Per continuare a vivere al di sopra dei propri mezzi, i popoli europei aumentano i loro debiti dopo avere messo tutto sul gobbone dei propri figli e nipoti!

Quanto è costato e costerà alla Gran Bretagna l‘aver sforato più del 9%, in 2013-14, il bilancio nazionale?
Nessuno se lo chiede e tutti applaudono al piccolo “rilancio” dell’économia inglese grazie a questo strappo di più di tre volte il deficit dell’UE (del 3% massimo). Quanto al “rilancio”, bisognerebbe parlare di appena un molto parziale recupero sulle recessioni precedenti… E pertanto tutto si paga e si pagherà. La litania da molti anni contro la cosiddetta “austerità” è praticamente unanime, dalla Sicilia alla Scozia. Tutti o quasi a denigrare l’austerità europea, come se non fosse stata concepita nelle sue regole monetarie ed economiche con conseguenzialità. E questo perfino nella rigorosa (non veramente poi tanto) Germania. In effetti, per cercare di rilanciare le economie esangui dei paesi europei, i governi, i partiti, i sindacati, i giornalisti, gli economisti e gli intellettuali non hanno trovato di meglio che aumentare i deficit pubblici. Quindi aumentare i debiti secondo la linea seguita ininterrottamente dagli anni ’60. Da due generazioni scellerate nel loro edonismo straccione ed egoista per vivere al di sopra dei propri mezzi. Anche la “liberale” Gran Bretagna ha così raggiunto i 110% del suo debito pubblico rispetto al PIL. Terza solo alla Grecia (320 miliardi e 180%) e all’Italia (2.200 e passa con 135%). Perfino il Belgio, dove vivo da decenni, con i suoi 105% di debiti statali al suo reddito è stata superata da Cameron. Tutti gli Stati del nostro Vecchio continente non han fatto altro – e continuano! – che aumentare i debiti senza mai, molto allegramente, rimborsarli. Li pagano e, soprattutto, li pagheranno le generazioni dei nostri figli e nipoti. Ormai si sa, li abbiamo generazionalmente gabbati. In modo pure antidemocratico: abbiamo rifilato loro debiti colossali senza loro chiedere alcun parere, va da sé.
È ben vero che la nostra generazione paga ogni anno interessi la cui entità astronomica è conosciuta da nessuno e nascosta accuratamente da pochissimi “esperti”. Già agli inizi degli anni ’90, alcuni esperti della Lega Nord avevano avanzato cifre spaventose e allarmanti che furono sommariamente respinte e minimizzate, oltreché mistificate, con l’accusa sempre insultante di “populismo”. Ora questi interessi, di molto aumentati, hanno superato – per esempio in Italia – i 90 miliardi e hanno bloccato i necessari investimenti per la creazione e l’ammodernamento del lavoro. Risultato: disoccupazione massima con quella giovanile a quasi il 50% in Europa, e con una larga parte di occupazione precarizzata. Onde per cui, i giovani nemmeno possono veramente rimborsare né interessi né debiti. La Grecia, a sua volta, chiede ancora prestiti e aumenta il suo debito già da molto tempo insostenibile alla sua piccolezza. Parallelamente, vengono svolte anche campagne spudorate e scervellate, ben che fondate, contro la nuova classe di parassiti finanziari (le banche) che impongono pure le condizioni esose di cotali oceanici debiti pubblici.

A dire il vero, le opinioni pubbliche cominciano timidamente pure ad imparare a far di conto. Siccome appare molto insufficiente aumentare i deficit, naturalmente frenati dai sempre validi e sottoscritti trattati europei, i politici cominciano a parlare di diminuire le pesantissime tasse che, ormai è evidente, hanno paralizzato pure tutte le nostre economie. Ma siccome nessuno osa toccare agli ciclopiche riduzioni della spesa pubblica corrente – nemmeno se ne parla, per paura degli innumerevoli privilegi e parassitismi – si comincia a dubitare dell’autenticità di siffatti “annunci” propagandistici e, va da sé, elettorali. Il tutto, peraltro, è cominciato con i prestiti alla Grecia reticente a fare riforme per tirare la cinghia e per adeguarsi ad un tenore di vita vicino alla loro reale e misera condizione. Del resto, la stessa considerazione può essere pertinentemente applicata alla quasi totalità dei paesi europei, anche nordici.
Ma non solo a far di conto sono indotti i popoli dei nostri giorni. Anche sul piano logico-formale, su quello dell’analisi culturale e pure teologica (nel senso della disamina delle cose di Dio nel mondo), larghi strati delle popolazioni con i loro leader, sono giunti a dover approfondire e prendere in esame problemi abitualmente trattati superficialmente. I nodi che vengono al pettine della storia lo impongono. Quando non più di tre anni fa, i creditori della Grecia avevano scucito 100 miliardi per “tagliare il debito ellenico e riportarlo al 124% del Pil entro il 2020”, anche la generosità antiaustera (Europa oblige) incontra problemi : il ministro tedesco Schäulbe non è per niente isolato.
Comincia a frullare nelle testoline infondatamente ottimistiche europee che molto probabilmente, quasi sicuramente, le analisi prodotte della leadership europea sulla crisi economica sono molto superficiali. Il mondo è talmente cambiato e la crisi è così grave e generalizzata, che le giustificazioni attribuite alle crisette causate dalle banche americane appaiono ormai risibili.

Così anche i seguenti concetti vengono presi in conto – cominciano ad esserlo – molto problematicamente : i “poveri col welfare” che vanno in pensione o prepensione mediamente in Europa a 56 anni; l’aiuto ai popoli “che non dispongono della stessa analisi sulla crisi” e, perdipiù, riduttiva e sbagliata ; la “mancanza di contrizione pubblica (riconoscere almeno i propri errori!), per esempio, sulle liberalità parassitarie che ci si è accordate” alle spese pesantissime per i figli e per gli altri paesi creditori; la “nozione di misericordia (ce n’è anche una laica) e di reciprocità, e non della testimonianza privata” ma relativa a quella statale e statalista…
Fra l’altro, siamo ancora molto lontani dal riconoscere la vera e prima causa della crisi economica mondiale: la denatalizzazione gravissima da due generazioni: si legga piuttosto Gotti Tedeschi, ex ministro dell IOR, nella sua analisi impeccabile quanto sconosciuta. I demografi stimano (per difetto) che mancano 1,5 miliardi di nascite(tre volte l’Europa, occorre ricordarlo)!
Sto leggendo un saggio teologico del molto discusso cardinale tedesco Walter Kasper, intitolato just’appunto “Misericordia”: si tratta del controverso prelato che aveva cattoprotestantesimamente introdotto al Sinodo sulla Famiglia l’anno scorso. E di questo suo libro corposo di più di 300 pagine che già nelle sue prime scivola sui concetti di carità e di perdono. Tratta di un problema attuale anche se non in modo ortodosso. E questo sia per la sua dimensione pubblica che privata, di unilateralità e reciprocità.
Come pensare, infatti, di offrire ancora prestiti alla Grecia, dopo averlo fatto sei volte negli ultimissimi anni, e dopo che il referendum è stato votato, a larga maggioranza, da appena alcuni giorni contro le indicazioni europee degli altri paesi, soprattutto in considerazione delle difficoltà economiche per gli stessi deficit generalizzati?
All’orrendo nichilismo laicista europeo, pure dominante, l’imposizione di limiti appare molto giustificato. Prestare pubblicamene ad uno Stato e aiutare privatamente nella testimonianza un confratello non è la stessa cosa.

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