L’inutile logorrea infinita sui debiti pubblici a gogo dell’uomo contemporaneo: questi cerca di districarsi nell’assurdo “pensiero unico” prodotto dalla sua ricerca di scrollarsi dell’idea di vivere come se Dio esistesse.

Il nostro “Stato di diritto”, baluardo della civiltà occidentale, è stato fondato dai romani, più di duemila anni fa. Ufficialmente, tutti gli Stati sovrani europei e l’Europa Unita stessa ne sono ancorati.
Ebbene, i romani avevano il diritto di poter detenere privatamente, nelle celle in giardino o nelle cantine delle loro case, i loro debitori insolventi. Le attuali banche giapponesi, in quanto non europee, sono le prime ad essere rimborsate per i loro prestiti al nostro Vecchio continente, nel qual caso alla Grecia, con i proventi degli 87 miliardi che verranno o dovrebbero essere elargiti, ancora una volta, per il salvataggio ellenico dal suo ennesimo fallimento virtuale.
Perché virtuale? Perché, come lo ripete il più intelligente e forse più stimato economista italiano, il cattolico professor Sapelli, gli Stati non fanno mai fallimento come una qualsiasi impresa o persona fisica, ma ad essi basta burocraticamente produrre all’uopo, dell’inflazione o aumentare le tasse…
Così, è diventato abituale credere che lo Stato debba fare debiti per lo sviluppo dell’economia del suo paese civile. Quasi tutti gli esperti in economia e i politicanti (clamorosamente irresponsabili e spesso analfabeti pure in calcolo e rappresentatività di risorse) ragionano – meglio sarebbe dire “speculano più o meno dialetticamente” – all’interno di questa idea tranquillamente acquisita.
Per vederlo, basta seguire, anche brevemente, un qualsiasi dibattito economico in uno dei canali televisi in Europa per rendersi conto di questo clamoroso luogo comune! Tutti i discorsi fatti altro non sono che espressioni infantili della totale subordinazione politicistica a siffatta visione: si ha sempre la prova documentata che, non solamente in televisione ma anche nelle istanze istituzionali nazionali e internazionali, ci si comporti come in un fattualmente inutile e gigantesco gioco del Monopoli. Sempre predeterminato, in quanto futile, eccentricamente ludico e sistematicamente… elettorale (propagandistico). Il popolo, i cosiddetti elettori, sono così considerati gonzi da trattare in modo costantemente demagogico e ideologico. Fino al punto che i sedicenti esperti e politicanti diventano di fatto e fatalmente, nella loro stessa prassi, i medesimi e inutili sputasentenze.
In tal modo si dà per acquisito il principio, sul piano però solo pubblico, che si debba vivere di debiti. Allorquando, ogni buon padre di famiglia sa che i debiti sono un gravissimo rischio da intraprendere, eccezionalmente, solo in condizioni assolutamente garantite, per esempio con il consenso costruito di tutta la famiglia attivamente impegnata nella restituzione anche lunga: sono queste le stesse condizioni di garanzia esigite (salvo i beni materiali) dalle banche per accendere crediti.
Ma gli Stati, secondo la prassi e le teorie finanziarie dei grandi economisti, non possono fallire attuando vari accorgimenti (fondamentalmente aumentando tasse e inflazione, stampando cioè moneta).
Soprattutto dagli anni ’60, si sono così dati al debito pubblico a gogo.
Onde per cui si è giunti in pressocché tutti i paesi detti moderni a debiti giganteschi, quasi incalcolabili, cumulati anno dopo anno fino a ormai considerarli insostenibili e non rimborsabili, o quasi.
In effetti, gli attuali debiti pubblici colossali non sono stati mai pagati nella loro sacrosanta restituzione.
Se ne giunge a pagare solo gli obbligatori e lauti interessi annuali che hanno realizzato le fortune dei rari creditori (le banche, fondamentalmente) diventati i membri di una nuova classe storica detta “finanziaria”, di natura prevalentemente parassitaria. Questa è giudicata, contemporaneamente e non a caso, un grande “ostacolo”, un vero macigno contro lo sviluppo dell’economia mondiale. Per esempio, le ultime encicliche di Papa Francesco e di Papa Ratzinger (Caritas in Veritate) ne parlano pure in chiaro dettaglio…
Naturalmente, questa mia analisi è considerata ingenua, primitiva e irrealistica dai grandi “esperti” in economia che infestano endemicamente la nostra vita contemporanea: sono gli stessi, sempre meno celebrati, che non hanno assolutamente previsto e, soprattutto, nemmeno capito le vere cause della crisi economica!

Conseguentemente, tutto il dibattito e il trattamento del problema sul debito pubblico nei paesi occidentali è diventato emblematico della vera crisi culturale ed anche antropologica che ne è la vera causa.
Si possono trovare, sia nell’orizzonte che nei contenuti di siffatto dibattito, tutti gli elementi di superficialità, di ingiustizia e di irreciprocità di cui soffre la nostra era impazzita.
In effetti, una volta che si è scelto di vivere come se Dio non esiste, con l’ateismo e il relativismo contemporanei, diventa logico fare debiti insensatamente e immoralmente. E questo allo stesso modo con cui ci si abbandona all’edonismo individualistico del tutto e subito. E alla società detta democratica dei diritti tutti e immediati finanziati, illusoriamente, dallo Stato – come se fosse altro da sé – inevitabilmente invece statalista e pure molto statalista. Con la società detta democratica dell’orribile e totalitaria supremazia implicita dello Stato sulla Persona, dell’assoluto presente irresponsabile e senza quei principi valoriali trasmessi dalla grande civiltà della tradizione cristiana.
In questo modo, gli intellettuali diventano inevitabilmente opportunisti, subordinati al pensiero unico, alla sua superficialità futile e apparentemente concreta. In tal modo, non ci si pone mai il problema, secondo solo a quello della libertà, della giustizia e della sua reciprocità. Gli antichi e gli ebrei ci hanno trasmesso la legge del taglione, occhio per occhio dente per dente, ma Gesù ha introdotto il principio di Redenzione della misericordia che però non ha abolito, ma completato con il comandamento dell’Amore, nella nostra storica civiltà occidentale cristiana, le leggi umane precedenti.

È invece successo che una nuova barbarie si è fatta luce ed è diventata dominante. Essa è coerente con il suo principio agnostico del carpe diem, cogli il presente immediato, praticamente immorale e spesso criminale. “Non pagherò io, lo faranno (lo dovranno fare) gli altri, anche se si tratta dei miei figli. Quello che conta è il mio benessere immediato”, benessere inteso come materialmente corrispondente al mio desiderio, per definizione infinito e soggettivistico.
L’uomo contemporaneo non vede nemmeno più che questo infinito, nel suo desiderio, altro non è che il Mistero della trascendenza del Dio vivente. Che ostinatamente egli cerca di negare o nega senza riserve. Dunque, non si rende conto dell’assurdità della sua esistenza senza alcun senso, senza alfa e omega. Tanto vale, allora, riempirla di cose semplicemente desiderate, o immaginate desiderabili anche per altri.
I mezzi per procurarsele?
Tutto è possibile, deve essere possibile, per il molto narciso e arrogante nostro contemporaneo!
Anche se questi mezzi sono reificanti e a spese indebite (antidemocratiche) pure dei più cari: i propri figli e nipoti cui si mettono sul gobbone il prezzo di cotanta, molto supposta, onnipotenza infinita.
La logorrea, anch’essa infinita, che attanaglia tutto il dibattito contemporaneo, diventa l’inutile bla bla dell’uomo perduto nella sua jungla scervellata e ideologica, da cui cerca inutilmente di districarsi e di uscire. Non a caso, questa è sempre stata chiamata la domanda di Redenzione.

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