirselo, soprattutto dopo anche più di cinquant’anni di pervicaci e reiterati errori che Ronald Reagan aveva definito come scaturiti dall’orribile “legge dell’asimmetria”. Sarà pure molto duro ammetterlo, ma non si può svicolare. Appartenendo inevitabilmente alla propria generazione non ci si può comunque chiamare fuori. Tanto più che siccome la crisi è innanzitutto di tipo culturale, donde la conseguente crisi economica, tutti indistintamente sono stati implicati più o meno attivamente…
Questa crisi provocata dal nichilismo e dal pensiero unico in questione è diventata anche alquanto antropologica e, soprattutto, religiosa: ci si è ribellati, in modo particolare dagli anni ’60, alle leggi di Dio e della Chiesa. E i cristiani lo sanno, o dovrebbero saperlo: non ci si ribella al Creatore e alle sue leggi naturali impunemente. L’armonia del Creato sconvolta produce fatalmente catastrofi, pure economiche.
Invece si deve constatare che il sale è diventato – come detto nel Vangelo – scipito: nessuna critica (solo qualcuna sporadica) alla denantalità attribuita da decenni all’”intangibile” arbitrio individualistico. Anche da parte dei cattolici, malgrado l’enciclica Humanae Vitae calunniata ma mai puntualmente contestata razionalmente.
Mentre anche i demografi calcolano (non ci vuole del resto molto…) che per solamente mantenere i livelli di popolazione, occorrere un tasso di natalità superiore a 2,1.

Non solo da un punto di vista morale – già gravissimo rispetto alla semplice verità – il clero della Chiesa è diventato generalmente permissivo, molto permissivo.  Mai questi temi sono trattati nelle catechesi diventate progressivamente sempre più spiritualiste ed intimiste, quando non lo erano già tradizionalmente. L’intimismo spiritualista, si sa, ha come effetto pratico di rendere il messaggio cristiano astratto e solo psicologistico. E soprattutto permette a ciascuno di fare ciò che più ritiene opportuno sganciato da ogni missione ecclesiale e testimoniale.
La ricerca cruciale di trasformare la fede in cultura di testimonianza è così annullata nella comportamentistica fatalmente massificata e personalista. Il cristianesimo avulso dalla vita diventa così la regola individualistica sottomessa all’arbitrio peccaminoso dell’ideologia più narcisista.
La domanda centrale se la vecchiaia possa essere solo un peso oppure una riserva preziosissima per la società sempre intergenerazionale rimane in tal modo senza risposta.
Ciò che rende possibile la testimonianza  pubblica di una generazione o di una persona è la coscienza operativa e pedagocica rispetto ai propri errori compiuti: anche se solo solidarmente con la propria generazione. Non fosse che per ricuperare veramente quella gratitudine molto compromessa oggi tra nonni e nipoti che garantisce l’unità intelligente e misericordiosa della società.
Nella ormai lunga longevità dei nonni attuali questa loro indispensabile funzione sociale e personale non può diventare attiva senza una radicale autocritica storica. Però non solo personale ma generazionale!

Laisser un commentaire