Non l’assenza nella testimonianza sociale e nemmeno il sostegno ai molto statalisti « corpi intermedi » sono atteggiamenti cristiani! Come il cattolico contemporaneo si deve comportare sul pubblico?

Da una decina d’anni, praticamente dai miei sessanta, mi son continuamente interrogato su quale fosse l’associazione cattolica ideale in cui militare. Ero già giunto ad essere più o meno parzialmente critico anche di movimenti in cui la mia giovinezza e la mia vita si erano plasmate. Attualmente sono iscritto alla Fraternità di CL, con la famiglia sostengo 6 bambini a distanza dell’”AVSI”, faccio parte come imprenditore della Compagnia delle Opere anch’essa fondata da don Giussani, sono entrato tra i primi con mia moglie in Nonni2.0, sono un sostenitore del quotidiano “La Croce” e un grande ammiratore di Amicone compreso tutto il suo settimanale sempre giussaniano “Tempi”. Sono rimasto positivamente stupefatto nel partecipare, a Roma in Santa Maria Trastevere, alla comunità di Sant’Egidio sapendoli ogni sera (!) riuniti in chiesa a pregare oltreché cantare salmi per più di un’ora (erano più di un centinaio). Sono stato impressionato dalla fede dei neocatecumenali di Kiko Arguelo a piazza San Giovanni, alla grandiosa manifestazione romana sulla difesa dell’educazione dei figli contro il Gender… C’erano là in piazza anche le originariamente solo francesi “Sentinelle in Piedi” italiche e moltissimi membri del “Mouvement pour tous” (sezione italiana), per ricordare la dimensione anche internazionale di questo nuovo movimento globale che, nel mistero dello Spirito Santo, sta sorprendendo tutti e sta superando clamorosamente vecchie dinamiche, anche spocchiose e piccine, dell’ecclesia abituale.
È successo, forse senza che nessuno se ne accorga troppo, che grandissime figure carismatiche che da metà del secolo scorso si son viste misteriosamente irraggiare la loro fede cristiana sapienzale – certamente postconciliare – in vari movimenti che hanno vivificato la Chiesa. Ecco, è proprio la Chiesa, su quella raccolta intorno e con il Vescovo di Roma, anche di Papa Bergoglio, l’antica e stupefacente casa dell’Entità trinitaria su cui, dall’inizio di questo millennio, vado anch’io interrogandomi. I carismi cristocentrici si sono fusi in una unità ecclesiale sigillata dalla santità di almeno un cinquantenario di cinque papi in sequela: san Giovanni XXIII, Paolo VI, san Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e papa Francesco. Innegabile è pure l’influenza piuttosto qua e là satanica, col suo “fumo diabolico”, come diceva il Papa Montini, nella cultura vivente della Chiesa universale. Ma forse mai come in questa nostra nuova era si è potuto riscontrare una unità, e una ricchezza divina di rigore, in rapporto diretto con i destini del mondo.
E questo, malgrado l’apparente dominazione dell’ideologia miscredente nichilista nell’esistenza degli uomini detti moderni.
Com’è possibile poter giungere ad affermare questa sorta di ossimoro, per cui il tentativo costante dell’annientamento della tradizione cristana e il relativismo distruttore di ogni certezza di Verità, possano coesistere con una unità, almeno teologica, mai forse così riunita intorno al Corpo Mistico?

È vero, nella nostra Chiesa quotidiana – come sempre – sono infiltrate parecchie “eresie” proprie e mutuate dalle varie ideologie correnti nel nostro universo soprattutto negazionista e ribelle. E soprattutto narciso, al punto d’aver arrogantemente posto la pochezza e sempre provvisoria della tecnoscienza al posto intangibile del Mistero vivente della Trinità. Ma queste brutture continuano a vivere, si direbbe meglio “sopravvivere”, come corpi estranei alla grande Luce accesa da parecchi e decennali magisteri postconciliari che vanno dall’Humanae Vitae fino all’ultima enciclica di Francesco sulla vera ecologia.
Tutto a suo suo tempo. Le strategie e i tempi di Dio e della Sua santa Chiesa non sono quelle del maligno.
Ma allora è forse vero che tutto va bene, e a me, piccolo cristiano, non viene chiesto nulla di particolare? Niente affatto!
Ogni singola persona cristiana ha la vocazione, umile ma irriducibile, di essere fedele nella relativa sapienza del proprio carisma storico e comprovato: il carisma è di ogni persona. Quindi ognuno è investito della missione di affermare la verità specifica, anche la più piccola, che la sua storia gli ha trasmesso. Nella totale e umile fiducia che la Provvidenza farà emergere anche nella realtà e negli spiriti la Verità cristocentrica, ciascuno deve seguire, tenace come un minuscolo profeta, gli insegnamenti pure fattuali che gli sono giunti da tutti gli altri carismi che avevano seminato nel suo cuore, come pure nel corpo storico delle comunità.

Così, mi ritrovo a dover giudicare, con molta prudenza e circospezione, ma comunque giudicare precisamente, sugli accadimenti contemporanei perché, come ha sempre insegnato il nostro carismatico maestro, don Giussani, il cristiano deve cercare di redimere ogni giorno la vita universale come lo faceva Gesù. Non solo globalmente e al punto più alto nella Resurrezione dopo la sua sciagurata condanna a morte da perfetto innocente; ma nella continuità quotidiana da uomo vivo che doveva far rinascere la vita che il nichilismo relativista, o pagàno del suo tempo, uccideva nello stillicidio dell’esistenza senza senso e senza beatitudini. È in questa imitazione di Cristo, del Cristo vivente, che don Giussani è stato percepito come il più grande educatore del ventesimo secolo (in via di canonizzazione). Egli ha reso prima GS (Gioventù Studentesca) – per me è stato GL (Giovani Lavoratori a Milano) – e poi CL (Comunione e Liberazione), come protagonisti attivi, attivissimi, della vita sociale dei suoi sessant’anni di apostolato, non solo in Italia: il giudizio cristiano è sempre così stato presente come testimonianza cruciale del Dio vivente nel Paradiso che comincia sulla Terra, tra gli uomini.
Pensare e vivere oggi questa pastorale, certamente non “autoreferenziale” come ha ben detto e lucidamente giudicato Papa Francesco all’incontro con CL il 7 marzo scorso in piazza San Pietro, può mettere in opposizione con l’attuale linea dirigente del movimento. Questa ha ritenuto stranamente “inopportuna” la sua partecipazione – tanto attesa, malgrado la sua già chiara deriva spiritualistica e psicologistica! – alla manifestazione di Roma del 20 giugno. È naturalmente una sofferenza, ma non ci si può sottrarre di viverla autenticamente in piena realtà.
La stessa cosa può essere detta della linea sempre più statalista che appare dall’atteggiamento politico della medesima direzione rispetto alle dichiarazioni a favore dei famosi e cosiddetti “corpi intermedi” che invece il principio della libertà umana e della predominanza della Persona sullo Stato dovrebbe massimamente sempre eliminare senza esitare: questi corpi sono piuttosto, in generale, il cancro mortale in metastasi nella nostra era. Questa è miseramente edonista e follemente indebitata, quasi senza speranza, sui pochissimi figli e nipoti generati!
Sempre il carismatico don Giussani amava ripetere che “dopo la parola Dio, c’è solo quella di Libertà”.
Lo statalismo, con le sue infinite tasse, afferma il contrario.

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